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Sandro Toppino, i fatti e la carità più delle parole

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Sandro Toppino

MEMORIA «Vieto nel modo più assoluto di parlare di me dopo la mia morte, con i discorsi e a mezzo stampa»: così scrisse Sandro Toppino (1910-1951) nel testamento datato 31 dicembre 1945. In quel momento aveva 35 anni e già aveva condotto «la Gioventù cattolica in anni della dura opposizione al fascismo» e continuava a prestare il suo «aiuto caritatevole verso i molti poveri che vivevano ad Alba nel Dopoguerra».

Sandro Toppino, i fatti e la carità più delle parole
Sandro Toppino, don Miglione e don Giovanni Castoldi della Società San Paolo in mezzo a giovani dell’Ac nel 1942.

È in queste frasi del nipote Gianni, scritte nel 2010 in occasione del centenario della nascita dello zio, che si può cogliere in sintesi, a settant’anni dalla morte, chi fu Toppino per Alba. Sono tratte dal libro in corso di pubblicazione (uscirà nei prossimi mesi) dalla tipografia l’Artigiana di Alba, dedicato alle molte figure di spessore, «veri cristiani», che la nostra città e la diocesi ebbero la fortuna di avere nel Novecento. «Sandro Toppino morì proprio mentre il campanile suonava il primo rintocco delle tre del Venerdì santo 1951: per noi non fu un fatto casuale»: Ettore Paganelli è stato sindaco di Alba negli anni Sessanta, consigliere regionale, membro di Governo e parlamentare fra il 1983 e il 1992.

L’impegno nelle file dell’Azione cattolica, per Sandro Toppino, iniziò con l’arrivo in città del vescovo Luigi Maria Grassi, succeduto a Francesco Re il 17 gennaio 1933. «Fu questi a scorgere in lui quelle doti di guida autorevole del movimento cattolico, chiamandolo a sostituire Osvaldo Cagnasso, allontanato dai fascisti. Quando, nel 1945, monsignor Grassi dovette accettare le sue dimissioni dalla carica lo volle presidente della Conferenza di san Vincenzo».

In questa veste profuse il suo impegno nell’attività caritativa e associativa: «Erano centinaia le persone che partecipavano alle serate nelle quali si discuteva di temi religiosi e di società. Per noi ragazzi la routine quotidiana non prevedeva la passeggiata in via Maestra, ma un giro in via Cavour dove raggiungevamo la bottega Eredi Lusso della quale era comproprietario. Passavamo a salutarlo e se qualcuno aveva dei problemi li esponeva e lui ascoltava: io l’ho sempre chiamato signor Toppino, era del 1910 io sono del 1929, ma sapeva mettere ognuno a suo agio con garbo, umanità. Un uomo modernissimo ancora oggi anche per il suo amore per la libertà».

Nonostante la posizione di assoluta preminenza nel mondo cittadino non ebbe mai cariche amministrative: «Il raccordo fra la Conferenza di san Vincenzo e la dimensione politica si ebbe con la presidenza di Giuseppe Pieroni. Toppino non ha lasciato opere ma un cammino che noi abbiamo seguito». Da quel gruppo di giovani che avevano trovato un riferimento nella sua figura vennero personalità di primo piano per la vita di Alba e non solo: «Figure come Vittorio Riolfo, Andrea Monchiero, oltre al sindacalista Cesare Delpiano e Alberto Abrate». Furono suoi allievi anche sacerdoti «come il missionario don Lorenzo Tablino e il cardinale Giovanni Coppa, uno dei primi nunzi apostolici oltre cortina, in Cecoslovacchia, scomparso nel 2015».

L’Azione cattolica e la San Vincenzo, insieme a parenti e amici hanno ricordato il settantesimo anniversario della morte di Sandro Toppino con la Messa celebrata martedì 23 marzo, alle 18 in cattedrale.

Davide Gallesio

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