
LIBRO Come e da dove ripartiamo dopo questo grande arresto? Questa è la domanda di fondo che muove la riflessione di Marco Pozza, a partire da quel martedì 11 marzo 2020, quando in serata il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha firmato un decreto: «Chiuso tutto, chiusi tutti: assediati, esattamente come nel 1535. Non era annuncio di peste, ma ne aveva tutti i connotati. Ho tremato. Ho pensato a san Rocco». Il giorno in cui si sono abbassate le serrande per il lockdown, è facile per l’autore vedere delle somiglianze con la peste che aveva colpito il suo borgo natale veneto.
CIÒ CHE VUOTO NON È
Marco Pozza
Edizioni San Paolo
224 pagine
16 euro
Però Pozza in questa storia di vuoto contemporaneo, cerca di capire cosa può dire alla storia personale di ognuno di noi; grazie anche all’esperienza vissuta in carcere come cappellano, scrive che i carcerati possono scegliere di aspettare inermi la fine della pena, oppure fare del vuoto carcerario una possibilità e scopre che il vuoto diventa opportunità quando siamo in grado di riflettere sul perché le cose accadono.
Grazie alla riflessione si comprende come dentro questo vuoto c’è qualcosa che vuoto non è, «nessun vuoto è mai così pieno come quando ti sembra un vuoto assoluto. Un giorno, tra le navate del carcere, ho provato ad ascoltare quel vuoto. Nessun vuoto, come la galera, è così pieno della libertà». A volte è necessario accorgersi che c’è una mancanza e con estrema fatica bisogna cercare di dare un nome a quella assenza, solo così avremo vuoti che diventano pieni di nomi, pieni di risposte.
La sfida è di far nascere dentro ciascuno di noi la curiosità di andare a cercare le domande a cui questi vuoti danno una risposta, altrimenti perderemmo occasioni importanti per la nostra vita. «In questi mesi ho sentito gente lamentarsi per i vuoti: piazze vuote, mercati vuoti, aeroporti vuoti, strade vuote, chiese vuote, chiuse, senza popolo», ma il vuoto non ci deve far paura, ha sempre qualcosa da suggerirci.
Ma questo è possibile se accettiamo di guardare la vita con i nostri occhi e non ce la facciamo raccontare da qualcun altro. «Quando tutto è pieno, è strapieno, il vuoto, il silenzio non riesce a entrare dentro e poi ci lamentiamo perché le cose non cambiano!». Nel vuoto ognuno di noi è solo con la propria coscienza, costretto a farsi le domande ultime le cui risposte ci mettono di fronte alla nostra vera natura. Il vuoto ci rende diversi, ci aiuta a liberarci del superfluo per cercare di capire cosa sia necessario nella vita e il necessario è esattamente ciò che vuoto non è.
Walter Colombo
