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«Siamo occhi, braccia, gambe dei nostri figli»

Lo dice Danila Borio, mamma di Alessandra – la bambina albese affetta da una rarissima patologia –, nel chiedere aiuti in tempo di lockdown per le persone che assistono un familiare disabile

«Siamo occhi, braccia, gambe dei nostri figli»

LA STORIA  Le norme di contenimento per il contrasto al coronavirus hanno obbligato gli italiani a rivedere la propria vita e a passare molto più tempo a casa. Una situazione che, dopo quasi due mesi di lockdown, si esaspera per le persone che si devono occupare di un parente con una disabilità di vario tipo. È il caso di Danila Borio, mamma della piccola Alessandra, la bimba albese affetta da una mutazione genetica rarissima, denominata Iqsec2.

Con altre due madri, Danila ha fondato l’associazione Ama.le Iqsec2, per raccogliere fondi a favore della ricerca sulla mutazione che ha colpito soltanto un centinaio di bambini in tutto il mondo. Danila spiega: «In questa situazione di emergenza sanitaria abbiamo riscontrato che tutti i decreti attuati dal Governo non si occupano dei caregiver e della disabilità. Chi invece quotidianamente ha la necessità di gestire familiari disabili conosce bene il problema; nel nostro caso, assistiamo bimbe affette da una rara patologia: siamo le loro braccia, i loro occhi, le loro gambe 24 ore su 24. Da oltre un mese la scuola, le terapie, i centri diurni e i professionisti non riescono più a garantire la continuità didattica, relazionale e terapeutica: di conseguenza, stiamo mettendo in seria crisi la possibilità dei nostri figli di crescere ed evolvere come è giusto».

Una situazione che è diventata insostenibile: «La condizione in cui ci troviamo è la stessa di milioni di famiglie, lo sappiamo bene, mentre riconosciamo la nostra impotenza: la stessa che abbiamo provato, quando la disabilità è entrata a far parte della nostra vita. Oggi a tutti è stata negata la libertà, la possibilità di scegliere senza restrizioni, di frequentare persone, luoghi, spazi; ma ciò che a molti è stato sospeso per un breve periodo, a noi è stato tolto tempo fa, per sempre. Vedendoci negare scuola, terapie, aiuti abbiamo perso in questo frangente anche le poche ore di libertà che avevamo, la possibilità di chiedere la consulenza di persone qualificate, assistendo così, impotenti, alla veloce regressione dei nostri figli».

Nemmeno la didattica a distanza può risolvere il problema: «Le scuole si stanno improvvisando per sopperire al periodo, ma per i nostri bambini affetti da una disabilità grave non funziona così: non capiscono, hanno bisogno del contatto fisico e visivo, degli abbracci, di una costante e seria guida».

Danila conclude con un appello: «Per queste ragioni chiediamo venga riconosciuta la figura del caregiver, ora e sempre; abbiamo bisogno di supporti per il futuro e chiediamo un intervento economico per le terapie (logopedia, psicomotricità, musicoterapia). Molte mamme hanno dovuto lasciare il lavoro per seguire i bambini; per questo motivo, abbiamo urgenza di aiuti per integratori, per giochi specifici, per le professionalità alle quali ci affidiamo. Sarebbe bello che i nostri sforzi venissero riconosciuti dalle istituzioni, forse ci sentiremmo meno soli».

Marcello Pasquero

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