ALBA C’è Sara Novello che, sabato 5 novembre 1994 a San Rocco Cherasca, ha visto entrare dalla cucina di casa una valanga di fango, terra e acqua. Si è ritrovata a terra sull’asfalto della statale, con la pioggia che le cadeva sul viso, mentre i vicini e i genitori le stavano a fianco in attesa dei soccorsi. Ci hanno messo un po’ ad arrivare, perché le strade quel tardo pomeriggio era già bloccate da altre frane e acqua. L’hanno poi portata via con una barella ricavata con una barella ricavata da una persiana. Della loro casa, era rimasto un cumulo di detriti.
C’è anche Matteo Pesci, che allora andava ancora alle scuole medie. Ci ha inviato una foto in cui indossa un impermeabile colorato e gli stivali di gomma. Insieme a lui, gli amici di allora, ritratti sotto al cavalcavia del Rondò: «Le scuole erano chiuse e, come tutti, siamo andati ad aiutare. Quei giorni non si possono dimenticare».
Sono passati trent’anni dall’alluvione del 1994, ma i ricordi sono ancora vivi.
Nel numero in edicola da domani, 5 novembre, abbiamo dato voce ai tanti lettori che ci hanno scritto, inviandoci testimonianze e ricordi.
Sono parole toccanti, come quelle di Walter Agnelli, che allora aveva un fuoristrada con grandi ruote, ideali per muoversi nello sterrato. Senza pensarci, ha caricato stivali e pala e, la domenica mattina, è arrivato in città. «Sembrava di essere in guerra», ci ha scritto. Con tanti altri, si è messo a disposizione per aiutare. Il ricordo più brutto è quando, all’Ottolenghi, ha assistito al ritrovamento degli anziani morti durante la notte.
C’è anche l’amministratore comunale che di colpo si è ritrovato a gestire un’emergenza, la donna che ha visto l’acqua salire e salire dalle scale di casa, chi ha si è ritrovato con l’auto circondata dall’acqua.