Il libro di Gazzetta sulle osterie della tradizione presentato a Eat parade (Tg2)

Bertello: «Racconto le osterie nei caratteri antichi e nelle versioni d’oggi»

RAI2 Il libro Osterie della tradizione tra Langa, Roero, Monferrato e Tortonese (San Paolo edizioni), scritto da Luciano Bertello e in regalo agli abbonati di Gazzetta d’Alba, verrà presentato venerdì 16 dicembre, nel corso della rubrica del Tg2 Eat parade, condotta da Bruno Gambacorta, a cui abbiamo chiesto di spiegarci il motivo del suo interesse per questa pubblicazione: «Bertello è un vecchio amico. In passato, quando dirigeva l’enoteca di Canale, abbiamo collaborato molto insieme organizzando diverse manifestazioni; ricordo in particolare quella con i cani e i padroni cercatori di tartufo. Nella sua enoteca ho anche presentato il mio libro (Eat parade. Alla scoperta di personaggi, storie, prodotti e ricette fuori dal comune). Quando mi ha detto che aveva pubblicato una specie di atlante delle osterie delle Langhe è stata un’ottima occasione per pianificare la presentazione. Anche perché, nonostante San Paolo edizioni non sia un piccolo editore, si tratta di una pubblicazione di nicchia, quelle che preferisco segnalare perché coprono territori un po’ più piccoli e meno centrali».

La puntata si può rivedere qui: https://www.rainews.it/rubriche/tg2eatparade/video/2022/12/Tg2-Eat-Parade-del-16122022-fee0cd5d-2e57-43d5-98fd-09c699960433.html

Poi ha proseguito: «Se il territorio della provincia di Cuneo è minore dal punto di vista della geografia del potere editoriale sicuramente non è minore dal punto di vista enogastronomico, anzi, quando parliamo di Langa parliamo di una grande capitale mondiale dell’enogastronomia. Immagino che per Luciano non sia stato difficile creare una bella lista di posti in cui mangiare da segnalare. Mi riprometto di utilizzarla sia per spunti di servizi ma anche come viaggiatore la prossima volta che capiterò nelle Langhe, come spero facciano i nostri spettatori molto fedeli alla rubrica dei libri».

Giorgia De Carolis

Bertello: «Racconto le osterie nei caratteri antichi e nelle versioni d’oggi»

L’INTERVISTA Luciano Bertello è l’autore di Osterie della tradizione tra Langa, Roero, Monferrato e Tortonese (San Paolo edizioni), che Gazzetta regalerà ai propri abbonati.

Quali sono le sue fonti di ispirazione nella scrittura?

«Nuto Revelli, che ho frequentato, e Mario Rigoni Stern, che ho letto e conosciuto, sono state figure di riferimento, anche sotto il profilo dello stile narrativo. Localmente stimo lo storico Baldassarre Molino come un gigante della ricerca d’archivio, per serietà e profondità d’indagine, nonché per le qualità umane. Per altri versi, formative sono per me state le amicizie con Nico Orengo e Giovanni Tesio».

ll rapporto con la scrittura gastronomica: quali i passaggi che l’hanno portata a realizzare opere in questo campo?

«Si tratta di un interesse culturale collegato agli studi sulla cultura materiale contadina. Il cibo è un elemento fondamentale della quotidianità, della ritualità e della socialità. Per cui scrivere di cibo è per me un modo per cercare e raccontare l’anima di una civiltà millenaria. In casa, poi, mia mamma e mio papà hanno sempre fatto della tavola l’altare della religiosità e dei valori familiari».

Luciano Bertello

Quali sono le principali difficoltà e quali invece le soddisfazioni legate al processo creativo?

«Cercando l’anima della civiltà della tavola, la difficoltà sta nello spostare il racconto sui contenuti antropologici, sui gesti e sulla memoria. Nel far capire che ogni storia è unica e irripetibile e che merita il massimo rispetto; nell’indurre al racconto, visto che quasi sempre le storie più belle sono nascoste, in quanto ritenute insignificanti. Le soddisfazioni stanno anche solo in una parola, in un sapore, in una suggestione ritrovati e utilizzati come chiave del racconto. Sono felice quando dopo la lettura mi sento dire: “noi siamo proprio così”».

Come è nato il libro sulle osterie?

«È nato da una rubrica tenuta su Gazzetta d’Alba nei due anni di pandemia. L’obiettivo condiviso con la direzione, e grazie anche al contributo di Banca d’Alba, era di sostenere e dare animo ad attività che hanno un ruolo importante per i piccoli paesi non solo a livello economico e turistico, ma anche sociale. Nello specifico si tratta di 55 storie scelte secondo l’unico criterio della narrazione, ovvero della storicità e della fedeltà ai luoghi, nella convinzione che dietro a una storia bella abitino sempre sapori buoni. Un viaggio dal Monregalese al Tortonese, fermandosi soprattutto tra Langa, Roero e Monferrato, sul filo della tradizione di osteria: raccontata nei suoi caratteri antichi e nelle contemporanee interpretazioni. Ovviamente ci sono le ricette e ci sono tutti i piatti identitari legati alla civiltà della tavola tra le colline del vino nel basso Piemonte: dalla carne cruda al vitello tonnato, dal fritto misto al carpione, dai tajarìn alle raviole, dalla finanziera al brasato, dal bonét al mattone. Ma non ci sono giudizi critici o classifiche, giacché il libro si pone come un omaggio a dinastie di osti che hanno fondato la gloriosa cucina tradizionale albese. Esempi di imprenditorialità, di laboriosità, di creatività e di resilienza, di tenace attaccamento ai luoghi e alle tradizioni. Non un libro di nostalgici ricordi, bensì di positività e di fiducia nel futuro».

Dal punto di vista gastronomico, cosa sta accadendo nel nostro territorio e nel panorama internazionale? Perché secondo lei il cibo è diventato così “centrale”?

«In questi ultimi decenni l’enogastronomia albese ha conosciuto una vera e propria rivoluzione economica e culturale, ancora tutta da raccontare. C’è però il rischio concreto di appiattirsi sui contenuti superficiali e facili del ripetitivo, del generico o del folcloristico. O peggio ancora di scadere nell’omologazione turistica. È importante invece affermare i nostri valori culturali attraverso l’approfondimento storico e la contestualizzazione delle ricette, legandole ai luoghi e al paesaggio. Anche con una funzione etica. Il periodo di pandemia ha cambiato molte cose: ha rivalutato il mondo della campagna; ha fatto riscoprire botteghe di vicinato e paesi; ha riportato in tavola il piacere della cucina casalinga e la riscoperta dei territori. Risulta pertanto strategico ripartire con una comunicazione attenta al territorio, alla sua cultura, alla sostenibilità ambientale, alle atmosfere agresti o storiche».

Tornando al libro, può indicare una delle storie di famiglia che più l’ha colpita?

«Mi è pressoché impossibile sceglierne una. Sono storie di fatiche, di speranze, di sacrifici, di passione. Storie di sapori e di saperi che si pongono come patrimonio ereditario di stupende famiglie di osti. Tante storie che insieme compongono il racconto bello di terre e di tempi di malora rivoltati in miti e, proprio grazie all’enogastronomia, elevati a motore di sviluppo economico e di turismo internazionale. Se proprio devo scegliere, direi una di quelle che sono rimaste fuori da questo primo lavoro e quindi ancora da raccontare».

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