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Nel nostro Paese 14 ragazzi su cento sono molto poveri

Nel nostro Paese 14 ragazzi su cento sono molto poveri 1

L’INCHIESTA Quale effetto ha avuto la pandemia da Covid-19 sulla condizione economica delle famiglie e dei bambini? Se l’Istat certifica che la povertà assoluta in Italia rimane sui livelli del 2020, quando ha raggiunto la cifra record di 5,6 milioni di persone, l’esame dei dati preliminari sullo scorso anno mostrano però segnali di sofferenza tra i nuclei numerosi e sui minori.

Ma che cosa significa povertà assoluta? Sono considerate gravemente indigenti le famiglie e le persone che non possono permettersi le spese minime per condurre una vita accettabile. La soglia di spesa sotto la quale si è considerati tali è definita dall’Istat attraverso il paniere di povertà assoluta: si tratta dell’insieme di beni e servizi che vengono considerati essenziali in un determinato ambito. Per esempio, le spese per la casa, l’alimentazione, la salute e il vestiario. Per una famiglia con due bambini al di sotto dei 10 anni che vive al Nord la soglia minima è considerata intorno ai 1.600 euro.

Ad approfondire il tema è il portale Openpolis, in un report appena pubblicato. In particolare, si parla di due tendenze, emerse in modo marcato dopo la crisi legata al virus e collegate l’una all’altra. La prima riguarda il divario tra generazioni: più una persona è giovane, più è facile si trovi in povertà assoluta; inoltre, sono le famiglie numerose a trovarsi più spesso in difficoltà. Così, secondo i dati preliminari relativi al 2021, pare arrivata al 14,20 per cento la quota di minori indigenti, con tre punti percentuali in più rispetto al quadro tracciato nel 2020. In termini assoluti, si parla di 1,4 milioni di bambini e ragazzi, rispetto ai 9,3 milioni residenti in Italia.

Il divario generazionale è evidente: man mano che si sale con l’età, l’incidenza della povertà assoluta diminuisce: per esempio, tra gli over 65 si parla del 5,30 per cento, con l’aumento di un solo punto rispetto al 2019. Va da sé che, se i minori sono la fascia più vulnerabile, è perché lo sono prima di tutto le famiglie. Prendiamo un nucleo formato da tre componenti, due genitori e un bambino a carico: tra quelle residenti nel nostro Paese, il 7,10 per cento nel 2021 ha vissuto in una situazione di bisogno, rispetto al 6,10 per cento del periodo precedente al Covid-19. Ma, se si considera una famiglia formata da sei persone, la quota sale: il 22,50 per cento risulta in povertà assoluta, rispetto al 16,20 per cento di due anni fa.

Scrivono gli analisti di Openpolis: «Nessuno di questi due fenomeni è nuovo: infatti, dalla fine del 2000 la quota di bambini e ragazzi indigenti è aumentata, accrescendo il divario tra le generazioni. Il dato non si registrava prima della crisi del 2008, quando erano gli over 65 a essere più in difficoltà, con il dato sui minori in linea con le altre fasce d’età».

  Francesca Pinaffo

Sette indicatori per il livello di vulnerabilità dei Comuni

Come monitorare la fragilità delle famiglie, così da impostare strategie mirate? L’Istat ha elaborato un indicatore di vulnerabilità sociale e materiale: con riferimento a ogni territorio, si calcola la possibilità che una situazione di crisi economica possa minare la coesione sociale. Per esempio, in un Comune in cui vivono tante famiglie monoreddito e tanti giovani non occupati gli effetti di una congiuntura possono farsi sentire maggiormente anche a livello sociale. In particolare, l’indice elaborato dall’Istituto nazionale di statistica unisce sette indicatori, a partire dall’incidenza di famiglie numerose. Ma si considerano anche i nuclei monogenitoriali giovani o composti solo da anziani, la quota di popolazione con più di 25 anni senza titoli di studio, la percentuale di giovani che non studiano e non lavorano, così come le persone che vivono in situazioni di grave sovraffollamento.

Si produce così un indice che va da 70 a 130: più il valore è alto, maggiore sarà il rischio di vulnerabilità sociale e materiale di un territorio. La fonte Istat è l’ultimo censimento del 2011, ma i dati sono stati aggiornati e riclassificati nel 2018. L’indice risulta più elevato nelle regioni del Sud. Tra le grandi città, Napoli è quella più vulnerabile da questo punto di vista, raggiungendo il valore di 111,20. Al Nord, però, Torino si classifica al settimo posto, prima tra le città del Settentrione, con 99,70. Se si scende nei dettagli del Piemonte, Cuneo è tra i capoluoghi con l’indice più basso, pari a 98. Tra i Comuni, la situazione è abbastanza stabile: con 14.462 famiglie, l’indice di Alba risulta pari a 98,5, mentre a Bra arriva a 98,9, con 12.917 nuclei.

f.p.

Municipio e consorzio aprono ad Alba un centro per famiglie: mancano alloggi da locare anche se ne risultano mille sfitti

«A livello territoriale, in questo momento, abbiamo 2.644 cartelle aperte, divise equamente tra Alba, Langhe e Roero: dopo la pandemia, le richieste d’intervento sono tornate ad aumentare». Marco Bertoluzzo, direttore del consorzio socioassistenziale Alba, Langhe e Roero, parla del momento in cui viviamo come di una sorta di «long Covid emotivo, caratterizzato da un clima d’incertezza, tensione e mancanza di energie che rendono difficili affrontare il presente».

Nel nostro Paese 14 ragazzi su cento sono molto poveri
Marco Bertoluzzo, direttore del consorzio socioassistenziale Alba, Langhe e Roero

Se si guardano le cifre impegnate da gennaio 2021 ad aprile di quest’anno dal consorzio, a fare la parte del leone è la voce relativa a minori e famiglie, con contributi per 92.844 euro. Per quanto riguarda le altre, 74.308 euro sono andati alle nuove povertà, 32mila euro agli anziani e 27.856 euro ai disabili.

«La pandemia ha inciso sulle famiglie con figli più isolate e prive di una rete di appoggio. Se il 2021 sembrava l’anno della ripresa, oggi è di nuovo difficile rialzarsi. Anche perché sono subentrate altre problematiche, come il caro bollette, che probabilmente farà sentire il suo peso nei prossimi mesi. In particolare, a soffrire di più sono le famiglie monoreddito, nelle quali un solo genitore lavora, soprattutto se con figli minori», prosegue Bertoluzzo. Il clima di tensione ha portato anche a un aumento degli interventi su un altro fronte: «Purtroppo, abbiamo registrato un aumento del 10 per cento dei maltrattamenti in famiglia, rispetto al periodo precedente il Covid-19».

Grazie a fondi della Regione Piemonte, però, verso metà giugno il Comune di Alba e il consorzio inaugureranno il Centro famiglie: «Sarà un luogo fisico, dislocato in alcuni locali di via Manzoni, ma anche virtuale, con un sito al quale accedere per avere le informazioni necessarie e ricevere supporto. Si tratta di un’iniziativa pensata proprio per i nuclei in impasse», dice il direttore.

Il consorzio è appena stato informato dell’esito positivo di uno dei bandi a cui si è candidato, nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Alla voce “Sostegno alle capacità genitoriali e prevenzione della vulnerabilità delle famiglie e dei bambini”, all’ente albese sono stati assegnati 211.500 euro per tre anni. «Non erogheremo i fondi sotto forma di contributo economico, ma intendiamo sviluppare interventi di tipo educativo e di sostegno. Per esempio, percorsi di educazione finanziaria e lavorativa», dice Bertoluzzo.

Non si tratta dell’unico bando del Pnrr andato a buon fine: 715mila euro, sempre su tre anni, sono andati al consorzio per interventi sulla disabilità. Inoltre, insieme agli altri consorzi cuneesi, l’ente diretto da Bertoluzzo ha partecipato a un bando per sviluppare nuove strategie per la fascia degli anziani, il cui esito porterà nella Granda fondi per 2 milioni e 400mila euro. Con Bra, il consorzio albese si è infine reso partner di un progetto per attivare servizi sul fronte della deospedalizzazione, con l’assegnazione di 330mila euro.

E c’è un tema ricorrente: la difficoltà a trovare alloggi in affitto ad Alba. È un problema che Bertoluzzo conosce bene: «Negli ultimi mesi, abbiamo registrato una decina di sfratti, in parecchi casi per morosità. Non si tratta di persone o famiglie che provengono da situazioni complesse, ma che hanno alle spalle criticità legate alla crisi Covid-19, come la perdita del lavoro». Per questo, insieme al Comune, il consorzio si è reso disponibile a stipulare contratti di garanzia, con un canone concordato, ma in città non sono arrivate risposte. Eppure, «risultano circa mille alloggi sfitti e non utilizzati. Ne basterebbero una ventina, ma pare si preferisca tenere un alloggio vuoto piuttosto che offrire aiuto, malgrado le garanzie che offriamo. Stiamo guardando ai paesi vicini, per vedere se si trovano soluzioni».

f.p.

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