Tutela dei minori, le linee guida Cei e Cism

ROMA Le Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili – testo completo sul sito della Diocesi di Alba www.alba. chiesacattolica.it– della Conferenza episcopale italiana (Cei) e della Conferenza italiana dei superiori maggiori (Cism) sono state pubblicate venerdì scorso dopo essere state approvate nel corso dell’ultima assemblea generale della Cei. Si applicano «a tutti coloro che operano, a qualsiasi titolo, individuale o associato, all’interno delle comunità ecclesiali in Italia».

Tutela dei minori, le linee guida Cei e Cism

«Qualsiasi abuso sui fanciulli e sui più vulnerabili, ancor prima di essere un delitto, è un peccato gravissimo, ancor più se coinvolge coloro ai quali è affidata la cura dei più piccoli», scrivono i vescovi nella premessa. Per questo motivo, «la Chiesa intende contrastare e prevenire questo triste fenomeno con assoluta determinazione». Il primo principio, il rinnovamento ecclesiale, prende le mosse dalla Lettera al popolo di Dio di papa Francesco del 20 agosto 2018 e ribadisce che «la comunità è coinvolta nel rispondere alla piaga degli abusi non perché tutta la comunità sia colpevole, ma perché di tutta la comunità è il prendersi cura dei più piccoli», un valore supremo da tutelare. È necessario «dare il giusto e dovuto ascolto alle persone che hanno subito un abuso e trovato il coraggio di denunciare»; in tal senso, «la vittima va riconosciuta come persona gravemente ferita e ascoltata con empatia, rispettando la sua dignità». Per quanto riguarda il cammino formativo e la professione religiosa di seminaristi e candidati alla vita presbiterale e consacrata, è richiesta «una grande prudenza nei criteri di ammissione», con «grande attenzione» anche per la formazione permanente. Poiché «la Chiesa ricerca la verità e mira al ristabilimento della giustizia», «nessun silenzio o occultamento può essere accettato in tema di abusi». Per queste ragioni, «le procedure canoniche vanno rigorosamente rispettate: esse non hanno lo scopo di sostituirsi all’autorità civile, bensì quello di perseguire l’accertamento della verità e il ristabilimento della giustizia all’interno della comunità ecclesiale anche in quei casi in cui determinati comportamenti non siano considerati reati per la legge dello Stato, ma lo sono per la normativa canonica».

Il capitolo 5 è quindi dedicato alla trattazione delle segnalazioni di presunti abusi sessuali commessi in ambito ecclesiale: chiunque ne abbia notizia «è chiamato a segnalare tempestivamente i fatti di sua conoscenza all’autorità ecclesiastica, a tutela dei minori e delle persone vulnerabili, della ricerca della verità e del ristabilimento della giustizia, se lesa».

«Nel suo discernimento il vescovo o il superiore competente terrà presente il primario interesse della sicurezza e tutela del minore» e, «ferma restando la presunzione di innocenza dell’accusato (…), il vescovo o il superiore, per prevenire gli scandali, tutelare la libertà dei testi e garantire il corso della giustizia, possono proibire all’accusato l’esercizio del ministero e di ogni attività pastorale con minori» e allontanarlo. Viene introdotto il principio secondo cui «l’autorità ecclesiastica ha l’obbligo morale di procedere all’inoltro dell’esposto all’autorità civile», salvo l’«espressa opposizione da parte della vittima se nel frattempo divenuta maggiorenne, dei suoi genitori o dei tutori legali».

Per quanto riguarda l’informazione, in conclusione, l’istituzione ecclesiale è invitata a diventare «protagonista della comunicazione, assumendola con convinzione, attenta a rispondere alle legittime domande di informazioni, senza ritardi o silenzi incomprensibili».

 (Sir)

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