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Confindustria e Cerved: il rapporto sulle piccole e medie imprese

Alberto Biraghi
Alberto Biraghi

IMPRESE Il Rapporto Regionale Pmi 2022, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con Unicredit e Gruppo 24 Ore, analizza gli andamenti e le prospettive delle 160mila società italiane che rientrano nella definizione europea di piccola e media impresa. Tenendo in considerazione il conflitto russo-ucraino e i rincari delle materie prime, lo studio analizza la loro esposizione ai rischi climatici, ambientali e di transizione. «Dal rapporto emerge chiaramente come l’attuale scenario internazionale e gli effetti sui rincari dei prezzi delle materie prime rischiano di interrompere il percorso di ripartenza post pandemico che il sistema produttivo del Paese aveva intrapreso», ha spiegato Remo Taricani di UniCredit Italia. «Le banche giocano un ruolo rilevante per il sostegno all’economia».

La lenta ripresa delle Pmi italiane è stata interrotta dalla pandemia, nel 2020 sono diminuite e hanno visto calare i loro fatturati dell’8,6 per cento. A essere più colpito è stato il centro Italia , ma importanti impatti sui conti economici si registrano anche nelle regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est. Impatti di minore intensità hanno interessato il Mezzogiorno. La diversa intensità degli impatti della pandemia riflette la profonda eterogeneità del nostro tessuto produttivo e le differenti esposizioni delle economie locali. «L’analisi sulle Pmi piemontesi evidenzia una capacità di reazione e ripresa da parte delle nostre imprese migliore rispetto alla media nazionale», ha commentato Alberto Biraghi, presidente della piccola industria di Confindustria Piemonte.

I primi segnali di ripresa post pandemia sono emersi nel 2021. Per le Pmi italiane è prevista una crescita dell’8,1 per cento annui. L’incremento dei ricavi, seppur significativo, non basta però a colmare il gap accumulato rispetto al periodo pre-Covid. A dare impulso al forte recupero dei margini sono le ottime performance del mondo delle costruzioni e dell’industria. I miglioramenti che hanno interessato soprattutto il Sud e decisamente meno il Centro Italia, hanno avuto ricadute significative anche sullo stato di salute delle Pmi.

«Nell’ultimo anno, le Pmi hanno dovuto fronteggiare da un lato le conseguenze della pandemia, e dall’altro un nuovo e inaspettato shock, quello del conflitto in Ucraina», ha spiegato Vito Grassi, presidente del Consiglio delle rappresentanze regionali e vicepresidente di Confindustria. «In base alle nostre previsioni, infatti, il processo di recupero delle Pmi italiane potrebbe subire una battuta d’arresto, con intensità diverse a seconda di come evolverà la situazione geopolitica internazionale e delle risposte europee e nazionali». L’area che crescerà maggiormente rispetto ai livelli pre-Covid è il Mezzogiorno (+3,8%), mentre il Nord-Ovest sarà il più contenuto (+2,4%). Nello scenario peggiore la dinamica di ripresa potrebbe subire un netto arresto.

Incideranno sulle imprese anche alcune tipologie di rischi. Il rischio fisico, associato ai danni generati da eventi metereologici e il rischio di transizione, relativo al processo di adeguamento a un sistema economico a zero emissioni. I dati mostrano come siano poche le aziende ad avere una struttura finanziaria adeguata ad affrontare eventuali investimenti in condizioni di equilibrio finanziario.

Sebbene sia il Centro ad avere le maggiori difficoltà nella ripresa, anche il Nord-Ovest evidenzia un andamento inferiore rispetto alla media nazionale. A fronte delle criticità registrate è necessario pensare ad azioni mirate. Alcuni interventi previsti dalla legge di Bilancio 2022 possono rappresentare delle criticità per le imprese. Occorre creare migliori condizioni per potenziare la struttura finanziaria e rilanciarne gli investimenti, per accompagnare le imprese in un percorso di crescita e di innovazione. «Come Confindustria abbiamo richiesto interventi straordinari in tutto simili a quelli post-pandemia», ha spiegato il presidente Marco Gay. «Chi fa impresa ha bisogno di stabilità e serve anche una visione di politica industriale chiara e condivisa tra istituzioni e imprese».

Elisa Rossanino

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