Premiato l’architetto paesaggista Paolo Pejrone come Maestro di Bere il territorio

La cerimonia, organizzata da Go wine, si è svolta sabato 6 novembre nella chiesa di San Giuseppe

Premiato l'architetto paesaggista Paolo Pejrone come Maestro di Bere il territorio
L'architetto paesaggista Paolo Pejrone.

ALBA Nell’ambito del ventesimo concorso letterario Bere il territorio, l’architetto paesaggista Paolo Pejrone ha ricevuto, sabato 6 novembre, il premio Il maestro. L’iniziativa è organizzata da Go wine e il titolo onorifico è stato assegnato per il diciassettesimo anno. In passato hanno ricevuto il riconoscimento Luigi Meneghello, Niccolò Ammaniti, Claudio Magris, Lorenzo Mondo e Gianmaria Testa, Sebastiano Vassalli, Dacia Maraini, Alberto Arbasino, Enzo Bettiza, Franco Loi, Francesco Guccini, Pupi Avati, Raffaele La Capria, Gustavo Zagrebelsky, Maurizio Maggiani, Luciano Canfora, Marcello Fois e Maurizio Molinari.
Massimo Corrado, presidente di Go wine, ha spiegato: «È la prima volta che premiamo un esperto del settore. La nostra associazione fa della cultura del vino e dell’enoturismo due sue bandiere, strettamente legate a un’agricoltura virtuosa che promuova attenzione verso il paesaggio e favorisca una corretta gestione dell’ambiente e del vigneto. In linea con questi obiettivi, abbiamo scelto di premiare il migliore in questo campo».

Oltre a Corrado, hanno fatto parte della giuria Gianluigi Beccaria, Valter Boggione, Margherita Oggero e Bruno Quaranta. Presenti alla cerimonia, hanno partecipato al dibattito instaurato con Pejrone. L’architetto, nato a Torino nel1941, è stato allievo di Russell Page e Roberto Burle Marx. Numerose le sue realizzazioni, in Italia e nel mondo. Ha dato vita a numerosi sodalizi, come l’Associazione italiana architetti del paesaggio e l’Associazione piemontese olivicoltori. Nella sua tenuta di Revello coltiva più di mille ulivi, condizione che lo rende il maggior produttore della regione. Appassionato di terra e piante fin da bambino, Pejrone ha raccontato che «a scuola, mentre i miei compagni discutevano di Carapellese e Boniperti, io parlavo di fagiolini. Fu la mia maestra che mi spronò a seguire questa passione».

Pejrone è anche saggista e scrittore. Il suo ultimo lavoro, edito quest’anno da Einaudi, si intitola I dubbi del giardiniere. Schietto e imprevedibile, nel dibattito ha messo in luce la sua genialità non fornendo soluzioni complicate ma consigli alla portata di tutti. Sulla sua idea di gestione del verde ha affermato: «Bisogna innanzitutto piantare ciò che ha la possibilità di sopravvivere bene, avendo l’intelligenza di abbandonare le specie che, nel contesto del nostro giardino, non danno i risultati sperati. Poi dobbiamo smetterla di stare sempre lì con le forbicine pronte a tagliare, il giardino deve apparire come un enorme disordine, un vero ciadel. Sono per l’anarchia potabile. Anche per questo non approvo le soluzioni troppo innaturali, come i bonsai e i boschi verticali, che necessitano di cure esagerate. L’orto, invece, è una grande scuola e vorrei che ai bambini italiani insegnassero a coltivarlo».

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La premiazione di Paolo Pejrone nella chiesa di San Giuseppe.

Riguardo alle soluzioni per contrastare il clima che cambia, il paesaggista ritiene «necessario cominciare da piccoli gesti, non ha senso chiedere, come ha fatto il maestro Abbado, di piantare novantamila alberi. Meglio iniziare con tanti piccoli boschi, ma subito». Puntuale è arrivata, in conclusione, la domanda sul suo rapporto con la vite. «Amo molto questa specie e nel mio giardino ne ho parecchie. Ho dei piacevoli ricordi d’infanzia riguardanti le grandi discussioni tra le mie due nonne su quale fosse l’uva frola migliore».

Davide Barile

 

 

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