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Allarme Covid-19, ma quanto si possono limitare i diritti?

Intervista all’avvocato Rizzo su decreti emessi e limiti imposti dalla Carta costituzionale

Allarme Covid-19, ma quanto si possono limitare i diritti?

PANDEMIA E DEMOCRAZIA  Fin dove lo Stato e le autorità locali possono spingersi a limitare la libertà dei cittadini per fronteggiare uno stato di emergenza sanitaria come l’attuale? La questione ha acceso il dibattito tra i giuristi. Ne abbiamo parlato con l’avvocato braidese Alberto Rizzo, cassazionista e direttore generale dell’Accademia di educazione finanziaria, che all’argomento ha dedicato un ampio articolo sulla rivista Bancafinanza.

Gli strumenti giuridici adottati dal Governo per limitare i diritti dei cittadini sono adeguati?

«Il Governo ha adottato misure extra ordinem, non ricorrenti prima d’ora nella storia repubblicana. Un passaggio parlamentare, in effetti, c’è stato con la conversione del decreto legge n. 18 del 17 marzo, tuttavia, le restrizioni dei diritti fondamentali in capo ai cittadini sono giunte attraverso i Dpcm, ovvero i decreti del presidente del Consiglio dei ministri. I Dpcm si collocano in una zona grigia della classificazione delle fonti del diritto, tra atto politico e atto amministrativo, e sfuggono al controllo del Parlamento, del presidente della Repubblica e della Corte costituzionale».

Il divieto di circolazione è uno dei più impattanti.

«La limitazione del diritto costituzionale alla circolazione può essere ipotizzata soltanto sulla base di un’identificazione della malattia certa. Se si salisse sulla propria autovettura, da soli, non si potrebbe contagiare alcuno, circolando liberamente per tutte le zone del Paese. La limitazione della libertà di circolazione, così come è congegnata (sostanzialmente non si può più uscire di casa), si trasforma in violazione della libertà personale, la quale non può mai essere limitata, se non in casi particolari e individuali. Ma ciò è previsto, illegittimamente e forse anche illecitamente, dall’attuale Governo. Stupisce l’assordante silenzio su questi provvedimenti liberticidi da parte del presidente della Repubblica, che su profili di tale gravità non si è ancora espresso, ma anzi ha avallato».

Secondo lei, quali saranno i pericoli che correrà il nostro Paese a seguito di questa pandemia?

«La gestione della politica di aiuti attraverso lo Stato, congiunta all’inefficienza della burocrazia, permetterà l’esplosione della spesa pubblica in ambiti del tutto estranei all’emergenza sanitaria. Inoltre il rischio di deriva autoritaria è molto alto in una nazione – l’unica nel mondo occidentale – dove la strategia della tensione negli anni ’70 e ’80 era orchestrata da apparati dello Stato per provocare un approdo dittatoriale. Questo Paese, poi, ha un livello di corruzione endemica altissimo, associato a un’economia in nero altrettanto alta, così come l’evasione fiscale e, unico caso insieme al Messico, ha ben quattro regioni in mano alla criminalità organizzata. Questi cancri irreversibili sono aggravati da una gestione dell’emergenza incostituzionale, approssimativa e minata ancora di più da un regionalismo incompiuto, inconcludente e in mano a una classe politica totalmente impreparata e inadeguata. In tempi non sospetti, il costituzionalista Alessandro Pace, alla voce Libertà personale dell’Enciclopedia del diritto, scriveva espressamente: “Va subito affermato che non sembra che l’articolo 13 (della Costituzione, in cui si sancisce che la libertà personale è inviolabile, ndr) possa cedere all’articolo 32 (che stabilisce che la Repubblica tutela la salute, ndr), pertanto tutte le restrizioni coattive per motivi di sanità devono di necessità seguire la via giurisdizionale prevista da quell’articolo”. Correva l’anno 1974».

Diego Lanzardo

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