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Neri Marcorè: «Avere Fenoglio è un onore per Alba»

Neri Marcorè: «Avere Fenoglio è un onore per Alba»

L’INTERVISTA Neri Marcorè, con il suo tono pacato, ha gestito a perfezione la presentazione di martedì scorso. Anche nei momenti di forte emozione, è riuscito a stemperare gli animi con una battuta.

Cosa significa per lei Fenoglio?
«Fa parte della costellazione di scrittori di riferimento, insieme a Pavese, Calvino e Sciascia. Lo lessi per la prima volta da ragazzo. Mio nonno materno fece il militare in Piemonte e, da qui, tornò a piedi nelle Marche. Ne parlava spesso e questi ricordi mi portano ad avere una sorta di affetto per i luoghi di questi scrittori. Parlo al plurale, ovviamente, perché includo anche Pavese. Entrambi hanno descritto gli orrori della guerra, permettendoci di capire che, un tempo, si diventava adulti molto rapidamente. Leggere Fenoglio intorno ai vent’anni può aiutare
a farci apprezzare meglio ciò di cui disponiamo oggi. Siamo iperprotettivi nei confronti dei figli, bisognerebbe trovare la via di mezzo tra dolcezza e incitamento a crescere».

Qual è il miglior modo per ricordare Fenoglio?
«Innanzitutto, ricordarlo. Cento anni non devono essere solo una ricorrenza sul calendario, ma il pretesto per celebrare qualcuno che ha segnato in maniera netta e potente un territorio e l’appartenenza culturale. Per la vostra città, dare i natali a Fenoglio è un grande privilegio e onore. Può dare la possibilità di legarsi al personaggio per progetti di attrazione culturale e turistica. Devo dire che, per fortuna, la figura di Fenoglio è stata adeguatamente ricordata negli anni. Diverso, invece, è il caso di Pinot Gallizio: dopo aver visitato il centro studi Beppe Fenoglio, mi sono reso conto del valore della sua opera. Era una figura gigantesca, con concezioni dell’arte e sociali innovative, e mi stupisce che non se ne parli abbastanza. Qualcuno, dall’estero, ha detto: “Non capisco perché conoscano tutti Dalì e non Pinot Gallizio”».

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Neri Marcorè in compagnia di Margherita Fenoglio

Che idea si è fatto nel tempo della gente di Langa?
«Facendo questo mestiere ho la fortuna di viaggiare molto e, da voi, torno sempre volentieri. Apprezzo la cordialità, unita al modo di essere diretti. Trovo sempre moltissimo affetto, slancio e sorrisi da parte di chi apprezza ciò che faccio. Ho frequentato molto, negli ultimi anni, la fondazione Pavese. La vostra è una terra che ha conosciuto la povertà e ha saputo trovare, nelle proprie radici, le ragioni per una crescita culturale ed economica impressionante. Noto poi una giusta attenzione e un orgoglio nei confronti di personalità culturali come Pavese e Fenoglio».

Quali sono le maggiori differenze tra i due?
«A livello di stile non saprei rispondere. Mi sembra, comunque, che Fenoglio arrivi più facilmente al punto, in maniera più asciutta e diretta. Pavese, in certe opere, è più elaborato, penso ai Dialoghi con Leucò: è diverso dallo stesso Pavese. Stiamo comunque parlando di due giganti,
ma Pavese ha avuto forse il tempo di allargare maggiormente la sua produzione letteraria. Fenoglio, purtroppo, se n’è andato presto e non ha potuto spingersi oltre».

Davide Barile

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