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Il virus che ha fatto esplodere le contraddizioni di un mondo vittima di fame, armi e usura

Sette anni fa, appena eletto, papa Francesco dedicò il suo primo viaggio in Italia all’isola di Lampedusa. Vi si recò a pregare per le migliaia di vittime, per lo più donne e bambini, annegati nella traversata da una sponda all’altra del Mediterraneo. In quell’occasione, con parole forti, denunciò la «globalizzazione dell’indifferenza» nei confronti del dramma dei migranti e l’insensibilità, in genere, dell’Occidente alle grida dei poveri del Sud della Terra.

Papa Francesco a Lampedusa
Papa Francesco a Lampedusa

Nel ricordo di quell’evento e in coincidenza con la Giornata internazionale del Mediterraneo dell’8 luglio, dedicata «a tutti i caduti del mare», Caritas italiana assieme a Focsiv (Federazione degli organismi cristiani di servizio internazionale volontario) hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione e di aiuti per non dimenticare «chi è rimasto indietro». Dacci oggi il nostro pane quotidiano: la pandemia ha portato alla fame milioni di persone è il titolo di una vasta azione di risveglio delle coscienze nei confronti di Covid-19 e altre pandemie, che stanno mietendo migliaia di vittime in ogni angolo della terra. Si tratta di sessantadue progetti, nei Paesi di quattro continenti, «per soccorrere chi vive nell’insicurezza alimentare». A favore degli “invisibili” del dopo coronavirus nelle periferie del mondo.

Tra le nuove pandemie, la fame è quella a preoccupare maggiormente. Fenomeno già esistente, ma aggravato ora dal virus. In vaste regioni del pianeta non è garantito l’accesso al cibo. Una “catastrofe umanitaria”, l’ha definita il Pam, l’agenzia Onu per il Programma alimentare mondiale. «Una pandemia della fame e della povertà, che determinerà un’ulteriore erosione dei diritti umani basilari per oltre un miliardo di persone». In un solo anno, dal 2019 a oggi, le persone assistite direttamente dal Pam sono passate da 97 milioni a 138 milioni. E si prevede, entro la fine dell’anno, che potrebbero arrivare a 270 milioni. Un incremento dell’82 per cento rispetto a prima della pandemia.

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La fame può uccidere più del coronavirus, soprattutto tra i bambini, già vittime di varie forme di malnutrizione. «Finché non si avrà un vaccino medico», ha detto il direttore esecutivo del Pam, David Beasley, «è il cibo il miglior vaccino contro il caos». E anche il responsabile relazioni internazionali Oxfam, Francesco Petrelli, ha evidenziato: «La crisi è sistemica, la pandemia l’ha fatta solo esplodere. La risposta al virus va data, ma quella sociale va affrontata subito dopo. Il debito dei Paesi poveri va cancellato. Occorre intervenire prima che sia troppo tardi».

In un mondo sempre più connesso e globalizzato, il destino è comune all’intera umanità. Siamo «tutti sulla stessa barca», ci si salva o si affonda insieme. È, quindi, interesse generale prendersi cura dei poveri, degli ultimi e degli emarginati. A cominciare dai potenti delle nazioni, con senso di responsabilità e solidarietà. E con nuovi stili di vita, a livello locale e mondiale, per porre freno a tante povertà e nuove emergenze. Tra queste, in rapida ascesa è il numero degli sfollati e dei rifugiati a causa delle guerre, della fame e del cambiamento climatico. Ancora una volta, domenica 5 luglio, papa Francesco ha rilanciato l’appello del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, per un «cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo». E ha denunciato l’ipocrisia di quanti «parlano di pace e vendono le armi per fare queste guerre». Un mercato di morte in continua crescita, senza regole. Secondo il Rapporto Oxfam 2019, due miliardi di persone sono intrappolati nei Paesi in guerra, stremati dalla fame, dalle violenze, dalle persecuzioni e dalle carestie.

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Sono passati trent’anni dal 9 luglio 1990, data dell’approvazione in Italia della legge 185 sul commercio delle armi. Una delle leggi più restrittive al mondo, che vietava di vendere armamenti a Paesi in guerra o che si sono macchiati di gravi violazioni dei diritti umani. Ciò nonostante, nel tempo, questa legge è stata più volte aggirata e disattesa. Siamo al nono posto, tra le nazioni, come produttori di armi. «L’Italia è un cantiere militare a cielo aperto», ha denunciato monsignor Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi. «Le industrie belliche non si sono fermate neanche durante il lockdown: le armi sono state considerate come beni essenziali, assimilate alla filiera alimentare e ai medicinali!». E ha aggiunto: «Come cristiani e come cittadini abbiamo l’obbligo di modificare le strutture economiche e finanziarie che producono morte. Cambiamo mira, investiamo sulla pace».

In una lettera aperta al G20, che si terrà a Riyadh, in Arabia Saudita, dal 21 al 22 novembre, anche i rappresentanti di alcune Chiese protestanti hanno espresso la loro preoccupazione per l’emergenza sanitaria che, a oggi, «ha provocato oltre mezzo milione di morti, disoccupazioni di massa, aumento dei debiti, povertà e disuguaglianze in quasi tutte le aree del mondo». Oltre a chiedere di annullare i debiti esteri per i Paesi poveri, essi propongono una tassa Covid-19 ai “super ricchi”. Ma anche alle multinazionali e alle società digitali che, pure da questa emergenza, hanno tratto grandi profitti.

La crisi economica continua a mordere. Dopo Covid-19 ancor di più. Le famiglie stentano a provvedere al necessario, le aziende faticano a sopravvivere. Nel mondo si sono persi più di 305 milioni di posti di lavoro, accrescendo disuguaglianze sociali ed economiche. Il 55% della popolazione mondiale vive senza alcuna tutela sociale. L’economia è in ginocchio e si prevede una ripresa difficile. L’allarme, in Italia, è stato lanciato dal ministro dell’interno, Luciana Lamorgese. «C’è il rischio concreto», ha detto, «che la crisi economica legata a Covid-19 produca tensioni sociali in autunno». Terreno molto fertile, questo, per speculatori d’ogni tipo. Dai politici in cerca di ribalta e consensi, pronti a cavalcare le proteste di piazza e il malessere dei cittadini; agli “sciacalli” di sempre, mafie e usurai in particolare, che pescano nel torbido e agiscono nell’illegalità.

«Se a Palermo il coronavirus diverrà una nuova grande opportunità per la mafia e la criminalità organizzata, poveri noi!», ha detto l’arcivescovo della città, Corrado Lorefice, in occasione della festa patronale di santa Rosalia. «Sarebbe un tragico scandalo, e saremmo noi responsabili. Come ogni catastrofe mondiale, il coronavirus ci chiama a una riflessione e a un cambiamento, a una consapevolezza e a una guarigione. È l’amore il vaccino che ci libererà dalla pandemia che attenta ai nostri cuori. L’emergenza ci ha messi di fronte alla grande questione della divisione tra ricchi e poveri».

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Ed è proprio su chi stenta a vivere, per ragioni economiche, che si avventano gli “sciacalli”. La Consulta nazionale antiusura mette in guardia dagli usurai che impongono questa odiosa “tassa” su poveri, emarginati e sfruttati. La pandemia ha reso drammatiche le situazioni di tante famiglie indebitate oltre misura. A Caserta, famiglie disperate hanno dato in pegno i figli a lavorare in nero per pagare il debito contratto con gli usurai. «Le mafie», ha ricordato il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, «sanno sempre adeguarsi a ogni trasformazione sociale». E, purtroppo, arrivano prima dello Stato. L’usura è «una bestia travestita da amico caro», come l’ha definita Tommaso De Simone, della Camera di commercio di Caserta. «Mentre sembra accarezzarti e aiutarti, finisce per strangolarti e ucciderti, sottomettendoti dolcemente».

Nei mesi della pandemia si sono duplicate le richieste di aiuto di persone in difficoltà ai Centri ascolto antiusura. «È necessario trovare il coraggio di parlare», ha detto monsignor Alberto D’Urso, presidente della Consulta nazionale. «Chiedere aiuto quando si ha davanti a sé il buio è un gesto di amore per sé stessi e per le persone che amiamo. Significa darsi e donare alle persone care un’altra opportunità di vita all’insegna della libertà, della dignità e della solidarietà concreta»  Nell’udienza ai rappresentanti della Consulta nazionale antiusura, due anni fa in Vaticano, le parole di papa Francesco erano state dure e di netta condanna. «L’usura», aveva detto, «è un peccato grave: uccide la vita, calpesta la dignità delle persone, è veicolo di corruzione e ostacola il bene comune. Essa indebolisce anche le fondamenta sociali ed economiche di un Paese. Infatti, con tanti poveri, tante famiglie indebitate, tante vittime di gravi reati e tante persone corrotte, nessun Paese può programmare una seria ripresa economica né tanto meno sentirsi al sicuro».

Ma la dignità umana va di pari passo con la giustizia e l’uguaglianza sociale. Soprattutto nei Paesi più poveri. Metà dell’umanità sopravvive con circa cinque dollari al giorno. È intollerabile che duemila ricchi possiedano più ricchezza di quattro miliardi e mezzo di persone. Questa forbice della disuguaglianza tende ad allargarsi, più che a restringersi. Così si mette davvero a rischio anche la pace nel mondo.

Antonio Sciortino,
già direttore di Famiglia Cristiana e attualmente direttore di Vita Pastorale

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