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Legge sul gioco d’azzardo: secondo Ires in Piemonte il settore occupa 1500 persone

Precisazione sul disegno di legge sul contrasto alla diffusione del gioco d'azzardo patologico

GIOCO D’AZZARDO Si è tenuta stamane l’audizione degli esperti dell’Istituto ricerche economiche e sociali (Ires) del Piemonte, in merito ai numeri di impiegati del comparto gioco d’azzardo, in tutta la Regione: l’intervento nell’ambito dei lavori di approntamento del nuovo testo della legge sulla ludopatia, voluta dalla Lega in sostituzione alla disposizione 9, approvata nel 2016 e attualmente in vigore.

Il passaggio è stato illustrato dal vicesegretario regionale del Partito democratico Monica Canalis: «I ricercatori di Ires hanno riportato che nel 2020 gli addetti delle imprese piemontesi, attive nel settore gioco, erano 1.500. Fra il 2016 e il 2019 le sale slot e scommesse hanno perso soltanto 52 posti di lavoro: da dove arriva quindi il dato di 5.000 occupati persi o a rischio, brandito dalla giunta Cirio? Se ci sono 1.500 lavoratori impiegati non se ne possono perdere 5.000»

L’Ires, un Ente regionale  pubblico, voluto dall’articolo 60 dello Statuto piemontese, ha inoltre sottolineato come, nelle tabaccherie, tra il 2016 e il 2019, i posti di lavoro siano cresciuti di 103 unità: «Perché allora reintrodurre il gioco in questi esercizi? Certamente non per ragioni occupazionali: oggi è caduta una delle principali giustificazioni addotte da Cirio e soci per abrogare la legge regionale 9/2016».

Il nuovo disegno di legge della Giunta piemontese non solo limita i poteri dei Sindaci sulla definizione degli orari delle sale slot e discrimina gli imprenditori onesti, adeguatisi alla legge  del 2016, ma «non ha neppure un impatto occupazionale significativo, visto che non prevede alcuno strumento di formazione per riqualificare gli operatori del gioco, né strumenti per riconvertire il settore», osserva Canalis. «Semplicemente fa una sanatoria per gli imprenditori che hanno disatteso la norma: ragione per cui il  disegno di legge va  fermato, perché ideato esclusivamente per  favorire pochi a danno della salute e delle tasche dei piemontesi».

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