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Nella vita e nelle opere di Beppe Fenoglio: Canto le armi e l’uomo

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L’INTERVISTA “Canto le armi e l’uomo. 100 anni con Beppe Fenoglio” è la mostra allestita in fondazione Ferrero. L’inaugurazione è in programma per sabato 15 ottobre. Il curatore è Luca Bufano con la collaborazione di Edoardo Borra e Danilo Manassero.

Una mostra su uno scrittore: compito arduo, Bufano?

Nella vita e nelle opere di Beppe Fenoglio: Canto le armi e l’uomo
Luca Bufano

«Abbiamo accolto la sfida lavorando febbrilmente, offrendo qualcosa di nuovo nel panorama delle mostre dedicate a scrittori: normalmente sono costituite da documenti e foto; nel nostro caso ci sono molte parti multimediali, dei video oggetti che tendono a ricreare l’ambiente e la storia. Mio fratello, che per anni ha collaborato con il centro per l’arte contemporanea Pecci di Prato, mi ha dato suggerimenti che Danilo ha messo in pratica. Il visitatore, ad esempio, troverà schermi con immagini proiettate al rallentatore, in grado di coinvolgerlo dal punto di vista emotivo. Oltre alle armi e alla macchina per scrivere, visibili all’ingresso, ci sarà un’uniforme inglese della Seconda guerra mondiale, un radio fonografo, dischi, parti di film che ispirarono lo scrittore. Circa quattrocento materiali esposti, a disposizione di studiosi, appassionati e neofiti».

Che cosa si potrà visitare?

«Ho pensato che non fosse necessario stravolgere la struttura concepita per la mostra di Burri: dunque, le sezioni sono otto perché lo spazio era già suddiviso così. Danilo le ha ridipinte e io ho dato loro un titolo che raggruppasse argomenti omogenei. Alba è Beppe, la sua città con la famiglia, la scuola e gli amici. Parliamo del luogo come di un ambiente umano, non geografico o storico. L’esordio ripercorre le vicende complesse delle prime pubblicazioni, da Appunti partigiani a La paga del sabato fino a I 23 giorni della città di Alba. Il paese è inteso in senso generale: ci sono molti riferimenti a San Benedetto che potrebbero applicarsi a qualsiasi borgo. In una lettera all’amica Giovanna Cresci, Fenoglio definisce i racconti di ambientazione paesana come quelli della “pace apparente”, in cui improvvisamente può emergere una violenza subita, provocata o autoinflitta. Valdivilla è centrale nell’opera fenogliana, rappresenta un momento simbolico sia nella biografia dello scrittore sia nella storia della Resistenza in Langa. Un’imboscata che si trasforma in controimboscata, condizione che può rappresentare meglio di altre l’imprevedibilità della guerra, la precarietà del destino. Salto Epos e Romance, più complesse, per andare direttamente ad Anglofilia, che copre l’intera vita di Fenoglio e la passione per la lingua e la civiltà anglosassoni. La fine e l’inizio ripercorrono gli ultimi giorni di Fenoglio. Charly è il protagonista dell’ultimo racconto, scritto su un quaderno in un letto d’ospedale. Ma si parla anche di inizio: soltanto dopo la morte cominciò la sua grande fortuna letteraria».

E le altre due?

«Penso che siano le più interessanti per uno studioso, Epos e Romance sono dedicate ai due libri più famosi, entrambi postumi, rispettivamente: Il partigiano Johnny e Una questione privata. Molto problematici dal punto di vista editoriale: il primo fu definito dallo stesso Fenoglio, in una lettera, il “libro grosso”, una sorta di grande cronaca dall’entrata in guerra alla Liberazione. È noto che Il partigiano Johnny sia un’opera incompiuta, corretta in parte da Fenoglio in vita e stratificata in tre fasi compositive, di cui la prima nemmeno in italiano. Ne sono state presentate diverse versioni, la prima fu curata da Lorenzo Mondo nel 1968. Dal 1992, è accettata l’edizione curata da Dante Isella, che però non è esaustiva. Ne rimangono fuori alcune parti: nell’esposizione mostriamo ciò che chiamo il rebus filologico. Una vicenda complessa, che cerchiamo di illustrare suddividendo la sezione in tre parti, anche esponendo i dattiloscritti originali».

Qual è l’aspetto interessante di Romance?

«Abbiamo cercato di rimettere in discussione l’intero Una questione privata, presentando documenti in passato trascurati e cercando di fare chiarezza su alcuni aspetti, dal titolo al testo finale. Il lettore e lo studioso troveranno elementi di riflessione. A differenza del Partigiano Johnny, di Una questione privata sparì il dattiloscritto dopo la pubblicazione. In “Canto le armi e l’uomo” presentiamo alcuni fogli superstiti della redazione autografa, mai considerati dalla critica. Diversamente da quanto si crede, furono quattro e non tre le redazioni del romanzo. Dei quattordici capitoli originali, poi, manca l’ultimo. Anche Calvino disse che il romanzo continuava in altre versioni».

La mostra nella sede della fondazione Ferrero (Strada di mezzo 44) sarà visitabile con ingresso gratuito fino all’8 gennaio. Orari: dalle 15 alle 19 nei giorni feriali; 10-19 nei festivi (chiuso il martedì; il 24, 25, 31 dicembre e il 1° gennaio.

 Davide Barile

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