All’Asl Cn2 mancano gli operatori sociosanitari

L’Asl promuove lezioni gratuite per formare badanti, familiari, volontari

La Regione ha tagliato i finanziamenti pubblici e non ha aperto ai corsi a pagamento, tanto che lo scorso anno Apro di Alba ha avuto 287 iscritti, a fronte di 25 posti di formazione disponibili

ALBA Una carenza già critica, che rischia di aggravarsi sempre di più nel quadro di un’assistenza sanitaria che annuncia l’impasse: nel territorio dell’Asl Cn2 mancano gli operatori sociosanitari (Oss), figure essenziali all’interno di residenze per anziani, case di cura e strutture per disabili. Se gli infermieri si occupano infatti delle mansioni strettamente mediche, l’Oss è la figura professionale che trascorre tutta la giornata a contatto con gli utenti: dalla cura della persona alla mobilitazione, dalla prevenzione delle ulcere alla rilevazione dei parametri sanitari.

Con la legge 3 del 2018, il cosiddetto decreto Lorenzin, l’operatore sociosanitario è entrato a far parte delle figure professionali del comparto assistenziale, al pari dell’assistente sociale e dell’educatore professionale. Per diventare operatore sociosanitario, è necessario svolgere corsi specifici, che hanno la particolarità di essere regolamentanti autonomamente da ogni Regione. Così inizia a delinearsi la questione: in Piemonte sono ammessi solo i corsi accreditati dalla Regione e gratuiti, negando ogni possibilità di formazione privata e a pagamento. Non ci sarebbe problema, se la stessa Regione non avesse tagliato progressivamente i finanziamenti, riducendo così in modo drastico il numero di persone formate.

All’Asl Cn2 mancano gli operatori sociosanitari
Antonio Bosio, direttore di Apro

L’Asl Cn2 di Alba-Bra è stata vittima di questo sistema: negli ultimi cinque anni, sono stati eliminati due corsi di base rivolti a disoccupati, oltre ai percorsi modulari per chi lavora nel settore ed è privo di qualifica. In sostanza, per un bacino d’utenza di 65 Comuni e una sessantina di strutture sociosanitarie (di cui 48 sono residenze per anziani, tra private e accreditate), rimane oggi un corso all’anno per la formazione di Oss, con 25 posti disponibili, rivolto esclusivamente a disoccupati. L’ente accreditato a organizzarlo è Apro formazione di Alba, insieme a un comitato scientifico formato da rappresentanti dell’Asl e del consorzio socioassistenziale Alba, Langhe e Roero. L’edizione 2018-2019 terminerà a luglio, dopo mille ore di formazione. Ma le persone formate non saranno sufficienti per coprire la carenza: basti pensare che, solo nelle strutture sociosanitarie della diocesi di Alba, è stato preventivato un fabbisogno di più di 100 Oss per i prossimi due anni, per sostituire chi andrà in pensione e per rispondere all’aumento dei posti letto, a fronte di un progressivo invecchiamento demografico. Come spiega Antonio Bosio, direttore di Apro, «riceviamo ogni giorno richieste dalle strutture, che hanno enormi difficoltà a reperire gli operatori, tanto che i qualificati di luglio hanno già la certezza di un’occupazione nelle aziende dove hanno svolto lo stage: in base ai dati sulle precedenti annualità, il corso ha una percentuale di occupabilità superiore al 90 per cento». E in effetti, di fronte a questa realtà, sono tante le persone interessate a svolgere questa professione, tanto che lo scorso anno Apro ha ricevuto ben 287 iscrizioni al corso, a fronte di 25 posti. In altre parole, gli aspiranti Oss ci sarebbero, peccato che non possano accedere al corso.

Come fanno quindi le strutture a reperire gli operatori mancanti? Prosegue Bosio: «Assumono persone che provengono da altre regioni, dove sono ammessi i corsi a pagamento. Peccato che spesso si tratti di corsi poco qualificanti, come quelli on- line per esempio. Il problema, dunque, rimane: ci auguriamo che la nuova Giunta regionale prenda coscienza di questo problema, finanziando altri corsi o aprendo a quelli a pagamento anche in Piemonte, con la giusta regolamentazione».

Francesca Pinaffo

Anche l’assistenza domiciliare locale risulta in grave affanno

«Le strutture lamentano una carenza di Oss (operatori sociosanitari), ma le persone che vorrebbero svolgere la professione ci sarebbero. Il problema è che tra Alba e Bra è aperto un unico corso da 25 posti: ci troviamo di fronte a un paradosso». Lo sa bene Luca Monchiero, presidente della Commissione di vigilanza sui presidi socioassistenziali dell’Asl Cn2, la struttura che vigila sul rispetto dei parametri tecnici e di assistenza all’interno delle residenze del territorio, compresa la presenza del numero necessario di operatori e la qualifica professionale. La Commissione è interdisciplinare ed è formata da tre membri dell’Asl e da un rappresentante del consorzio socioassistenziale.

«Anche se non abbiamo ancora sanzionato strutture per carenze di personale, c’è una grande preoccupazione portata alla luce dai direttori. Gli operatori Oss sono figure essenziali, perché lavorano a strettissimo contatto con il paziente e devono avere buone competenze trasversali, che vanno dall’assistenza all’aspetto umano: nel territorio dell’Asl Cn2 di Alba-Bra sono comunque più di un migliaio, ma sono sempre più difficili da reperire».

Per quanto riguarda le assunzioni di operatori dalle altre regioni, prosegue Monchiero: «Purtroppo, molte volte il livello delle qualifiche non è sufficiente, magari perché non sono state svolte le ore di corso necessarie o il tirocinio. Esistono persino corsi proposti on-line, che chiaramente non consentono una formazione completa: è nostro compito verificare questi aspetti, così da garantire la qualità del servizio».

Senza contare che, anche per chi viene da fuori ed è alla ricerca di un posto, le case di riposo dell’Albese non rappresentano la meta ideale: «Abbiamo tante strutture sparse tra Langhe e Roero, che necessitano spostamenti spesso non comodi: è ovvio che si preferisce trovare un posto in città, magari in ospedale, dove si riesce a risparmiare sulle spese, considerando che lo stipendio da Oss è piuttosto basso».

Monchiero ha portato alla luce il problema in Regione, lo scorso 15 maggio, «ma la risposta non è stata soddisfacente, sia perché il nostro corso è stato definito sufficiente per il numero di strutture presenti e sia perché non c’è stata un’apertura verso eventuali corsi a pagamento, con il pretesto di evitare speculazioni».

Eppure il problema della carenza di Oss non riguarda soltanto le strutture residenziali e semiresidenziali, ma anche l’assistenza domiciliare, come commenta il direttore del consorzio socioassistenziale Marco Bertoluzzo: «Oltre alle strutture, gli Oss svolgono anche l’assistenza domiciliare e ogni giorno ci rendiamo conto di quanto la carenza sia grave. L’ideale sarebbe aprire ad altri corsi di studio, almeno tre o quattro in breve tempo, ampliando anche le categorie di soggetti che possano accedervi: non solo disoccupati, ma anche giovani, che di certo potrebbero trovare in questo mestiere ottime prospettive occupazionali».

f.p.

Rodello funziona a velocità ridotta, il Cottolengo non è a pieno regime

Strutture costrette a mantenere posti vuoti e a non accogliere persone, nonostante la grande richiesta, a causa del personale insufficiente per garantire il servizio: è questo il risvolto concreto del problema della carenza di Oss, che si sta già manifestando in realtà considerate eccellenze. Il caso più grave riguarda la Piccola casa della divina Provvidenza Cottolengo, dove lo scorso 29 aprile sono stati inaugurati due nuovi nuclei, portando a 99 i posti letto disponibili all’interno della grande struttura nel centro di Alba, destinati ad anziani e disabili. A settembre erano state aperte le iscrizioni per occupare i posti, con numerose domande, ma a oggi le suore si sono trovate costrette a inserirle in lista d’attesa.

Commenta la direttrice suor Nadia Pierani: «Nonostante la nostra capienza, solo un’ottantina di posti sono occupati: i letti, pronti ad accogliere una ventina di ospiti, purtroppo sono rimasti vuoti. Il motivo? Vista la carenza di Oss, non potremmo garantire l’assistenza adeguata. È doloroso non permettere di accedere al servizio, anche considerando che abbiamo a disposizione locali rinnovati, sui quali abbiamo investito una somma consistente (5 milioni di euro, ndr). Ma il numero di operatori che siamo riusciti a reperire non sarebbe sufficiente se il nostro Cottolengo funzionasse a pieno regime». Per la direttrice, la carenza ricade anche sulla qualità del servizio: «Visto che gli Oss sono così pochi, le selezioni sono meno stringenti e ci siamo ritrovate ad assumere persone con uno standard di preparazione più basso: ma è stata una scelta obbligata. Così come ci è capitato di assumere persone rimaste per un breve periodo, per poi spostarsi altrove, a discapito della continuità: è un lavoro che implica un contatto con l’ospite, che non si costruisce in poco tempo».

Un problema analogo lo sta vivendo la residenza di Rodello, che ha cento posti come casa di cura e cento come residenza per anziani. La responsabile per la terza età Roberta Bianco: «Abbiamo davvero enormi difficoltà a reperire Oss, soprattutto con la preparazione necessaria. Per questo viaggiamo a regime ridotto e non superiamo i 95 utenti, nonostante una capienza di cento».

Aggiunge poi Danilo Montrucchio, direttore della struttura di Rodello e anche membro del consiglio d’amministrazione di altre case di riposo locali: «La situazione è drammatica e peggiorerà ancora di più se non si attivano nuovi corsi al più presto».

f.p.

Professione importante ma non troppo considerata

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Roger Davico

Quanto guadagna un Oss in un mese? «Non abbastanza, se si pensa che è un lavoro faticoso, che implica sforzi fisici notevoli e ritmi non facili da sostenere»: lo dice Roger Davico sindacalista da sempre attivo nelle case di riposo del territorio. «Il mestiere dell’operatore sociosanitario non è abbastanza riconosciuto. Da un punto di vista contrattuale, il primo problema è che non esiste un contratto unico per l’intero comparto, ma diversi: da parte dei datori di lavoro si assiste quindi a una corsa al ribasso, per trovare la soluzione meno dispendiosa. Spesso vengono proposti contratti part-time, che tuttavia sono penalizzanti per i lavoratori». Da poco è stato rinnovato  il modello più diffuso nel settore, quello delle cooperative sociali, «con aumento non soddisfacente», dice Davico.

f.p.

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