LETTERE AL GIORNALE Gazzetta d’Alba di martedì 12 novembre riportava la notizia della nomination della città di Alba a capitale della cultura d’impresa per il 2020. Già detentrice di numerosi primati: Alba capitale delle Langhe, della Nutella, del turismo slow e della gastronomia di qualità, del tartufo bianco, dei vini di Langa e Roero.
Non basta ancora. “Alba merita il suo posto nel territorio del Barolo”. Era questo il titolo apparso su Gazzetta il 27 agosto, riferito alla proposta di Mario Sandri: «Il Comune di Grinzane Cavour ceda al Comune di Alba un vigneto atto a produrre Barolo, anche di piccole dimensioni, e il Comune di Grinzane riceva in cambio una porzione della frazione di Gallo attualmente amministrata dal Comune di Alba. Permuta alla pari».
Così facendo Alba verrebbe inclusa nell’area di produzione del Barolo, dalla quale al momento è esclusa. Già in passato c’era chi sosteneva questa ipotesi al fine di «attirare maggior numero di turisti nella città di Alba». Ma i turisti che si recano a visitare le cantine sulle colline già vengono e continueranno a venire ad Alba: sui confini dell’area di produzione dei vini a Docg non sono pignoli e le nostre diatribe di campanile li lasciano indifferenti.
C’è chi sostiene il progetto perché «Alba diventerebbe la capitale del Barolo come Beaune lo è per la Borgogna». Non è così, le due città sono diverse. Beaune è una città di 24mila abitanti dedicata al vino. Non ha industrie, ha attività commerciali modeste, limitato numero di bar e ristoranti, scarsità di sportelli bancari. Dopo le 21 a Beaune come nei piccoli paesi che le stanno attorno sembrerebbe scattare il coprifuoco, rare le concessioni ai turisti in cerca di svago. Hanno fatto della città un luogo sacro ed esclusivo del vino custodendone ferocemente l’identità. Alba con i suoi 33mila abitanti è alla guida di un polo industriale di prima grandezza, che vanta un fatturato venti volte superiore a quello del vino. Ha una vivace attività culturale e ottima capacità di accoglienza. La Fiera del tartufo si protrae per 6 settimane e attira visitatori da tutto il mondo. Non occorre dare ad Alba anche la veste di capitale del Barolo e del Barbaresco, non le compete, sarebbe una falsità. L’anima, il respiro dei grandi vini resta sulle colline. Si è fatto osservare che anche a 50 metri al di fuori del confine che delimita l’area di produzione esistono dei vigneti di Nebbiolo altrettanto vocati a produrre vini che non temono il confronto con il Barolo. Ma questa non è una buona ragione per includerli.
Nel 1965 si tennero audizioni pubbliche in cui i proprietari di terreni confinanti ma esclusi dall’area di produzione del Barolo potevano far valere le loro buone ragioni per ottenere l’inclusione. Il disciplinare di produzione che ne seguì delimitava definitivamente l’area di produzione e venne pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 15 giugno 1966 assumendo valore legale. Dopo 53 anni vissuti intensamente da viticoltori e produttori a costruire un percorso di crescita, occorre grande prudenza a introdurre delle modifiche. Per tutti i vini italiani a denominazione che godono di una discreta domanda sono millanta le domande di allargamento dell’area di produzione.
Se il Barolo, il vino più prestigioso d’Italia, vedesse accolta la richiesta di ampliamento ancorché per una porzione minuscola, ciò costituirebbe un pessimo esempio, giustificherebbe le aspirazioni di decine di altri richiedenti su tutto il territorio nazionale. La proposta di Mario Sandri aveva raccolto consensi. Se l’iter verrà avviato dovrà anche ottenere il consenso di viticoltori e produttori del Barolo riuniti in pubblica audizione. La forma è sostanza, avverrà tutto alla luce del sole.
Angelo Gaja, Barbaresco