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Cia Cuneo: «Vendemmia buona, ma futuro difficile per affrontare al meglio i cambiamenti climatici»

brindisi vino
Foto di repertorio

NELLE VIGNE Il presidente provinciale della Cia agricoltori italiani Claudio Conterno, nonché titolare, con Guido Fantino, di un’azienda vitivinicola biologica a Monforte traccia un bilancio della stagione produttiva 2023. Ricordando i territori che hanno subito i danni devastanti delle grandinate 

La vendemmia si è conclusa a metà ottobre. Ora, le aziende stanno effettuando gli interventi di preparazione dei filari e dei terreni alla prossima annata e in cantina stanno procedendo con le operazioni che porteranno il vino all’affinamento.

Come è andata la stagione produttiva 2023 nella Granda?

Claudio Conterno, presidente provinciale di Cia Cuneo, dice: «Le grandinate che hanno colpito alcune zone del territorio, purtroppo hanno provocato gravi danni alle produzioni. Ma anche per le altre aree, dove, per fortuna, la produzione si è salvata, è stata un’annata molto difficile dal punto di vista climatico e agronomico. Le piogge intense di maggio e di inizio giugno hanno aiutato, provocando però dei problemi sotto l’aspetto fitosanitario. Abbiamo dovuto prestare parecchia attenzione al maggiore sviluppo delle patologie fungine, come la peronospora e l’oidio. E anche il mal dell’esca e la flavescenza dorata hanno continuato a colpire in modo “pesante” i vigneti. Sono stati necessari interventi adeguati e costosi. Nel complesso, però, siamo ormai abituati a queste difficoltà e siamo riusciti a gestirle. Inoltre, le sequenze di alte temperature che durano anche quindici-venti giorni impongono di riparare i grappoli in piena esposizione. I fenomeni meteo estremi rappresentano un problema con il quale dovremo confrontarci sempre di più in futuro e produrre diventerà sempre più difficile e costoso».

Intravede delle soluzioni?

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Claudio Conterno

«Bisogna affrontare velocemente la questione dell’acqua attraverso la costruzione di impianti di irrigazione a goccia o con dei sistemi innovativi che già esistono. Ma serve una strategia programmatoria da parte della politica con cui prevederne l’accumulo attraverso gli invasi. Poi, negli anni Novanta, i grappoli più belli erano quelli più esposti al sole, mentre adesso, con le alte temperature, c’è un anticipo del loro appassimento. Li usiamo per schermare quelli che crescono nelle posizioni interne delle viti e, in alcuni casi, vengono scartati perché comprometterebbero la qualità del vino. Di conseguenza, bisogna introdurre l’ombreggiamento, utilizzando le reti antigrandine di copertura dei filari sistemate in modo adeguato. Infine, va ripensata anche la forma di impianto dei vigneti. Iniziando delle sperimentazioni con dei cloni e dei portainnesti in grado di resistere a temperature sempre più alte. Con un lento ricambio degli stessi vigneti».

Tornando al 2023 come è stata la quantità e la qualità delle produzioni?

«La pioggia caduta ad agosto ha avuto degli effetti provvidenziali. Per i viticoltori non colpiti dagli eventi climatici rovinosi o dai danni delle malattie delle piante la produzione è stata buona. Seppure con una perdita contenuta del 10%. La qualità delle prime uve raccolte – bianchi e dolcetti – possiamo definirla soddisfacente. Anche se i dolcetti avranno una gradazione alcolica più bassa.  La qualità delle uve tardive – barbere e nebbioli – è ottima. Un buon inizio. Per definire le caratteristiche dei vini bisogna attendere la conclusione del processo di fermentazione, ma le prospettive paiono eccellenti. Ci sono tutte le premesse per una grande annata».

L’andamento del mercato?

«Dopo la straordinaria crescita dei tre anni passati, ora la previsione è di un periodo di assestamento. Però, la vendita dei vini non è in crisi. E il prezzo delle uve è praticamente rimasto fermo al 2022».

Le prospettive future del settore vitivinicolo?

«I grandi classici resteranno con le stesse caratteristiche. Però sulle altre etichette dovremo cercare una bevibilità più facile, con una gradazione inferiore. Anche perché ce lo chiedono soprattutto le nuove generazioni, che si sono affacciate in modo differente al mondo del vino. Poi a livello piemontese bisognerebbe ripensare, senza stravolgerlo, il sistema delle Doc e delle Docg. Introducendo in prospettiva una Igp regionale, che non abbiamo».

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