ALBA “Quasi un secolo di storia, centinaia di migliaia di visitatori da ogni parte del mondo, oltre 40 milioni di euro di ricaduta sul territorio a ogni edizione e una promozione internazionale dell’Italia che ha pochi eguali nel mondo. Sono le caratteristiche di quella che il senatore Borghi definisce una “sagra”.
Questa però è la Fiera internazionale del Tartufo bianco d’Alba, un motivo di orgoglio, una tradizione che ogni anno si celebra nel cuore di colline e paesaggi vitivinicoli che l’Unesco ha riconosciuto patrimonio dell’Umanità. Uno degli eventi più importanti del nostro Paese che, solo due anni fa, ha avuto l’onore di essere inaugurata alla presenza del Presidente della Repubblica. Spiace e sinceramente rattrista che da piemontese, e da uomo di Stato, il senatore Borghi sia riuscito nello spazio di una dichiarazione a mancare di rispetto alla propria terra per mere logiche di strumentalizzazione politica”. Così la presidente della Fiera internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, Liliana Allena, commenta le parole del capogruppo al Senato di Italia Viva Enrico Borghi.
Questo il lancio di agenzia con la dichiarazione del senatore Borghi:
MO: BORGHI (IV), ‘SIAMO A PUNTO DI SVOLTA, TAJANI VADA A BEIRUT E TEL AVIV NON A SAGRA TARTUFO’ = Roma, 11 ott. (Adnkronos) – ”La vicenda Unifil ci dice che siamo ad punto di svolta: Nethanyau ha spostato l’obiettivo della sua offensiva dalla cancellazione di Hamas (obiettivo evidentemente irraggiungibile nella sua interezza) all’affermazione di un ”nuovo ordine” in Medio Oriente basato sull’annientamento di tutti i suoi avversari”. Lo scrive in un post sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva. ”Non possiamo assistere passivamente a tutto ciò, perché riguarda ormai un’intera regione, che non è solo il Medio Oriente ma il contesto del Mediterraneo che interessa profondamente anche noi. E noi, che siamo amici di Israele – prosegue il senatore Iv – con la franchezza dell’amicizia diciamo che vanno posti limiti all’offensiva di Nethanyau e che occorre fare ogni sforzo per far accettare una tregua, e successivamente, un negoziato”. ”E’ su questo che si devono impegnare gli uomini di Stato, almeno quelli che non vogliono rassegnarsi alla contabilità quotidiana di una guerra che sta facendo morire anche la speranza e che hanno piena coscienza che in questo momento sono Beirut e Tel Aviv e non le sagre dell’uva o del tartufo i luoghi dove si deve precipitare un ministro degli esteri di un paese del Mediterraneo che presiede il G7”, conclude Borghi. (Red-Pol/Adnkronos)