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Centenario fenogliano: Andrea Bosca in Ma il mio amore è Paco

Centenario fenogliano: Andrea Bosca in Ma il mio amore è Paco
L'attore Andrea Bosca

L’INTERVISTA Portare in scena il lato più ironico di Beppe Fenoglio. È l’intento del concerto-lettura basato su Ma il mio amore è Paco, uno dei racconti della raccolta Un giorno di fuoco. Il protagonista sarà l’attore canellese Andrea Bosca. La prima, con prologo il 1° giugno riservato alle scuole che hanno partecipato e collaborato con il centro studi Beppe Fenoglio, è in programma per giovedì 2 giugno alle 21 al teatro Sociale di Alba con l’ingresso libero. È l’atto che apre la stagione che prende il nome dal racconto Un giorno di fuoco. Venerdì 3 giugno lo spettacolo, prodotto da Bam teatro sarà replicato al Sociale di Nizza Monferrato. Alla lettura del «groppo racconto» – definizione di Fenoglio – saranno alternati brani musicali tratti da western anni ‘60, insieme a sigle di film e serie televisive «per restituire lo stupore di un bambino sia degli anni in cui è ambientato il racconto, sia dei giorni nostri».

Bosca, come ha scelto questo racconto?

«Il Centenario fenogliano, che capita in un momento in cui la Resistenza è più che mai attuale, mi ha preso in contropiede perché da sempre voglio mettere in scena il romanzo sentimentale di un uomo attraverso l’esperienza di un bambino, che impara a relazionarsi con il mondo e scopre che anche le figure familiari da lui viste fino a quel momento come mitiche e infallibili possono avere le proprie fragilità. Nel racconto l’occhio è di un nipote che osserva le azioni di una sorta di “zio”: una figura diversa dai genitori, che lo porta nella dimensione dell’azzardo. Il tema si traduce non solo in una mitica nottata passata a giocare a carte, ma anche nella scoperta di un lato della vita fuori controllo e irrazionale».

Quanto è ancora attuale questa tematica?

«Chi ha radici contadine di queste storie di miseria ne sentite tante. Dal gioco mi sono sempre distaccato, anche se non mi copro gli occhi: è una dipendenza sempre esistita nelle nostre campagne. Mi interessava però il lato metaforico dell’azzardo: avere la testa dura di andare fino in fondo alle cose, o vivere una vita in cui spesso ci si gioca tutto, è qualcosa che chi fa l’attore conosce bene. Comunque il centro del discorso, così come il titolo del racconto, non parla del gioco: quest’ultimo serve da ambiente per raccontare una storia di rapporti umani, rispetto, ricerca di qualcosa in più e immaturità affettiva».

Cosa emerge di Fenoglio?

«Lo scrittore albese sapeva cogliere bene certi lati umani con grande ironia: ho scelto di mettere in scena un Fenoglio che fa anche ridere – con uno stile e un’eleganza vicini allo humour inglese – al posto dei testi di impegno civile. Non parleremo di partigiani, ma vedremo come si sono formate quelle generazioni che poi hanno combattuto in un contesto più familiare».

Quanto conta l’aspetto musicale nello spettacolo?

«La scrittura di Beppe Fenoglio è rapida e attuale, ha un lato rock ’n roll ed è molto cinematografica. Per questo abbiamo pensato di accompagnarlo con le musiche dei saloon western, che ricordano l’ambientazione delle sale da gioco, costruendo una narrazione musicale. L’idea era di mettere insieme le colonne sonore di Ennio Morricone con le sigle contemporanee di film e serie televisive per ricreare i miti musicali dei ragazzi degli anni Sessanta e di quelli di oggi».

Lorenzo Germano

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