Energia a misura di cittadino: la nuova sfida

pannelli fotovoltaici

FONTI RINNOVABILI Le comunità energetiche sono un modello innovativo nel campo della produzione, autoconsumo, e vendita di energia pulita: iniziative in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione delle fonti di approvvigionamento. Pionieristica è l’esperienza del Comune monregalese di Magliano Alpi, la prima realtà di questo tipo in Italia: cittadini, Comune e imprese locali daranno vita a una rete di autoconsumo a partire da risorse green.

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Il professore Romano Borchiellini.

Per comprendere i vantaggi, ci siamo rivolti al professor Romano Borchiellini, referente nel campo per il Politecnico di Torino.

Partiamo dal principio: cosa sono le comunità energetiche?

«Si tratta di progetti che pongono al centro della transizione ecologica il cittadino, dopo decenni di scelte dettate dall’alto. Un esempio su tutti: chi ha installato dei pannelli fotovoltaici sul tetto di casa ha sì visto diminuire le bollette, grazie allo scambio sul posto con la rete ma, di fatto, il consumo finale non è cambiato. L’idea delle comunità è quella di responsabilizzare il singolo rispetto alle dinamiche di produzione e consumo».

Riesce a farci un esempio concreto del concetto?

«Poniamo il caso di una seconda casa al mare: perché mettere un pannello fotovoltaico se l’edificio viene usato poche volte all’anno? Se, però, l’elettricità che non viene consumata può essere scambiata con il vicino, allora l’appetibilità dell’installazione cresce. Il singolo non è più solo un consumatore di energia, diventa un prosumer, un soggetto che, al consumo, affianca la produzione: un gruppo composto da coloro che hanno attivato degli impianti e possono immettere le quote rimanenti e inutilizzate in rete, o accumularle e restituirle nel momento più opportuno. Questa figura è così protagonista attiva nella gestione dei flussi energetici e aggiunge, alla relativa autonomia conseguita, una serie di benefici economici».

Maurizio Bongioanni

Comuni e università possono fare da volano

Con il docente universitario Romano Borchiellini ci addentriamo nel ruolo che le istituzioni possono avere per la realizzazione del nuovo modello energetico.

Un Comune può scambiare la propria produzione con la cittadinanza?

«Certo. L’ente locale può dotarsi di impianti alimentati da fonti rinnovabili, risparmiando sui costi: l’eccedenza viene scambiata con la cittadinanza e le somme non spese possono essere investite altrove. Per farlo, però, è necessario il rispetto delle regole da parte del gruppo, tenuto a monitorare i flussi».

Quali i primi passi da compiere per avviarsi in questa direzione?

«Anzitutto bisogna capire quali sono le fonti di energia rinnovabile nell’area dove si risiede, quindi analizzare le possibilità concrete di produrla: i tetti, per esempio, sono altrettanti piccoli centri da sfruttare, come lo sono gli spazi a terra, magari dismessi, da utilizzare senza intaccare superfici agricole. Consideriamo che tanti piccoli punti possono offrire un approvvigionamento elettrico a costi competitivi e favorire l’insediamento di piccole imprese sul territorio, dando vita a un ciclo virtuoso oltreché sostenibile».

Qual è il ruolo del Politecnico di Torino in questo procedimento?

«Il nostro dipartimento raggruppa professionisti con specializzazioni trasversali: per avviare e condurre un processo come questo c’è bisogno di molta interdisciplinarità. Il Politecnico ha ricevuto molte richieste proprio dai Comuni: insieme a loro abbiamo creato il primo Manifesto delle comunità energetiche, documento che nasce per aggregare le sensibilità attorno all’argomento. Il ruolo delle università come la nostra è proprio questo: razionalizzare le procedure, inserire istanze e motivazioni che provengono dal basso in un contesto chiaro, supportando le analisi di partenza, i processi amministrativo-burocratici necessari e la definizione del quadro giuridico. Si tratta di una prassi virtuosa ma complessa».

m.b.

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