Approfondimento: come sarà il deposito nazionale delle scorie nucleari

Approfondimento: come sarà il deposito nazionale delle scorie nucleari

SCORIE NUCLEARI La pubblicazione della Cnapi, la carta dei luoghi potenzialmente idonei per il deposito nazionale delle scorie nucleari, è solo un passaggio di un processo complesso, originato dal decreto legislativo 31 del 2010, che dovrebbe portare in futuro alla individuazione del sito definitivo. Pubblicato l’elenco dei siti, per almeno due mesi si potrà consultare la documentazione. Dopodiché, nel giro di quattro mesi sarà organizzato un seminario nazionale con enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca. Nel corso di questo, saranno esaminati tutti gli aspetti legati al deposito, dalla sicurezza all’economia. In base ai risultati del seminario nazionale, Sogin aggiornerà l’elenco e la carta verrà nuovamente sottoposta ai pareri dei ministeri dello sviluppo economico, dell’ambiente e delle infrastrutture, e dell’ente di controllo Isin. Dopo tutte queste valutazioni, il ministero dello sviluppo economico preparerà la versione definitiva del documento, cioè la Cnai, la Carta nazionale delle aree idonee. «Sarà una procedura fortemente partecipata e trasparente – ha scritto in un comunicato il ministero dell’ambiente – condotta coinvolgendo gli amministratori e i cittadini tutti, e al termine della quale potranno pervenire le candidature dei comuni». A quel punto, spetterà al governo scegliere il sito definitivo.

La Sogin prevede che per la realizzazione del deposito saranno necessari 4 anni di cantieri. La struttura occuperà 150 ettari: 110 per il deposito e 40 per un parco tecnologico dedicato alla ricerca e alla formazione sul nucleare.

Il deposito sarà costituito da 90 costruzioni in calcestruzzo, le celle. All’interno saranno conservati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli. Questi conterranno a loro volta i bidoni metallici dei rifiuti radioattivi stabilizzati, i manufatti.

Nelle celle verranno sistemati circa 78mila metri cubi di rifiuti a molto bassa o bassa attività. Una volta riempite, le celle saranno ricoperte da una collina artificiale di materiali inerti e impermeabili, sulla quale crescerà l’erba. L’impianto riceverà rifiuti per 40 anni. Dopo, li custodirà per almeno 300 anni fino a che non saranno più radioattivi.

In un’apposita area del deposito saranno stoccati anche 17mila metri cubi di rifiuti a media e alta attività, quelli che rimangono radioattivi per migliaia di anni. Questi dovranno poi essere sistemati definitivamente in un deposito sotterraneo ancora da individuare, probabilmente a livello europeo.

L’impianto costerà 900 milioni di euro, finanziati con la quota delle bollette elettriche destinata allo smantellamento degli impianti nucleari. La stessa quota finanzierà la gestione dei rifiuti dalle centrali atomiche. Per gli altri rifiuti (a esempio quelli medicali), pagherà chi li smaltirà. «Si stima che la costruzione del Deposito – scrive Sogin – genererà oltre 4mila posti di lavoro l’anno per 4 anni di cantiere. Durante la fase di esercizio, l’occupazione diretta è stimata mediamente in circa 700 addetti, fra interni ed esterni, con un indotto che può incrementare l’occupazione fino a circa mille unità».

Il decreto legislativo 31 del 2010 riconosce poi al territorio che ospiterà il Deposito un contributo economico da contrattare fra gli enti locali e la Sogin.

Ansa

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