Troppi bambini vivono da poveri pure in Piemonte

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SAVE THE CHILDREN Pensando al Piemonte – o almeno alla nostra zona – l’immagine restituita a livello mediatico è di un territorio in cui l’occupazione si attesta su livelli migliori rispetto al resto d’Italia, l’economia fiorisce o non si spezza durante i periodi tempestosi, l’impresa corre. Eppure, sembra che almeno una parte di cittadinanza resti confinata in un’area di estrema fatica.

È quanto emerge dall’ultimo rapporto di Save the children, pubblicato a inizio novembre, l’Atlante dell’infanzia 2022. Il lavoro descrive una situazione in cui il 17% dei minori fino a 17 anni vive in condizioni di povertà relativa. Sebbene la media italiana sia superiore (il 22%), vuole dire che circa un ragazzino su sei non ha una sufficiente sicurezza materiale, è maggiormente esposto a stress, possibilità di incorrere in malattie fisiche o psicologiche, possiede un minore grado di accessibilità ai servizi medici, culturali e sociali.

Emerge dalla ricerca come in Piemonte per le ragazze la speranza di vivere in buona salute a partire dalla nascita oscilli tra i 59 e i 61 anni, in linea con la media nazionale ma attestandosi su livelli inferiori rispetto a regioni come Toscana, Emilia Romagna o Trentino Alto Adige. La situazione dei maschi migliora leggermente, facendo ipotizzare disparità tra i due sessi. In Piemonte, poi, il tasso di mortalità ogni mille nati vivi si colloca a 2,43 punti, anche in questo caso in linea con la media nazionale ma inferiore rispetto alla maggior parte dei territori del Nord del Paese.

Nella nostra regione, inoltre, esiste un consultorio ogni circa 30-40mila abitanti, collocando il Piemonte tra i territori peggiori in Italia (il limite stabilito dalla legge è uno ogni 20mila abitanti). Questa situazione è chiaramente correlata alla programmazione sanitaria, che negli anni ha disinvestito per queste strutture: se i consultori nel 2014 erano oltre 2.400, oggi sono circa 2.200. Stringendo ancora il focus geografico, viene rilevato come la provincia di Cuneo si collochi in classifica su livelli molto bassi sul fronte degli utenti dei servizi per la prima infanzia (0-2 anni) finanziati dal pubblico: la media di bambini che possono usufruire di agevolazioni o esenzioni nel pagamento della retta varia tra il 6 e il 10%, contro una media regionale del 13% e una media nazionale del 20%.

Potrebbe essere un impedimento alla vita familiare e un fattore disincentivante la natalità: le coppie, già fiaccate da un mondo occupazionale precario e poco remunerativo, da ritmi incalzanti e richieste elevate di produttività, rischiano di trovarsi sempre più sole nella gestione dei figli e dei loro bisogni. La Granda è inoltre l’unica provincia del Settentrione che mostra livelli bassissimi di investimento generale nei servizi per l’infanzia, con una spesa per abitante che oscilla tra i 14 e i 364 euro, a fronte di una media italiana di oltre 960 euro.

 Sara Elide

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