Ultime notizie

Alberto Cirio pronto per il bis in Regione

Reduce dal cantiere dell’ultimo lotto dell’autostrada del tartufo, il centrodestra piemontese punterà ancora su di lui

Il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio sull’approvazione del disegno di legge sull’autonomia differenziata

L’INTERVISTA Reduce dal cantiere dell’ultimo lotto dell’autostrada del tartufo, come si chiamerà l’A33 di cui si vagheggia da oltre trent’anni, il presidente della Giunta regionale Alberto Cirio fa tappa a Gazzetta d’Alba. Nato nel 1972, vicesindaco di Alba a soli 22 anni, è passato per il Parlamento europeo per diventare presidente della Giunta regionale piemontese nel maggio 2019. Il centrodestra punterà ancora su di lui.

Cirio, sarà ricandidato dal centrodestra al Governo regionale con il beneplacito di Giorgia Meloni. Vero?

«Al momento ho dato la mia disponibilità, ma il vertice nazionale deve ufficializzare i candidati per le quattro regioni che vanno al voto: Sardegna, Abruzzo, Basilicata e Piemonte. Meloni – che stimo molto per la sua schiettezza – è stata a Torino per la Conferenza delle regioni e ha risposto a chi le chiedeva un giudizio: “Il presidente Cirio ha lavorato molto bene e ha la mia stima”. Per me sono state parole gratificanti e importanti».

Che cosa ritiene di aver portato al Piemonte in anni durissimi, che hanno visto il mondo intero alle prese con la pandemia da Covid-19, di cui lei è stato peraltro una tra le prime vittime?

«Questi quattro anni e mezzo sono stati molto complessi, forse i più difficili della mia vita. Facevo il presidente da pochi mesi quando nel febbraio 2020 è arrivato il Covid-19. Visto che la sanità è un settore di competenza regionale, mi sono trovato in trincea a gestire l’emergenza, con l’organizzazione che esisteva in quel momento. Ho avuto grandi soddisfazioni dagli ospedali, ma anche la dimostrazione delle carenze e dei tagli che la sanità pubblica ha subito negli ultimi quindici anni. In Piemonte non esisteva la medicina territoriale, i servizi che curano le persone prima che si aggravino e finiscano in corsia. Il mio rapporto con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è nato proprio in quel periodo: mi è stato vicino durante la mia breve malattia, ma anche in tutte le difficili decisioni che ho dovuto assumere durante la pandemia. In questo particolare contesto ho avuto la soddisfazione di vedere riconosciuto al Piemonte il merito di essere tra le regioni che meglio hanno gestito le vaccinazioni, con la sua organizzazione sabauda».

I cento anni di Roberto Ponzio, re del tartufo di Alba 7La sanità vive ancora un momento difficile e a essere in impasse sono proprio i servizi territoriali. Lei ha aperto l’ospedale unico di Verduno, ma occorre andare oltre. Che cosa pensa di fare?

«Lei ha detto bene. Noi abbiamo aperto il Ferrero, dopo aver ereditato un cantiere bloccato, senza fondi e con un grave contenzioso aperto. Dal giugno 2020, anche grazie al lavoro della fondazione Ospedale, abbiamo nell’Albese-Braidese un’altra eccellenza, come possono testimoniare tutti gli assistiti. La Regione ha poi deciso di non vendere – come era invece stato previsto – gli ex ospedali di Alba e Bra: con 44 milioni di euro già ottenuti li trasformeremo in case della comunità, cioè il luogo per i nostri servizi territoriali. Si tratta di un passaggio storico, che ci permetterà pure di riqualificare importanti aree cittadine, oltre a fornire ai residenti la medicina di prossimità da tutti richiesta».

Anche la riapertura della ferrovia Alba-Asti è stata una notizia insperata.

«Sono orgoglioso di questo: il tratto era fermo da oltre un decennio, nonostante le diverse dichiarazioni di soli intenti. Ora viaggiamo di nuovo su Asti, ma io voglio guardare ancora avanti. Gli amministratori sono stati presi in giro per molti anni, affermando che la ferrovia non poteva riaprire e che occorrevano decine di milioni per intervenire sulla galleria. Chi ha governato prima di me evidentemente non ha verificato. Pensi che è stato il macchinista del treno a vapore, durante un viaggio turistico, a dirmi che non c’erano problemi a passare, evitando l’alta velocità. Così, ho chiesto a Rfi di certificarmi la sicurezza e oggi l’Alba-Asti funziona. Siamo pronti a incrementare le corse, se a fine anno risulteranno utilizzate».

Come stanno andando le ipotesi sull’idrogeno?

«Il progetto nazionale sperimentale sull’idrogeno ci ha permesso di salvare la tratta ferroviaria Alba-Asti. Quando il ministro Roberto Cingolani fece per il Governo di Mario Draghi il censimento delle ferrovie potenzialmente interessate, segnalai proprio quella dei nostri territori Unesco, che non poteva essere elettrificata per via della galleria ed era allora ferma. Oggi il Piemonte è tra le cinque regioni candidate a ottenere i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per l’idrogeno. In questo momento stiamo attendendo dal Ministero le regole per lo stoccaggio. Le rotaie infatti non devono essere sostituite e i mezzi li facciamo noi piemontesi a Savigliano. In tema di trasporti, ricordo anche che stiamo per aprire il passante di Porta Susa, che potrà portare gli albesi direttamente all’aeroporto di Caselle. La stazione di Alba avrà così un nuovo valore sia verso Asti che rispetto a Torino».

I frutti si raccolgono solo lavorando bene,  giorno dopo giorno

Presidente Cirio, abbiamo basato la società sul trasporto su gomma. Ora si sta cambiando opinione?

«È così. Un’altra opera bloccata quando sono arrivato era il Tav, il treno ad alta velocità, ma si sta oggi lavorando, con un orizzonte di sette anni. Da Lisbona a Kiev tutte le merci viaggeranno su rotaia su questa grande direttrice. Con il traforo del Frejus chiuso e il Monte Bianco necessitante d’interventi è emersa la grande fragilità dei sistemi infrastrutturali del Piemonte».

Come vede Alba, la sua città, lei che ha fatto nascere l’ente Fiera internazionale del tartufo bianco?

«Alba io la metto ovunque, ne sono innamorato, tanto che c’è chi ironizza a Torino. Peraltro, quando vedo i successi turistici della città non posso che ricordare il grande lavoro del passato. L’ente Fiera, per esempio, è nato quando ero in Comune e immaginavo le grandi potenzialità dell’area: l’ho presieduto per dieci anni. Non avevamo un soldo e per questo utilizzammo il palazzo di piazza Medford; per iniziare, il presidente dei commercianti albesi, il compianto ragionier Drocco, mi diede tre scrivanie e altrettanti computer. Oggi l’ente Fiera – che fa da collante in maniera professionale alle nostre tipicità – dà lavoro a una decina di persone, creando un’economia straordinaria, con un indotto da 150 milioni di euro».

L’Albese ha mostrato la sua capacità attrattiva a livello enogastronomico, ma il visitatore pare sempre più orientato a natura e cultura. Come ci si deve evolvere?

«Penso sia un’evoluzione naturale, che fa già parte del nostro brand. Quando promuoviamo il Piemonte attraverso i suoi prodotti, parliamo di natura e sostenibilità – elementi imprescindibili per tartufo e vini –, oltre che di cultura. Sono anche impegni che fanno parte delle manifestazioni importanti: le Atp finals in corso a Torino sono organizzate in modo da essere sostenibili e rispettose dell’ambiente. Per quanto riguarda gli elementi culturali, l’evoluzione passa dalla cultura materiale ed enogastronomica a un sapere più ampio, attraverso Pavese, Fenoglio, Gallizio, Arpino e Coppino, tanto per citare, una linea che sta pienamente nel solco della candidatura del nostro territorio a Capitale della cultura».

Se le imprese non trovano manodopera, non le pare il caso d’inserire a pieno titolo il lavoro dei migranti?

«Il nostro territorio da sempre è consapevole della necessità di aprirsi a manodopera straniera. Questo non può prescindere da una regolamentazione a monte, che condivido pienamente. Sarebbe auspicabile individuare quote di persone che corrispondano alle reali necessità del mercato del lavoro italiano, per poi aprire a un’immigrazione regolamentata sulle necessità del Paese. È peraltro una posizione ben chiara anche al nostro Governo, che sta andando in questa direzione; ma non dobbiamo dimenticare che l’Italia non dev’essere lasciata sola dall’Europa».

Che cosa farà subito, se diventerà di nuovo governatore?

«Se i piemontesi dovessero riconoscermi la loro fiducia porterò a termine il lavoro iniziato. È un valore in cui credo molto – portare a conclusione le cose – e l’ho messo in pratica per l’ospedale di Verduno, l’Asti-Cuneo, il grattacielo della Regione. Finire ciò che si è iniziato è un valore che chi viene da una cultura contadina come la mia conosce bene, perché i frutti si raccolgono soltanto lavorando giorno per giorno». 

Maria Grazia Olivero

Banner Gazzetta d'Alba