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Attacchi da lupo nel Pinerolese. La Cia: servono piani di contenimento

Lupi: la Coldiretti chiede  gli abbattimenti selettivi
Immagine d'archivio

IL CASO L’ultimo incontro ravvicinato con i lupi nel Pinerolese è di qualche giorno fa, sulla collina di San Germano, in val Chisone. La signora Sandra Botto era in casa quando ha sentito le capre agitarsi, così è corsa in cortile a vedere e ne ha trovate tre sventrate, mentre le altre erano fuori dal recinto, terrorizzate. La predazione da lupo è stata certificata dal veterinario e la signora ha ricevuto l’autorizzazione a interrare le carcasse degli animali morti.

«Ormai i lupi ce li troviamo in cortile, vengono e si prendono le galline e le capre.  Non hanno paura di niente, nessuno può toccarli. Temo per la vita degli animali, ma soprattutto per la sicurezza dei miei bambini, quando c’è la nebbia li tengo in casa, diversamente non li lascio più andare a giocare nel bosco e al mattino li porto in macchina fino alla fermata dello scuolabus, perché penso sia pericoloso che vadano a piedi», protesta Sandra Botto

I suoi tre figli hanno rispettivamente 12, 7 e 2 anni e mezzo. Per loro il lupo è diventato una paura quotidiana. L’altro giorno la mamma ne ha visto un altro, che si abbeverava nel Chisone, mentre quest’estate il predatore ha colpito la mandria custodita dal papà a monte, in località Prà Mollo. Il bilancio dei danni in quell’ occasione è stato di due vitelli e una vacca morti, che si aggiungono alle tre capre predate nel cortile di casa. «Non è servita la recinzione antilupo, così come non servono i cani da guardia, che spesso si danno alla fuga», aggiunge la signora Botto.

In valle Pellice, il pastore Danilo Garnier lamenta la perdita di cinque pecore e due capre, uccise quest’estate in alpeggio a Villar Pellice. Colpa del lupo, ma anche della lince, che gli ha ammazzato un capretto. «Con il veterinario, abbiamo confrontato i morsi sul cadavere dell’animale;  non c’è dubbio che si tratti della lince. Il suo verso è inconfondibile, ora c’è anche lei, non solo il lupo», spiega Garnier, stufo di pagare l’assicurazione contro i danni da predazione: «Mi costa più di quanto prendo per il risarcimento, l’ho lasciata perdere. Chi non è assicurato, però, deve pagare anche i 50 euro per il certificato dell’Asl che interviene ad esaminare l’animale morto. Oltre al danno, la beffa».

Il suo collega pastore, Ivan Monnet, ha calcolato che quest’estate, tra Villar e Bobbio, in val Pellice, sono stati predati non meno di quaranta animali, in gran parte ovicaprini. «In val d’Angrogna i lupi sono di casa. Ce n’è un branco di almeno cinque o sei esemplari che hanno visto tutti, più i solitari. Se non si interviene per contenerli, finirà che presto saranno i pastori a doversene andare», dichiara Monnet.

Un problema preoccupante, che Cia-Agricoltori italiani per prima ha posto al centro dell’attenzione di politici e amministratori pubblici a tutti i livelli,  invocando misure di contenimento ormai non più prorogabili. Interviene Gabriele Carenini, presidente regionale di Cia: «Di fronte a quanto sta avvenendo  nessuno può voltare la faccia dall’altra parte. Così come accade per la fauna selvatica, il lupo va gestito e non solo protetto. Bisogna riportare in equilibrio il rapporto tra uomo e natura, attraverso azioni preventive e piani di contenimento, altrimenti la protezione dei predatori finirà per portare all’estinzione i pastori».

Della questione si parla anche nel numero di Gazzetta d’Alba in edicola questa settimana. Il servizio riporta i dati degli attacchi da lupo registrati in provincia di Cuneo dal primo gennaio al 30 settembre:  gli attacchi sono stati 60. Nel settore ovino risultano 53 capi deceduti, 5 feriti e due dispersi. Tra i caprini, le vittime degli attacchi sono state 10 (2 feriti e 2 dispersi), mentre tra i bovini i capi uccisi sono stati 24, con 2 feriti. Tra le vittime c’è anche un cane.

Secondo i monitoraggi del 2017-2018 sulle Alpi si stimava una presenza di almeno 293 esemplari. La parte più consistente della popolazione alpina di lupi si trova proprio in Piemonte, dove era stimato un totale di almeno 195 esemplari tra le province di Cuneo, Torino e Biella.

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