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Asti e Moscato, i rischi dalla guerra in Ucraina

Rese vendemmiali: Confagricoltura Piemonte d’accordo con i consorzi di tutela per favorire l’equilibrio di mercato

ENOLOGIA L’ invasione russa dell’Ucraina sta creando sgomento e preoccupazione. I primi effetti economici si sono resi concreti con il costo dell’energia, i rischi futuri potrebbero essere molto più gravi. Ammesso che il conflitto venga fermato in tempi rapidi, con l’Ucraina è difficile pensare nel breve periodo a qualsiasi relazione se non quelle umanitarie. I rapporti con Mosca potrebbero divenire più ostici, con l’alimentare messo ancor più nel mirino delle ritorsioni di Putin, come avvenuto già nel 2014 con l’embargo seguito all’intervento per l’annessione della Crimea. È stata la Coldiretti a lanciare uno dei primi allarmi «in riferimento al decreto firmato da Vladimir Putin come reazione rapida e “ponderata” alle ultime sanzioni dell’Unione europea».

Asti e Moscato, i rischi dalla guerra in Ucraina
Marco Negro

«In pericolo per l’Italia», prosegue Coldiretti, «ci sono le vendite di vino, pasta e olio in Russia, che sono scampati all’embargo, e hanno raggiunto lo scorso anno il valore di 670 milioni di euro con un aumento del 14 per cento rispetto al 2020, secondo le proiezioni Coldiretti su dati Istat». Per approfondire il tema dei possibili danni nel settore vitivinicolo piemontese ci confrontiamo con Marco Negro, operatore astigiano di mercato che lavora proprio con la Russia e che, prima della pandemia da Covid-19, volava almeno una decina di volte all’anno a Mosca e San Pietroburgo.
Iniziamo il dialogo chiedendo come sia adesso la situazione di mercato: «A oggi non ci sono blocchi per esportare in Russia. Piuttosto c’è il blocco dei pagamenti tramite Swift, il sistema decisamente più usato. È vero che in questo momento le aziende russe possono utilizzare altri canali, ma questi richiedono gestioni complesse, che non tutti sanno seguire. Senza contare che la situazione potrebbe precipitare nel giro di pochissimo tempo, visti gli annunci di ritorsioni che il Governo russo ha fatto contro le sanzioni dell’Unione europea, Italia inclusa».

Quali vini rischiano in misura maggiore?

«La denominazione che potrebbe avere le conseguenze più sgradite è senza dubbio quella dell’Asti e del Moscato d’Asti, che notoriamente ha nella Russia un partner significativo di mercato».

I dati 2021 del Consorzio dell’Asti dicono che nel 2021 le esportazioni verso Russia e Ucraina hanno interessato circa il 15 per cento del venduto. E gli altri vini?

«Restando ai piemontesi, le altre denominazioni corrono rischi minori, legati più a singoli operatori che al settore nella sua globalità. Fuori Piemonte, un vino che potrebbe avere conseguenze negative è il Prosecco, ma in quel caso gli altri mercati potrebbero facilmente far fronte alle mancate vendite russe».

La palla passa al settore produttivo dell’Asti e del Moscato. Viene da chiedersi cosa si possa fare.

«Da un lato, costa nulla sperare in un’annata poco fertile e con una bassa produzione, ma non dipende dal settore. Venendo ai mercati, si potrebbe spingere su quelli dove ci sono probabili spazi di crescita. Probabilmente non basterà e allora si dovrà ricorrere a qualche progetto specifico. Un’idea potrebbe essere quella di lavorare in modo transitorio e condiviso su un progetto Moscato spumante. Non è una soluzione gradita al mondo agricolo, ma di fronte a una situazione inattesa, ragionare su un’iniziativa di questo tipo potrebbe dare sbocchi transitori ed evitare che le aziende vadano a rifornirsi altrove di questi prodotti».

Giancarlo Montaldo

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