Le mascherine Ffp2 e 3, veri oggetti del desiderio

Un agente di commercio albese: «Abbiamo tutti sottovalutato il problema coronavirus». Per i Dpi con maggiore potere filtrante prezzi quasi raddoppiati. E non manca chi cerca di approfittarne

Le mascherine Ffp2 e 3, veri oggetti del desiderio

DISPOSITIVI PROTEZIONE  Roberto Violardo da oltre trent’anni opera nel campo della vendita di Dpi (Dispositivi di protezione individuale) e sempre in questo campo è autore, con il collega Marco Calandra, di un blog dal titolo www.protettoepulito.it. Violardo racconta come il mondo delle mascherine, dei guanti e dei camici sia mutato all’improvviso: «Da un punto di vista commerciale, tutti abbiamo sottovalutato il problema coronavirus. A gennaio abbiamo ricevuto ordini molto ingenti da aziende italiane che avevano dipendenti o parenti in Cina, visto che laggiù non si trovava nulla e l’emergenza era grave. Poi la pandemia è arrivata fino a noi».

A quel punto è diventato difficile reperire i Dpi. I produttori assicuravano che avrebbero rispettato le scadenze di consegna, ma non hanno mantenuto le promesse. Violardo: «Quando un business va alla grande, tutti ci si buttano dentro. Noi agenti di vendita siamo stati subissati dalle offerte di mascherine, provenienti soprattutto dalla Cina. Ma si trattava di articoli che per l’80 per cento non erano debitamente certificati».

Ancora oggi esistono in circolazione moltissime mascherine con certificati di qualità non reperibili oppure fasulli, difficili da tradurre, creati con un copia e incolla. Si tratta di prodotti provenienti dall’estero e commercializzati da persone che speculano sulla situazione di emergenza. Del resto le notizie di operazioni e sequestri da parte della Guardia di finanza sono all’ordine del giorno.

I fornitori seri e storici invece, che nel caso di Violardo sono localizzati in Paesi europei, hanno smesso di rispondere alle e-mail quando è scoppiata la pandemia, decidendo di destinare la produzione, con ogni probabilità, ai rispettivi Paesi – lasciando l’Italia scoperta. Oggi le mascherine Ffp2, uno dei tipi più protettivi, sono quasi introvabili: «Le procedure doganali sono diventate molto complicate e macchinose», spiega Violardo. «Visto che non possiamo garantire l’approvvigionamento per questo tipo di prodotto non riceviamo più ordini. Le mascherine chirurgiche sono invece più facili da reperire, ma le nostre sono Dpi di primo livello tipo Ffp1, quindi hanno un utilizzo limitato e non hanno la certificazione medicale, che è una normativa diversa e a sé stante».

L’analisi più amara riguarda i costi. Come spiega l’agente, quattro mesi fa per una Ffp2 si spendeva dall’euro e 80 centesimi fino a 2,80, adesso si va dai 3,20 ai 4,20. Si tratta di prezzi all’ingrosso, destinati ad attività specifiche come magazzini agricoli o ferramenta che a loro volta rivendono ai clienti. Nelle farmacie oggi il prezzo di queste mascherine arriva fino a 7-8 euro.

Per quanto riguarda le Ffp3, quelle con il più alto gradi di filtraggio, «noi non abbiamo voluto e potuto acquistarle. In qualche maniera vengono spedite dal fornitore e poi non arrivano dove devono arrivare. A volte sono oggetto di furti durante il trasporto. Il prezzo prima della pandemia all’ingrosso oscillava tra i 2,50 e i quattro euro e mezzo». C’è da notare che questi dispositivi attualmente sono indispensabili – a questi va la priorità delle forniture – per gli operatori sanitari che curano i malati di coronavirus. Ma sono indispensabili – e obbligatorie – anche a chi lavora a contatto con fumi e particelle tossiche.

Le Ffp1, invece, «non sono state prese in considerazione né a livello commerciale né a livello sanitario. Le vendevamo per proteggere dalle polveri normali. Per fare un esempio, se una persona doveva ramazzare il capannone poteva indossare una Ffp1. Per tutto il resto, questo tipo di mascherina non risulta protettiva». E conclude: «Nel mio mestiere si guadagnava di più in tempi normali che non adesso. Purtroppo c’è molta gente che approfitta di questa situazione e rovina il mercato. Perciò conviene fornirsi da persone fidate».

Maria Delfino

La capacità filtrante dal 72 al 98%

Secondo il regolamento Ue, per essere conformi agli standard le mascherine devono riportare il nome del produttore, del modello, la norma di riferimento, il grado di protezione (ad esempio Ffp2 o Ffp3) e infine la marcatura CE con il codice a quattro cifre che identifica l’ente certificatore. Quali sono i livelli  di protezione? A uno stadio base abbiamo la mascherina chirurgica, che non aderisce ai contorni del viso e impedisce la fuoriuscita da bocca e naso delle goccioline di secrezioni respiratorie. Ha una capacità filtrante del 95 per cento verso l’esterno e del 20 per cento verso l’interno.

La mascherina Ffp1 senza valvola ha una capacità filtrante del 72 per cento sia verso l’interno che verso l’esterno. Nella Ffp2 si raggiungono percentuali del 92% sia verso l’esterno che l’interno, mentre nella Ffp3 si arriva al 98%. Nel caso in cui queste mascherine siano dotate di valvola, le percentuali di filtraggio sono le stesse di quelle senza valvola per quanto riguarda l’interno, ma per l’esterno crollano al 20%: una caratteristica che le rende più confortevoli ed evita la condensa all’interno, ma che non permette di proteggere le persone che vengono a contatto con chi le indossa.

In altre parole sono i dispositivi meno “altruisti”. Le mascherine per essere riutilizzabili devono riportare la dicitura R; NR significa invece che sono monouso.

Banner Gazzetta d'Alba