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Covid-19, il Partito democratico sottolinea la disorganizzazione che regna in Piemonte

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TORINO Si è tenuta oggi, lunedì 19 ottobre, l’informativa della Giunta regionale su come la Regione si prepara ad affrontare la seconda ondata della pandemia. Il presidente Alberto Cirio ha tenuto una lunga relazione senza mai dare la parola all’assessore alla sanità Luigi Icardi.

«Oggi Cirio in Commissione sanità sostituisce l’assessore Icardi nelle comunicazioni sul Covid-19», sottolinea il segretario regionale del Partito democratico Paolo Furia. «Abbiamo capito che l’assessore è di fatto sfiduciato, anche se la Lega, che già si è servita di Icardi nella campagna elettorale appena conclusa come dispensatore di irrealizzabili promesse, farà di tutto per difenderlo».

«Ora il tentativo di Cirio è quello di segnalare che non c’è un ritardo piemontese nella gestione della seconda ondata di emergenza», prosegue la segreteria Pd in una nota. «Purtroppo il ritardo è nei numeri e non è da imputare al passato, come cerca sempre di fare Cirio, bensì al presente, e in particolare alla carenza di una regia chiara nell’assessorato. Chiediamo alla Giunta di non perdersi e di lavorare sui colli di bottiglia che rallentano il lavoro sia di prevenzione che di analisi che di cura».

«Il presidente Cirio ha toccato tutti i temi compreso quello sanitario, dettagliando con tabelle i numeri delle terapie intensive, dei Dpi, delle contrattualizzazioni di personale. Tuttavia, nonostante la sua capacità comunicativa dobbiamo sottolineare che i numeri e i dati non possono nascondere le falle di un servizio che non funziona» dichiara il presidente del gruppo Pd in Consiglio regionale Raffaele Gallo che punta il dito sui problemi organizzativi legati ai tamponi: «La media quotidiana continua a essere decisamente bassa e di difficile accessibilità. A pagare le spese della disorganizzazione sono i bambini, sono i cittadini in coda per riuscire a sottoporsi a tampone o in attesa di essere chiamati».

«Sul tema dei tamponi», aggiunge Domenico Rossi (Pd) «Cirio dimostra di non aver colto quale sia il vero problema piemontese, confermando che il numero al ribasso di test operati in Piemonte non sia dettato da un problema di capacità laboratoriale, ma di (in)capacità organizzativa: i laboratori ci sono e sono operativi, ma non li facciamo lavorare a pieno regime, non perché non riusciamo a processare  abbastanza tamponi, ma perché, non riusciamo a farne abbastanza».

«Inoltre – prosegue Rossi – non è stato fornito nessun dato sui tempi, sempre più lunghi che intercorrono tra la segnalazione di un soggetto presumibilmente contagiato, la somministrazione del tampone, il suo risultato e l’indagine epidemiologica dei contatti. Se non analizziamo il problema come facciamo ad affrontarlo? Unica risposta fornita oggi è quella relativa all’accordo, da concludere, con medici di base e pediatri per inserire direttamente la richiesta di tampone sul sistema e per erogare quelli antigenici veloci direttamente nei loro ambulatori o nelle farmacie. Nessun accenno al potenziamento di una piattaforma digitale ancora “operatore-dipendente”, gestita solo dagli operatori delle Asl, che, però, a causa dell’aumento dei contagi, sono in tilt. In Corea del Sud hanno assunto migliaia di operatori telefonici per gestire le chiamate: siamo sicuri che non si possa fare anche da noi, fornendo una formazione specifica e sotto la supervisione di un operatore sanitario? Eppure sia al centro unico di prenotazione sia quando chiamiamo il 118 non risponde un operatore sanitario, ma un “laico” adeguatamente formato. Perché non fare lo stesso anche per l’indagine epidemiologica Covid-19?».

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