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Il decalogo di Coldiretti per avere meno cinghiali e più agricoltura

Peste suina africana, la Regione Piemonte: «servono l'attenzione dell'Europa e una nuova legge nazionale  per il contenimento della fauna selvatica»

ALLEVAMENTO Meno cinghiali più agricoltura: alle imprese agricole serve poter lavorare e riprendere, in condizioni di sicurezza e basso rischio, l’attività di allevamento e macellazione dei suini nelle aree soggette a restrizione. È quanto Coldiretti Piemonte ha espresso al governatore, Alberto Cirio, che insieme al commissario straordinario alla peste suina africana, Vincenzo Caputo, collegato in video conferenza come anche il vicepresidente Fabio Carosso e l’assessore regionale all’agricoltura Marco Protopapa, hanno incontrato una rappresentanza di suinicoltori piemontesi con i presidenti e i direttori di tutte le federazioni provinciali, presso la sede di Coldiretti Piemonte.

«Torniamo sulla questione abbattimenti dei cinghiali perché sono ancora totalmente insufficienti, anche in zona buffer e in quella infetta: nello scorso anno sono arrivati a superare appena i 25mila, quando l’obiettivo era quello di raggiungere i 50mila mentre i casi di peste dei cinghiali aumentano e sono arrivati a 440 in Piemonte, come riporta il bollettino epidemiologico nazionale del 6 giugno», evidenziano Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa delegato confederale.

«A fronte di questo scenario, in cui non possiamo che rilevare come le misure adottate fino a ora siano state insoddisfacenti, abbiamo presentato al governatore Cirio e al commissario Caputo un decalogo delle azioni prioritarie, costituendo una Commissione permanente e periodica di monitoraggio per salvaguardare le nostre imprese suinicole a rischio. È urgente incrementare il livello di sicurezza, avvalendosi anche delle forze armate e delle forze dell’ordine per il depopolamento, affinché la problematica venga limitata e non si estenda ulteriormente andando a creare una paralisi anche delle attività ludico-ricreative e dell’indotto a esse collegato nelle aree soggette a restrizioni come anche va portato avanti il discorso, che già aveva trovato una apertura da parte del commissario Caputo durante l’incontro dell’8 maggio ad Alessandria, per attivare una filiera no food che permetta di valorizzare la carne di cinghiale. Insomma vanno messe in atto tutte le azioni possibili, le energie e le risorse disponibili per eradicare il virus, tutelare la nostra suinicoltura e mettere in sicurezza il nostro territorio. Il Piemonte – ricordano Moncalvo e Rivarossa – vanta uno dei più importanti e variegati patrimoni in ambito agroalimentare. Produzioni di qualità che rappresentano un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale, costituendo anche una componente essenziale dell’identità culturale e territoriale. È a rischio l’intero comparto e la filiera suinicola piemontese che conta circa 3mila aziende, un fatturato di quasi 400 milioni di euro e 1 milione e 200 mila capi destinati, soprattutto, ai circuiti tutelati delle principali Dop italiane per la preparazione della miglior salumeria nazionale, come il prosciutto di Parma e San Daniele».

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