Ultime notizie

Anche sull’Imu non si ragiona più con la lucidità necessaria quando c’è di mezzo la Chiesa cattolica

Dai vescovi: sulla solidarietà non si può tornare indietro
Don Gigi Alessandria tra le volontarie della Caritas albese in via Pola.

LETTERA AL GIORNALE Cari colleghi di Gazzetta, mi riferisco al servizio a pagina 12 del numero di martedì 7 marzo, con richiamo in prima dal titolo “Imu alle parrocchie: Ferrero inflessibile”, dove Ferrero (Bruno) è l’assessore al bilancio del Comune di Alba. Il quale, se interpreto bene la cronaca consiliare appunto di pagina 12, non mi sembra poi così inflessibile.

Semplicemente, nel registrare i timidi segnali (troppo timidi e incerti, a mio avviso) di un mutamento di rotta nella normativa nazionale, dichiara di non poter prevedere quanto essi incideranno sulle future regole tributarie locali; dicendosi peraltro convinto che le agevolazioni – cioè le esenzioni dal pagamento dell’imposta sulle proprietà immobiliari ­– «vadano molto limitate, così da mantenere gli equilibri economici dell’ente».

Non conosco l’assessore, ma penso di poter escludere trattarsi di un emulo di Pannella: è un amministratore cui tocca far quadrare i conti di un Comune, impresa di anno in anno più ardua con questi chiari di luna.

Credo anche di poter scommettere che, non solo ad Alba, la prassi delle agevolazioni continuerà, indipendentemente dall’attendibilità dell’esclusione dei «fini commerciali» cui Ferrero accenna (ma non ho capito perché quel «documento formale» alla Curia non sia più richiesto). Il punto vero però, secondo me, è un altro: è che con il diritto all’esenzione dall’Imu le attività sociali della galassia cattolica – richiamate nell’interrogazione consiliare Pd ­– non c’entrano un accidente. Se è vero, com’è, che le strutture (non solo le parrocchie) facenti capo alla confessione religiosa largamente maggioritaria anche nell’Italia multiculturale di oggi svolgono un’opera preziosa, integrativa se non sostitutiva di quella istituzionale della Repubblica, le si finanzi: per progetti e, va da sé, con rendicontazione all’ultimo centesimo. Si dirà che il risultato non cambia, ma non è così: perché i capitoli di entrata/uscita sono diversi e, soprattutto, perché non c’è solo l’esigenza di mantenere gli equilibri di bilancio. È una questione di principio: non si vede perché, in un Paese che ha tassi di evasione fiscale (e di elusione) clamorosi, ciò cui deve sottostare ogni cittadino – battezzato o no, credente o no, praticante o no – sia sistematicamente perdonato al detentore del più grande patrimonio immobiliare d’Italia.

Il nocciolo del problema insomma si chiama Concordato, che nonostante gli “aggiustamenti” dell’era Craxi-Ca-
saroli resta come un macigno sulla strada di un rapporto corretto tra uno Stato sedicente laico e una Chiesa in rapida (e, mi pare, ancora indeterminata) evoluzione.

Non scorgo nelle forze politiche – né di destra né di sinistra né di centro – il minimo segnale di volerlo affrontare; tanto che con un pizzico di malizia si potrebbe vedere nel gruppo consiliare pidino la reincarnazione del Pci di Togliatti, che il 25 marzo 1947 in Assemblea votò per l’inserimento in Costituzione dei Patti lateranensi. E sull’altra sponda del Tevere? Non vi è dubbio che da quando si è insediato il Papa gesuita abbia cominciato a dire e fare cose interessanti, suscitatrici di autentici entusiasmi anche tra i miscredenti.

Ma alla sua penso tormentata consapevolezza manca un tassello: l’essere, in quanto vescovo di Roma, a capo di una monarchia assoluta, che come ogni Stato moderno tratta consistenti affari materiali godendo, nella fattispecie, di privilegi (non mi riferisco naturalmente solo alle esenzioni fiscali) incompatibili con la convivenza all’interno della Repubblica democratica. Papa Francesco, anche a nome del santo eponimo, ne prenda atto: dichiari che il Vaticano d’ora in poi pagherà l’Imu e magari si appresti a ordinare alla Segreteria di Stato di denunciare unilateralmente il Concordato. Gliene saranno grati sia gli atei, gli agnostici e i praticanti altri culti, sia i veri cristiani.

Grazia Novellini, Bra

Gentile Novellini, Gazzetta si è limitata a fare la cronaca di quanto avvenuto in Consiglio comunale, senza giudicare nessuno, tantomeno indicare come emuli di Pannella gli attuali amministratori. Dalla sua lettera però, vedo che Pannella di emuli ne ha lasciati tanti e scattano a prescindere, con una sorta di riflesso condizionato quando si parla di Chiesa cattolica, elencando una serie di luoghi comuni che non corrispondono alla realtà.

Provo a essere sintetico. Come al solito si confonde lo Stato Vaticano (libero e sovrano, che ha un Concordato con un altro Stato libero e sovrano, per regolare le questioni pratiche o di principio che siano) con le realtà cattoliche italiane, che operano nel territorio italiano e che rispettano le leggi italiane. Queste realtà cattoliche dovrebbero avere gli stessi diritti e doveri di altri enti e associazioni senza scopo di lucro, ma evidentemente il riflesso a prescindere obnubila e si finisce con l’allacciarle ai fantomatici e segreti tesori del Vaticano ecc. ecc.

Lei vorrebbe abolire il Concordato? Opinione rispettabile la sua, ma il problema delle realtà cattoliche che operano in Italia rimarrebbe tale e quale, con o senza Concordato, anzi, forse si complicherebbe. Se poi caliamo il discorso dai massimi sistemi alla realtà dell’Albese (ma anche del suo territorio braidese), bisognerebbe verificare quante risorse vengono erogate a livello pubblico e con quali criteri, anche “con questi chiari di luna”. E bisognerebbe chiedere alle strutture pubbliche perché quando ci sono le grane dei poveri che non arrivano a fine mese col cibo, o degli extracomunitari che dormono sotto i ponti del Tanaro, o dei disagiati sociali che nessuno vuole, gli stessi enti pubblici li scaricano alle porte delle Caritas parrocchiali.

Già oggi, se lo Stato e le Amministrazioni locali dovessero subentrare con dei loro dipendenti al lavoro sociale e culturale svolto quasi sempre dal volontariato della Chiesa italiana, andrebbero davvero in default. E allora, non facciano gli spilorci con i poveri cristi e con chi si impegna a sollevarne le sorti, semmai dovrebbero essere un po’ più esigenti con chi quei poveri cristi magari li sfrutta, anche nelle nobili terre patrimonio Unesco.  

g.t.

Banner Gazzetta d'Alba