Bulimia e anoressia: aumentano i pazienti e la sanità non ce la fa

Bulimia e anoressia: aumentano i pazienti e la sanità non ce la fa

ALIMENTAZIONE «Quando si vede la propria figlia ammalarsi di una patologia così subdola, da mamma ci si pone sempre la stessa domanda: che cosa ho sbagliato? Oggi, ai genitori nella mia stessa situazione, dico prima di tutto che i figli possono guarire». A parlare è Maura Acconci, una mamma che dal 2009 al 2018 ha visto la figlia ammalarsi e combattere contro l’anoressia.

Dal 2019 è anche la presidente dell’associazione A-fidati, nata a Cuneo lo stesso anno da una quindicina di genitori che hanno vissuto direttamente lo stesso dramma. Oggi è una realtà radicata in tutta la provincia, di cui fanno parte anche mamme della zona di Alba e Bra: ha all’attivo molte iniziative per sostenere le famiglie in lotta con i disturbi alimentari e collabora con le aziende sanitarie locali. «Ricordo che, nelle prime fasi della malattia di mia figlia, speravo di incontrare per strada la madre di una ragazza che soffriva della stessa patologia, per potermi confrontare con lei e sentirmi meno persa. Purtroppo, attorno all’anoressia, alla bulimia e agli altri disturbi del comportamento alimentare, esiste ancora uno stigma molto pesante, sebbene se ne parli di più rispetto ad alcuni fa: quando accade, ci si sente soli e non si sa come affrontare questo mostro», racconta Acconci. Così, insieme ad altri genitori, «è nata l’idea dell’associazione. Per noi non è semplice, perché ogni volta è come rivivere lo stesso dolore, ma cerchiamo di fare la nostra parte».

La giornata di oggi (mercoledì 15 marzo), come ogni anno, sarà dedicata alla sensibilizzazione sui disturbi dell’alimentazione e della nutrizione: il simbolo è un fiocchetto lilla, scelto per rappresentare questo insieme di patologie accomunate da una grave alterazione della relazione con il cibo. Il lilla è individuato anche per identificare, nei Pronto soccorso italiani, un percorso di presa in carico specifico per le persone che ne soffrono.

«Fino a pochi anni fa non esistevano linee guida ad hoc: se una ragazza malata di anoressia si presentava con una debolezza enorme, dovuta a livelli di potassio al minimo, si trovava ad aspettare per ore prima di essere visitata, con rischi enormi per la propria salute». Qualche passo in avanti è stato fatto, eppure i dati continuano a essere preoccupanti.

Secondo l’ultimo rapporto compilato dal Ministero della salute, relativo al 2022, in Italia soffrono di patologie alimentari circa 3 milioni di persone, 2,3 sono adolescenti. Si contano 4mila decessi all’anno: anoressia e bulimia sono la seconda causa di morte tra i giovani, dopo gli incidenti stradali.

La pandemia ha segnato una vera e propria impennata dei casi, con un incremento del 40 per cento rispetto al 2019, ma la crescita si registrava già da anni, in un contesto di generale aumento delle forme di disagio psicologico, che riguardano ragazze e ragazzi molto giovani. Negli anni, infatti, si è abbassata di molto l’età media di insorgenza, con un 30 per cento dei casi riscontrati tra chi ha meno di 14 anni. In Piemonte, secondo dati forniti dalla Regione lo scorso anno, si stima ne soffrano 200mila persone, con una media di 260 nuovi casi di anoressia e 450 di bulimia all’anno. Una fotografia completa solo in parte, visto che rimane un sommerso elevato.

Tra i servizi che ha attivato A-fidati, c’è un punto di ascolto telefonico a cui risponde sempre un genitore dell’associazione, per chiunque abbia bisogno di supporto (tutti i riferimenti sono disponibili sul sito Internet www.a-fidati.com): «Abbiamo visto aumentare le chiamate giorno per giorno. Negli ultimi mesi, la maggior parte delle richieste riguardano bambine anche di 10 o 12 anni, già ricoverate o prossime a questo passo. A contattarci sono quasi sempre le mamme, da tutta la provincia e non solo: ci chiedono supporto, perché non sanno come comportarsi e cosa aspettarsi. Parliamo di percorsi sempre lunghi, che di riflesso riguardano intere famiglie, in un sistema sanitario ancora lacunoso».

I problemi investono tutte le fasi: «I posti letto sono pochissimi: le pediatrie, anche nel Cuneese, hanno fatto sforzi enormi, ma mancano reparti dedicati. Se la presa in carico è a livello ambulatoriale, ci si scontra con risorse limitate: tempi dilatati tra gli appuntamenti e poca continuità con i diversi professionisti, con effetti negativi sul percorso». C’è poi la fase riabilitativa, successiva al ricovero e fondamentale per un corretto ritorno alla normalità: «In Piemonte, siamo sprovvisti di strutture: le famiglie sono costrette a spostarsi in altre regioni, in particolare Veneto e Umbria, dove le liste di attesa sono molto lunghe». Proprio perché esasperati, padri e madri ricorrono spesso a strutture private, «con costi esorbitanti: abbiamo incontrato genitori che sono stati costretti a vendere casa, pur di potersi permettere un centro specializzato a pagamento».

A-fidati propone anche un gruppo di mutuo aiuto on-line: «Per i familiari il carico da portare è enorme. È come essere sulle montagne russe, con qualche spiraglio di luce e molte ricadute. Si finisce per trascurare tutto, assorbiti dalla malattia, di fronte a ragazze che si autodistruggono: nelle prime fasi, sono molto forti, perché controllare la fame è una sfida vinta. Poi, ogni volta, arriva il crollo».

Per questo, sarebbe fondamentale agire da subito: «Puntiamo sulla prevenzione, anche nelle scuole: gli insegnanti, sono le prime sentinelle. Da genitori rendersi conto del problema è molto più difficile: si preferisce non prenderne coscienza, in modo inconsapevole, quando invece agire precocemente è essenziale. Il nome della nostra associazione parte proprio da qui, per spingere le famiglie ad affidarsi ai professionisti e a chiedere aiuto, senza paura». 

Sinergie sociali propone un centro riabilitativo al Santo Spirito di Bra

L'osteria sociale Magna Neta ha festeggiato i suoi primi 5 anni
Gian Piero Porcheddu

«Sono passati almeno dieci anni da quando abbiamo proposto per la prima volta il progetto: nessuna tra le Amministrazioni regionali che si sono succedute lo ha messo in dubbio, ma per ora rimane solo su carta, per la lentezza legislativa». Gianpiero Porcheddu, direttore del consorzio Sinergie sociali di Alba, parla del centro riabilitativo per ragazze e ragazzi minorenni affetti da disturbo del comportamento alimentare. Il Piemonte ne è del tutto sprovvisto. «Se la pandemia ha acceso i riflettori su queste patologie, come consorzio abbiamo iniziato ad approfondire il tema da un decennio, quando ci siamo trovati ad affrontare alcuni casi all’interno della comunità per minori di Scagnello, parte delle nostre strutture. Non eravamo pronti e abbiamo avviato una formazione specifica: siamo stati a Portogruaro, in Veneto, dove  è attivo uno dei centri riabilitativi più importanti in Italia. Passo dopo passo, i nostri professionisti si sono specializzati».

Da qui, l’idea di attivare un centro terapeutico ed educativo in provincia di Cuneo, in convenzione con le aziende sanitarie: «Avevamo individuato i locali all’interno del castello di Dogliani, un paese piuttosto dinamico, a poca distanza dall’ospedale di Mondovì, così da garantire la giusta assistenza sanitaria. Fino a poco più di un anno fa, mancava il decreto regionale: poi la misura è stata promulgata, ma di fatto siamo ancora fermi, in attesa delle parti attuative, necessarie per fornire indicazioni chiare sul numero dei centri, la loro distribuzione e su ulteriori dettagli. Dopo parecchi anni, abbiamo così deciso di rinunciare all’idea del castello, da noi affittato preventivamente, che rappresentava un costo eccessivo».

Il consorzio ha iniziato a rivedere il progetto: «Si deve partire dal presupposto che il contesto urbano è il migliore per un centro di questo tipo, onde evitare l’isolamento per i pazienti; ci siamo focalizzati su Alba e Bra. Nei progetti per le case di comunità, abbiamo ipotizzato uno spazio all’interno dell’ex nosocomio Santo Spirito di Bra, una soluzione piuttosto rapida, dal momento che la struttura  è attiva. Vogliamo ripresentare il disegno anticipato all’Asl, sperando nello sblocco della situazione. In cantiere, c’è anche la ristrutturazione di una cascina a metà strada tra Alba e Bra, di nostra proprietà, ma in questo caso i tempi si dilaterebbero.

Tra le ipotesi, abbiamo anche pensato all’attivazione di un centro diurno, ma su questo fronte la normativa  è ancora più carente». Prosegue Porcheddu: «Senza strutture riabilitative, in grado di fungere da raccordo tra l’ospedale e la vita quotidiana, il percorso non può essere completo. Abbiamo stimato la presenza di circa cento ragazze e ragazzi piemontesi costretti a rivolgersi a strutture fuori regione: è un esempio di mobilità passiva pesante per le famiglie e per le casse regionali, a cui si potrebbe porre rimedio ponendo fine ai tanti ritardi burocratici».

Al Ferrero si curano i disturbi nutritivi

Bulimia e anoressia: aumentano i pazienti e la sanità non ce la fa 1
Cloè Dalla Costa

«Sono passati almeno dieci anni da quando abbiamo proposto per la prima volta il progetto: nessuna tra le Amministrazioni regionali che si sono succedute lo ha messo in dubbio, ma per ora rimane solo su carta, per la lentezza legislativa». Gianpiero Porcheddu, direttore del consorzio Sinergie sociali di Alba, parla del centro riabilitativo per ragazze e ragazzi minorenni affetti da disturbo del comportamento alimentare. Il Piemonte ne è del tutto sprovvisto. «Se la pandemia ha acceso i riflettori su queste patologie, come consorzio abbiamo iniziato ad approfondire il tema da un decennio, quando ci siamo trovati ad affrontare alcuni casi all’interno della comunità per minori di Scagnello, parte delle nostre strutture. Non eravamo pronti e abbiamo avviato una formazione specifica: siamo stati a Portogruaro, in Veneto, dove  è attivo uno dei centri riabilitativi più importanti in Italia. Passo dopo passo, i nostri professionisti si sono specializzati». Da qui, l’idea di attivare un centro terapeutico ed educativo in provincia di Cuneo, in convenzione con le aziende sanitarie: «Avevamo individuato i locali all’interno del castello di Dogliani, un paese piuttosto dinamico, a poca distanza dall’ospedale di Mondovì, così da garantire la giusta assistenza sanitaria. Fino a poco più di un anno fa, mancava il decreto regionale: poi la misura è stata promulgata, ma di fatto siamo ancora fermi, in attesa delle parti attuative, necessarie per fornire indicazioni chiare sul numero dei centri, la loro distribuzione e su ulteriori dettagli. Dopo parecchi anni, abbiamo così deciso di rinunciare all’idea del castello, da noi affittato preventivamente, che rappresentava un costo eccessivo».

Il consorzio ha iniziato a rivedere il progetto: «Si deve partire dal presupposto che il contesto urbano è il migliore per un centro di questo tipo, onde evitare l’isolamento per i pazienti; ci siamo focalizzati su Alba e Bra. Nei progetti per le case di comunità, abbiamo ipotizzato uno spazio all’interno dell’ex nosocomio Santo Spirito di Bra, una soluzione piuttosto rapida, dal momento che la struttura  è attiva. Vogliamo ripresentare il disegno anticipato all’Asl, sperando nello sblocco della situazione. In cantiere, c’è anche la ristrutturazione di una cascina a metà strada tra Alba e Bra, di nostra proprietà, ma in questo caso i tempi si dilaterebbero. Tra le ipotesi, abbiamo anche pensato all’attivazione di un centro diurno, ma su questo fronte la normativa  è ancora più carente». Prosegue Porcheddu: «Senza strutture riabilitative, in grado di fungere da raccordo tra l’ospedale e la vita quotidiana, il percorso non può essere completo. Abbiamo stimato la presenza di circa cento ragazze e ragazzi piemontesi costretti a rivolgersi a strutture fuori regione: è un esempio di mobilità passiva pesante per le famiglie e per le casse regionali, a cui si potrebbe porre rimedio ponendo fine ai tanti ritardi burocratici».  

Nel territorio dell’Asl Cn1 sono 250 i ragazzi presi in carico

Il Centro per i disturbi del comportamento alimentare di Cuneo è un punto di riferimento per i pazienti maggiorenni: una sorta di day hospital, dove si propongono diverse attività, come il pasto assistito, un servizio fondamentale per chi soffre di anoressia. Ambulatori sono attivi anche a Saluzzo e Mondovì con 250 pazienti totali. I ricoveri nel capoluogo sono stati 22 nel 2022 in psichiatria e altri 60 in pediatria. Francesco Risso è il direttore del Dipartimento di salute mentale dell’Asl Cn1: «Il numero dei nuovi casi è sempre molto elevato: le ragazze sono le più colpite, soprattutto se molto giovani, ma anche i ragazzi, che hanno la caratteristica di risultare da subito gravi. Esistono una serie di tratti in comune tra i pazienti: vulnerabilità, ma anche personalità ossessionate dalla perfezione. Le giovani affette da questi disturbi spesso sono le migliori della classe e pretendono molto da sé stesse: la magrezza poi subisce l’influenza del contesto sociale, ma il discorso è più ampio». L’approccio deve essere mirato, «i luoghi dedicati: i reparti di psichiatria e le pediatrie non sono l’ideale per la gestione di pazienti molto complessi ed esposti a rischi, basti pensare all’ideazione suicidaria».

Anche a Cuneo mancano strutture residenziali riabilitative: «La situazione è critica, c’è un urgente bisogno di centri. Deve essere cambiata anche la concezione di questi spazi: occorre che siano in contesti urbani, vicini ai servizi, proprio perché parliamo di ragazze e ragazzi con ottimi risultati scolastici non si può certo pensare di isolarli in paesi dove non ci sono scuole superiori o attività». È poi fondamentale la vicinanza di ospedali con Pronto soccorso: «Le emergenze sanitarie sono molto frequenti. Ci auguriamo che la Regione, avendo messo mano alla materia, implementi finalmente la rete di servizi, perché la situazione è piuttosto grave: dal mio punto di vista, il settore pubblico potrebbe davvero fare la differenza in questa delicatissima partita».  

Francesca Pinaffo

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