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Covid: il balzo dei contagi mette sotto pressione i pronto soccorso

Emergenza Covid in Piemonte, Bertaina Cisl Fp: «Oss e infermieri allo stremo, occorre intervenire subito»

TORINO Nuovo balzo dei contagi in Piemonte. Nel bollettino del 10 dicembre l’Unità di crisi regionale ne ha registrati 1.791, il 2,9% di 62.217 tamponi eseguiti. Gli asintomatici sono 1.020 (57,0%). Invariato il numero dei pazienti ricoverati in terapia intensiva, 44 come ieri, quelli nei reparti ordinari sono 488, 25 in più rispetto a ieri. Due i decessi, uno dei quali di oggi, le persone in isolamento domiciliare sono 15.863 e gli attualmente positivi sono 16.395. I guariti sono 770.

L’aumento dei casi è diffuso in tutta Italia. Pressati dall’aumento dei casi di influenza e dei malanni di stagione, ma anche da un crescente numero di pazienti Covid e al ritorno dei codici bianchi, i pronto soccorso arrancano sotto il peso della quarta ondata pandemica. Insieme ai contagi aumentano anche gli accessi ai reparti di emergenza e urgenza ma trovano reparti sempre più pieni e personale sempre più ridotto, al punto che ci sono ospedali in cui si fatica a ricoverare i pazienti entro le 24-36 ore.

A lanciare l’allarme è la Società italiana della medicina di emergenza urgenza (Simeu) che avverte: la situazione in Sardegna è «vicina al collasso, ma criticità si segnalano in molte regioni». Se «non è ancora drammatica» rischia di diventarlo a breve. E «ciò che è già drammatico è l’impossibilità di ricoverare tanti pazienti non Covid». Se a Pescara il pronto soccorso è andato in tilt per un eccesso di richieste di ricoveri che ha costretto a dirottare pazienti in ospedali vicini, ancor più critica è la situazione all’ospedale San Francesco di Nuoro, dove una decina di medici si sono dimessi per la grave situazione di affanno del reparto, che lavora sotto organico da tempo. Ma le difficoltà aumentano in tutta Italia insieme ai contagi da Sars-Cov-2. Oltre al caso della Sardegna, spiega Beniamino Susi, responsabile per Simeu dei rapporti con le Regioni, «problemi si registrano in diverse regioni, in particolare Puglia, Campania e Lazio, dove soprattutto nella stagione invernale si registra spesso un sovraffollamento nei reparti di emergenza e urgenza. A queste se ne stanno aggiungendo altre, con situazioni storicamente meno critiche, come Piemonte, Lombardia e l’Emilia Romagna, e anche regioni che in queste settimane sotto particolare pressione per i contagi Covid, come Friuli Venezia Giulia, Marche e Veneto».

I motivi sono diversi. Innanzitutto, prosegue Susi, che dirige il reparto d’urgenza a Civitavecchia-Bracciano, «la crescita di pazienti che stazionano in pronto soccorso a causa della difficoltà a ricoverare, perché si stanno convertendo reparti normali in reparti Covid e questo taglia il numero dei posti letto disponibili per altre patologie». Il super afflusso, spiega, «è dovuto al diffondersi di sindromi influenzali, ma ci sono anche molti pazienti che arrivano con sintomi Covid gravi, già in parziale carenza di ossigeno e che necessitano un ricovero, a volte anche direttamente in terapia intensiva. Inoltre siamo sommersi di pazienti che vengono per problemi di salute banali. Mentre nella prima ondata gli accessi erano diminuiti del 30% per paura dei contagi, ora siamo tornati a livelli pre-Covid, con la differenza che la pandemia è ancora in corso».

La realtà del Covid, denuncia il presidente Simeu Salvatore Manca, «pone di fronte alle debolezze del sistema». E questa situazione mette sotto pressione medici e infermieri che «sono stanchi, affaticati e vivono una quotidianità sempre più insostenibile». A meno di un mese dalla manifestazione nazionale organizzata a Roma in difesa del servizio di emergenza urgenza, il sistema «sta crollando» e servono «provvedimenti urgenti». «Bisogna accordarsi affinchè gli specializzandi vengano integrati nei servizi ospedalieri». Intanto, però, conclude Manca, «bisogna fare qualcosa subito e anche i cittadini devono aiutare a reggere l’urto. O la quarta ondata rischia di dare lo scossone definitivo».

Ansa

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