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Lettera al giornale. Nella scuola si educa a ragionare o si prepara “carne da cannone”?

L'indagi 1
Foto di repertorio

LETTERA AL GIORNALE Lo Charlot di Tempi moderni si rintronava a forza di avvitare bulloni nella catena di montaggio, fino a venir risucchiato da una selva di ingranaggi.

A noi capita più o meno lo stesso, quando di questi tempi siamo catturati dalla caleidoscopica offerta di stimoli fornita da tavolette digitali e cellulari.

Nato nel 1980, ho conosciuto l’esplosione dei primi personal computer, a partire dal mitico Commodore 64.

Credo che diversi santi si ricordino i miei improperi quotidiani quando le audiocassette dei programmi, dopo interminabili caricamenti, non funzionavano proprio per nulla.

Tuttavia, le rare volte in cui la magia del loading funzionava, il magico suono del microprocessore sonoro Mos Sid, dotato di ben tre canali audio a quattro diversi tipi di onde (triangolare, quadrata, a dente di sega e casuale), invadeva con le sue vibrazioni elettriche e per me fantascientifiche la compassata atmosfera della sala bella, scatenandomi concreti brividi su per la schiena.

Ero poco più di un bambino, ma quando recentemente mi sono imbattuto su YouTube nelle musiche di Rob Hubbard l’emozione mi si è ripetuta identica!

Erano quelli gli albori delle pirotecnie del digitale attuale.

Oggi la nostra vita è fortemente influenzata dagli stimoli forniti dalle differenti piattaforme sociali, che fanno di un’immediatezza istintiva il loro cavallo di battaglia.

Quando mi è capitato di insegnare informatica alle superiori, sapevo quanto i giovani avessero a disposizione palmari e computer di ultima generazione e immaginavo che sarebbe stato assai facile introdurre i rudimenti del pensiero computazionale o coding e che, anzi, molti ne fossero già esperti.

Pensavo pure che il famoso programma Hello, World! sarebbe stato il loro primo, elementare incontro con la macchina, come capitò a me all’età di sei anni.

Mi sbagliavo, nel senso che i programmi didattici attuali partono sovente da applicazioni “da ufficio” e solo ed eventualmente in un secondo tempo entrano nel linguaggio della macchina.

Fu per me scioccante, in particolare, notare come gli stimoli dei dispositivi digitali riducessero mostruosamente i tempi di attenzione dei giovani a pochi minuti, quando la solida matematica applicata che è alla base del funzionamento delle macchine digitali richiede invece un approccio assai pacato e riflessivo per poterla decorticare.

Fu così che mi sono chiesto: quale effetto ha sulle nuove generazioni l’esposizione alle applicazioni digitali di ultima generazione? Le App moderne sono estremamente intuitive nel loro utilizzo, sono fatte apposta per essere facilmente fruibili senza alcuno sforzo di interpretazione e sanno offrire contenuti gratificanti e di fruizione immediata.

È come se fornissero continuamente delle caramelle assai dolci e senza alcun ritegno per le giovani menti dei nostri ragazzi, ma le nutrono pure o, più semplicemente, le sovrastimolano portandole a una bulimia di gratificante e vacuo nulla?

Esiste un divario sempre più ampio fra chi in informatica “costruisce” e chi in informatica “fruisce”.

I primi sono in pochi e i secondi in molti, ma il problema più grave è che i fruitori ben raramente risultano intellettualmente “nutriti” dai creatori, che nella stragrande maggioranza dei casi costruiscono prodotti “a scatola chiusa”, capaci di fornire gratificanti stimoli ma senza intraprendere la sfida di permettere ai giovani di entrare nella magia del linguaggio delle macchine, a parte rari casi.

Questa magia si nutre di matematiche e offre alle matematiche stesse un’infinita occasione di crescita.

Non mi si fraintenda, di applicazioni pratiche e intuitive avrà sempre bisogno il mondo, ma il punto è che il soggiacente tesoro del funzionamento delle macchine resta sconosciuto ai più e, in certi casi, esso è considerato pure come non necessario nel settore dell’educazione.

Il punto è: a cosa serve la scuola? Unicamente a generare “carne da cannone” per il fantomatico mondo del lavoro? Senza dubbio questo può essere uno degli obiettivi in molti contesti, ma a me piace credere che apprendere il sano ragionamento senza pensare sempre e necessariamente alle applicazioni della futura “vita da adulti” sia fondamentale.

Il piacere misto a stupore alla vista delle arti, delle geometrie, dei codici celati nelle strutture naturali, è quanto ci rende uomini dotati di intelletto, felici e riconoscenti della bellezza del mondo che ci circonda.

Le meraviglie tecnologiche della nostra era superano non di rado in bellezza i loro meri e temporanei utilizzi.

Francesco Barbero, Alba

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