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Don Busto e Scalfari, due giornalisti che hanno indirizzato, improntato e informato

Tre milioni e mezzo di lettori per i settimanali cattolici di tutt'Italia

Il giornale La Sesia evidenzia un curioso quanto interessante parallelismo tra la scomparsa di don Pier Paolo Busto direttore del settimanale diocesano La vita casalese e di Eugenio Scalfari. Ne emerge il ruolo singolare e incisivo per il primo nell’area del giornalismo di informazione locale e per il secondo nel settore dei quotidiani nazionali. Proponiamo il servizio ai lettori di Gazzetta d’Alba.

Dare una forma. Poi indirizzare, improntare. E quindi dare notizie. Sono questi i significati del verbo latino “informare”. Il significato più corrente nella progressione concettuale è l’ultimo, ma il verbo ne conserva altri desueti, che riescono a spiegare invece la sua completa essenza, la sua ampiezza. Un’ampiezza che traduce il lavoro perseguito da due esponenti del mondo dell’editoria italiana, morti a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro. Un prete e un politico. Don Gian Paolo Busto ed Eugenio Scalfari. Due giornalisti che hanno dato una forma, hanno indirizzato, improntato, informato. Innovando, guardando sempre oltre e avanti. Quella di Scalfari è stata anche figura mediatica. Un azzardo dunque? Non se lo si immagina come il racconto di un “controcanto”, in cui le voci sono quelle dell’informazione nazionale e di quella locale, la voce delle comunità.

Don Gian Paolo Busto

Don Paolo Busto, direttore della Vita Casalese
Don Paolo Busto, direttore della Vita Casalese

Don Gian Paolo Busto, per 40 anni direttore del settimanale diocesano “La Vita Casalese” è stato il fondatore nel 1994, in Piemonte, e precisamente a Casale Monferrato, di un’associazione degli editori dei piccoli giornali locali, la Fipeg (Federazione italiana piccoli editori di giornali). Una Federazione, un tentativo riuscito di superare i campanilismi attraverso un organismo che, nel rispetto dell’autonomia di ognuno, è arrivato soprattutto a superare nei mezzi e nei fini, i limiti, i problemi, “i grandi”. Facendo fronte comune, massa critica. Questo nella più alta accezione del detto “L’unione fa la forza”. Insieme ad altri due attori della editoria locale don Gian Paolo Busto nel 1994 ha posto le basi per un sodalizio che ha affrontato, in un ambito più ampio, i temi della sostenibilità economica dei piccoli giornali, dei rapporti con le istituzioni, dell’ammodernamento dei mezzi tecnici ed operativi. Come? Lavorando nel presente, guardando al futuro.

Oggi in Piemonte le testate della Federazione sono circa 60, voci del variegato pluralismo culturale e storico della società italiana. Giornali periodici locali dalla vita ultracentenaria. Che presidiano il territorio. Che raccontano la vita delle realtà locali, informano, scrivendo così pagine di storia. Che danno voce alle comunità, anche a quelle piccole. Basti pensare che i piccoli comuni sotto i 5.000 abitanti, in Italia, sono 5300 circa e rappresentano il 70% del totale. Bene, solo il Piemonte ne conta oltre 1000, poco meno del 19%.

Sono giornali periodici di informazione locale con uscita almeno settimanale che hanno una penetrazione territoriale ed una fidelizzazione impensabili per i grandi quotidiani, come spiega Pietro Policante, presidente Fipeg: «Rappresentano una diffusione di circa 400.000 copie, con oltre 1.500.000 lettori, più del doppio rispetto a quella di tutti i quotidiani venduti in regione messi assieme. Hanno circa 500 dipendenti». Il numero di giornalisti, nel solo Piemonte, che lavorano nelle testate Fipeg è molto superiore a quello dei collaboratori delle testate dei giornali quotidiani. «Per non parlare delle altre professionalità e dell’indotto – aggiunge Policante – Per un giro d’affari di 50 milioni. Oltre alla importante area delle collaborazioni».

La Fipeg è nata in Piemonte, per la particolare situazione del sistema di informazione in questa regione, caratterizzata da un solo grande giornale quotidiano d’informazione e da numerosi giornali locali. Conta associati nelle regioni confinanti come Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria. Ma anche in Calabria.

La Federazione, come spiega il suo presidente, garantisce rappresentanza e visibilità alle peculiari esigenze e istanze dei giornali periodici di informazione locale.

Non solo. Ha in essere con la Regione Piemonte, Giunta e Consiglio, e con alcune Province, una convenzione per la pubblicazione di pagine di informazione istituzionale, con cadenza pressoché mensile.

E’ stata la prima Federazione di editori ad avere concordato un tariffario per una più trasparente remunerazione dei collaboratori. Inoltre, come precisa il presidente Policante, dopo un lungo percorso di ricerca e approfondimento ha individuato un contratto specifico per questa categoria di editori, titolari di aziende di piccole dimensioni.

Tant’è: mentre tutte le grandi testate giornalistiche ristrutturavano gli organici, licenziando giornalisti e grafici, le testate Fipeg anche grazie al nuovo strumento contrattuale, implementavano i loro organici, nonostante le difficoltà comuni all’area editoriale dovute al costo del personale, della carta, alla contrazione delle vendite, della distribuzione in edicola e in abbonamento, alla precarietà del mercato pubblicitario.

«La Federazione è stata chiamata nel luglio 2006 al Tavolo della editoria, a marzo 2007 alle audizioni della “Commissione Cheli”, incaricata di redigere il Ddl di Riforma della editoria, portando il contributo della propria particolare esperienza – illustra Policante – Già nella primavera del 2000 aveva partecipato al Tavolo per l’Editoria. In Piemonte ha portato un contributo determinante nella fase dello studio ed elaborazione della legge sull’editoria per la informazione giornalistica locale, il primo tra i rari esempi di legiferazione avanzata in campo editoriale nel Paese».

La legge, votata all’unanimità del Consiglio Regionale, è la numero 18 del 25 giugno 2008, tuttora vigente.

«In ventotto anni di attività, la Fipeg si è fatta conoscere per la chiarezza della sua impostazione e la precisa attività editoriale dei suoi associati – afferma Policante sottolineando inoltre – ha contatti diretti a livello nazionale, sia con il mondo politico che istituzionale».

Ovvero contatti con il Ministero delle Comunicazioni, il Dipartimento Editoria alla Presidenza del Consiglio, Poste Spa, Federazione Nazionale Stampa Italiana, Unione Stampa Periodica Italiana, Confapi, la Confederazione italiana della piccola e media industria privata, Autorità per la concorrenza e non solo.

«Dopo anni di insistente e coerente impegno, ha ottenuto pari dignità con i giornali quotidiani per la spedizione in abbonamento postale e nel contempo ha lavorato al consolidamento e alla diffusione di un contratto di lavoro specifico per la editoria periodica locale di informazione, utilizzando le esperienze in essere nel settore – conclude il presidente – Le proprie scelte sono state riconosciute e difese ai vari livelli giurisdizionali e aperto le porte a nuovi accordi di lavoro. Oggi è particolarmente impegnata, presso i propri associati, nella diffusione della tecnologia digitale, considerata determinante a garantire il futuro delle testate e dei livelli occupazionali».

Eugenio Scalfari

Eugenio Scalfari
Eugenio Scalfari

Eugenio Scalfari, uno dei maggiori editorialisti italiani, inizia la sua carriera giornalistica, dopo la laurea in Giurisprudenza, collaborando con Il Mondo e L’Europeo di Arrigo Benedetti. Proprio con Benedetti nel 1955 dà vita alla rivista L’Espresso, settimanale di politica, cultura ed economia.  Un progetto editoriale, il suo, presentato a due importanti imprenditori di quel periodo: Adriano Olivetti ed Enrico Mattei. Conclude l’accordo con il primo. Viene quindi costituita la società editrice Ner (Nuove Edizioni romane): Olivetti è proprietario, lo stampatore Roberto Tumminelli ha invece il 20% delle quote. Il direttore amministrativo è lo stesso Scalfari. Due anni dopo Olivetti cede le azioni a Carlo Caracciolo e in quote minori a Benedetti e allo stesso Scalfari. Motivo? La linea politica del giornale crea problemi al gruppo industriale della proprietà.

Scalfari diventa direttore nel 1963. Un direttore-manager dell’editoria italiana come ricordato in occasione della sua morte. L’anno successivo la tiratura supera le 100.000 copie a numero. E l’innovazione continua: nel 1965 foto e pubblicità passarono a colori. Arrivano anche gli inserti, come quello dedicato al reportage di costume.

Tra le celebri inchieste pubblicate da L’Espresso nel periodo della sua direzione si ricorda quella sui finanzieri del Vaticano, quella sulle “toghe di piombo”. E poi quella sul “Golpe del Sifar”, il servizio segreto delle forze armate, attivo tra il 49 e il 66 e in particolare sul “Piano Solo” redatto dal generale De Lorenzo e la schedatura di centinaia di personaggi politici e dell’economia. Che costò una condanna a 15 mesi a Scalfari, che 5 anni dall’inizio della sua direzione lascia quindi l’incarico perché eletto alla Camera dei deputati tra le fila socialiste.

Nel 1976 fonda, a Roma, il quotidiano La Repubblica, che si colloca nell’area della sinistra laica e riformista. Esce con il formato berlinese: sei colonne invece di nove. Venti pagine. L’Italia sta vivendo gli “anni di piombo”, anzi l’inizio della seconda fase del periodo degli attentati dinamitardi, delle stragi. Le cronache hanno taglio politico. Nel 1978 esce Satyricon, inserto di satira. In quell’anno Repubblica arriva a quota 140.000 copie. Nell’1981 lo scandalo dei finanziamenti della P2 travolge il Corriere della sera. La Repubblica fa un altro scatto in avanti.

Nel 1985 è il secondo quotidiano italiano.

A inizio del 1987 Repubblica lancia il Portfolio, un gioco a premi basato sull’andamento della Borsa. Scatta la gara: il Corriere della Sera esce il sabato con il rotocalco “Sette”. Passano alcuni mesi e Repubblica lancia il “Venerdì” abbinandolo ad “Affari & Finanza”. Repubblica resta in testa alla classifica delle vendite. Primato che “Il Corriere” recupererà solo a fine anni ’80 con il gioco a premi “Replay”. Scalfari lascia la direzione nel ‘96, a 20 anni dalla fondazione di Repubblica. E l’anno successivo, quindi 25 anni fa, nasce repubblica.it, il sito web.

Perchè?

Paolo Busto e Eugenio Scalfari. Perché parliamo di loro? Che cosa ce li fa accomunare? Nessun paragone. Ma il fatto che siano mancati negli stessi giorni ci ha suggerito di ricordare queste due figure che seppure su piani diversi hanno segnato l’editoria, nel grande e nel piccolo, che poi tanto piccolo non è. Tutti dovremmo essere grati a personaggi del genere, soprattutto noi che viviamo nel mondo dell’informazione. Chissà come sarebbe oggi il giornalismo italiano senza la strada aperta da Repubblica, chissà in quali acque si dibatterebbe oggi l’editoria piemontese senza la protezione della Fipeg. Chissà.

Maria Carla Grazioli

 

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