PENSIERO PER DOMENICA – XIII TEMPO ORDINARIO – 30 GIUGNO
Nel libro della Sapienza, il testo da cui è tratta la prima lettura (1,13-15; 2,23-24) troviamo i vertici della concezione ebraica di Dio. Leggiamo che Dio, “l’amante della vita” (Sap 11,26), non ha creato la morte, anzi ha creato tutte le creature del mondo come “portatrici di salvezza”. Questo dato di fede si scontra però con l’esperienza che tutti facciamo: “La morte è entrata nel mondo”.

Nel Vangelo (Mc 5,21-43) vediamo Gesù alla prese con due situazioni di morte: la malattia mortale di una bambina e la morte “sociale” di una donna, che soffre di una malattia invalidante. In entrambi i casi, Gesù dona vita: a entrambe la vita fisica, alla donna anche quella spirituale: «La tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Gesù si occupa anche dei corpi, perché Dio ama allo stesso modo anima e corpo dell’uomo. Secondo la Bibbia, la fede non è disprezzo, ma attaccamento e difesa della vita, dono prezioso di Dio.
Il mistero o il dramma della sofferenza innocente. Nel Vangelo troviamo due casi emblematici di sofferenza misteriosa e incolpevole. Soprattutto quando la sofferenza colpisce i bambini, la domanda sul perché del male diventa bruciante: attraversa letteratura, religioni e filosofie. Gli Ebrei condividono questa ricerca e la risposta biblica non è facile da capire. Dire che il male è entrato nel mondo “per l’invidia del diavolo” sembra deresponsabilizzare Dio ma non elimina la domanda già di sant’Agostino: perché Dio non lo ha fermato? Non ha potuto o non ha voluto? Nel Vangelo, il dilemma rimane: Gesù non spiega il perché del male: lo combatte e lo vince! Questa è la risposta di Dio. A noi viene chiesta la stessa cosa: lottare con il bene contro il male, perché fiorisca la vita!
ANNO DELLA PREGHIERA – 22 Qual è la fede buona per pregare? C’è la fede insistente di Giairo, capace di superare una cultura che sconsigliava al capo della sinagoga di chiedere aiuto a un “profeta” non riconosciuto come Gesù. C’è la fede disperata di un papà che rifiuta di arrendersi all’evidenza della figlia morta. Che Gesù possa premiare una tale fede lo comprendiamo. Meno facile da capire l’apprezzamento di Gesù per la fede della donna, classico esempio d’una fede superstiziosa, che spera nella guarigione “magica”, con un semplice tocco. Gesù invece premia la sua fede e questo ci riempie di gioia e di speranza: anche a noi, Gesù chiede la fede dei santi, ma si accontenta della fede imperfetta dei peccatori. Nella quale rientriamo tutti, quindi tutti possiamo pregarlo.
Lidia e Battista Galvagno
