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Scopriamo chi siamo se proviamo a comunicarlo agli altri

Scopriamo chi siamo se proviamo a comunicarlo agli altri

LIBRO  «Gran parte dei nostri problemi nascono dalla difficoltà di capire chi siamo. Le tensioni sociali, le crisi politiche, i conflitti e le eresie sono per lo più questioni di identità (…) Non sappiamo più cosa voglia dire essere adulti, non sappiamo più cosa significhi essere padre o madre, non sappiamo più dire in cosa consista appartenere a un partito, a un Paese, a una fede religiosa».

Il gioco dei frammenti. Raccontare l’enigma dell’identità
Gaetano Piccolo
edizioni San Paolo
144 pagine
16 euro

Con questa premessa, Gaetano Piccolo, gesuita, docente di filosofia alla Pontificia università Gregoriana, inizia il suo libro, per suggerire delle vie per narrare sé stessi e le cose, riflettendo sul rapporto fecondo tra la filosofia e la letteratura e cercando di capire il perché la modalità comunicativa del racconto funziona da secoli.

La realtà si lascia raccontare, ma soprattutto siamo noi che in questo modo riusciamo a condividere con Scopriamo chi siamo se proviamo a comunicarlo agli altri 1altri una porzione di mondo da commentare insieme o su cui scontrarci. Il linguaggio non è solo uno strumento di cui l’uomo si serve, ma piuttosto il luogo che abita e per questo costituisce l’identità non solo personale ma come popolo, cultura, Chiesa, azienda. Il racconto è la modalità attraverso cui noi cerchiamo la nostra identità a volte in maniera inconsapevole, oppure per rivivere o addirittura ritornare laddove non possiamo più essere.

Perché un racconto è capace di farci pensare? Cosa avviene quando ci mettiamo a raccontare? Come può un racconto riferirsi alla realtà? Il raccontarsi è ciò che ci permette di fare un viaggio dentro di noi, tessere delle storie: ciascuno lo fa in modo originale, creativo, come in un gioco, mettendo insieme i frammenti che affiorano nella memoria, a volte anche manipolandoli, per far passare un’immagine di un personaggio e di noi stessi che non si avvicina alla realtà. Si crea così un fake, sempre più abituale nell’era della comunicazione globale. Il luogo più libero e autentico dove ci si può raccontare è la poesia, definita dall’autore il luogo più profondo della narrazione: c’è l’ispirazione e perciò le parole non vengono manipolate. Anche nella fede facciamo esperienza del racconto come luogo della memoria: quando si legge la Scrittura emergono le nostre dinamiche umane; Gesù comunica la buona notizia attraverso dei racconti: le parabole.

«La comunicazione è una forma di narrazione. Quando avremo compreso questo concetto saremo più attenti a distinguere cos’è immaginazione e cos’è realtà», scrive Piccolo in un libro che aiuta a pensare con gli strumenti necessari per orientarsi nei flussi comunicativi della società mediatica.

c.w.

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