La gratitudine fa fare un salto di qualità nella vita

PENSIERO PER DOMENICA – XXVIII TEMPO ORDINARIO – 13 OTTOBRE

Dire grazie è un gesto bello, che sta diventando raro. Recuperare la gratitudine è il primo passo per risanare le relazioni tra noi e con Dio. Può infatti diventare un atto di fede, un modo di entrare in relazione più profonda con Dio, come nell’Eucaristia, che letteralmente significa “riconoscenza, gratitudine”. Nelle letture di questa domenica (2Re 5,14-17; Lc 17,11-19) troviamo due personaggi che si caratterizzano per la loro capacità di dire grazie.

La gratitudine fa fare un salto di qualità nella vita

Dio opera gratis. Gratitudine e regali non sono la condizione per ottenere i favori divini. Dio ci dà tutto gratis: dalla vita che viviamo al modo in cui realizzarla. Non limita nemmeno la sua attenzione ai credenti, dato che, come dice Gesù, «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45). Tanto meno ritira i suoi favori se il nostro grazie non arriva: «Se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare sé stesso» (2Tim 2,8-13). Non è Dio ad avere bisogno del nostro grazie, dirlo serve a noi.

Due lebbrosi e stranieri sono i protagonisti delle letture. Sono Naaman Siro, un alto ufficiale del re di Siria, che, colpito dalla lebbra, scende da Damasco in Israele, per incontrare Eliseo. Questi non compie su di lui alcun esorcismo o rito magico, ma lo invita a lavarsi nel Giordano. Consigliato dai suoi subalterni, Naaman esegue l’ordine e guarisce. Allora torna a ringraziare. Nel Vangelo vediamo un gruppo di dieci lebbrosi, che, secondo la legge in vigore, vivevano ai margini delle zone abitate, evitando ogni contatto con la popolazione sana. Chiedono a Gesù di essere guariti e vengono da lui invitati a presentarsi ai sacerdoti, gli unici deputati a certificare la guarigione. Solo «uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro, lodando Dio a gran voce e si prostrò davanti a Gesù». Luca nota che «era un Samaritano»!

Ringraziare trasforma la vita. Oggi s’usa sempre meno. Per i credenti è un vero atto di fede, che segna il passaggio dalla fede elementare, necessaria per vivere, che ci spinge a chiedere aiuto nelle difficoltà, a una fede che i teologi chiamano “cristica”: riconoscere che tutto ciò che abbiamo è un dono di Dio, attraverso Gesù Cristo. Questa fede ci introduce nell’intimità con Dio e ci rende capaci di ringraziare per tutti i suoi doni, per la vita e per tutte le cose belle che la contornano: il creato, le persone care, le amicizie… Questo salto di qualità nello stile di vita è alla portata di tutti: la gratitudine non ha sesso, né età, né appartenenza etnica.

Lidia e Battista Galvagno

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