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L’icona benedetta in duomo ricorda l’Anno della famiglia

ALBA Domenica 16, nella celebrazione in cattedrale con il mandato a 60 coppie e l’apertura in diocesi dell’Anno della famiglia, il vescovo ha benedetto l’icona della Sacra famiglia, che sarà poi collocata nella chiesa di San Giuseppe. L’opera è stata realizzata dal pittore brasiliano Sergio Ceron che qui ne fa una descrizione.

L’icona benedetta in duomo ricorda l’Anno della famiglia
Lo sfondo: è diviso in fasce, come nei codici miniati medievali (Beatus) e nella pittura monumentale.

La cattedrale: presa nelle sue linee essenziali, è dipinta con colori caldi, arrivando al rosso, per ricordare che questa costruzione è il luogo dell’amore divino manifestato in Gesù Cristo.

Le tre figure della Sacra famiglia: non è una scena familiare, con accento sui valori sentimentali. Le figure sono immerse nel mistero di cui sono testimoni. Esiste un “silenzio del sentimento” per poter dare spazio a quello che veramente importa: la salvezza compiuta dalla discesa e glorificazione del Verbo di Dio.
In questo modo, il Cristo adolescente è presentato con dignità di adulto e guarda l’osservatore, portando sulla sinistra il libro, simbolo di sé stesso, perché egli è la Parola e il senso della Scrittura e sul libro stanno scritte le lettere greche alfa e omega: il bambino, apparentemente fragile, si rivela nell’Apocalisse il grande salvatore, principio e fine di tutto; il suo manto è rosso, come il rosso del duomo e la sua collocazione centrale dice del cammino verticale aperto dalla sua incarnazione; inoltre, stando al centro, coincide con la porta centrale del duomo, perché lui stesso è “la porta”.

 

Maria compie due gesti importanti: guardando l’osservatore, con una mano indica il suo divino Figlio e con l’altra tocca il suo cuore, come dice Luca 2,51: «Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore»; Maria è figura della Chiesa, perché ha vissuto in silenzio tutto quello che la Chiesa vive oggi apertamente (mentre Maria dà alla luce il Capo, la Chiesa dà alla luce le membra).

Se Maria è figura della Chiesa, Giuseppe è figura dei vescovi e dei sacerdoti (come testimoniano i Padri dei primi secoli e i mosaici dell’arco trionfale di Santa Maria Maggiore), perché il suo ruolo riguardo a Cristo e Maria, ricorda quello dei vescovi e dei sacerdoti in relazione alle loro Chiese particolari; il gesto delle braccia aperte parla di protezione, di benedizione verso il Cristo e Maria. La sua dignità è nelle sue vesti ebraiche (kippah e tallit), esprimendo la sua fedeltà a Dio e alla legge; i suoi piedi nudi sono segno di povertà, umiltà e purezza di cuore.

La fascia di cielo stellato e la stella a sei punte: il cielo visibile con le stelle ricorda quello invisibile, dimora di Dio; qui si contempla una grande stella a 6 punte, simbolo di Cristo e del suo potere (per questo coincide con la linea verticale disegnata da Gesù); il numero 6 rimanda al monogramma di Cristo, giunzione delle due prime lettere greche di Christos (chi e ro), formando un motivo a 6 punte.

Le figure: è bene segnalare la delicatezza delle espressioni dei tre personaggi, con occhi grandi e bocche piccole, come nell’arte sacra della Chiesa indivisa: per rappresentare il divino, il cammino non è stato quello del naturalismo, ma della ricerca di un tipo di immagine che stilizza e usa simboli per parlare di Dio e del mondo spirituale. I colori, la luce immateriale dell’oro, le luci (che sembrano uscire dalle figure), l’assenza di prospettiva, sono modi di mostrare il cielo. Per questo, bisogna guardare i personaggi con gli occhi interiori, per vedere un equilibrio di sentimento, una serenità, un sorriso non aperto, ma contenuto, discreto, emanando santità.

Sergio Ceron

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