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Le pmi piemontesi pagano all’erario ben 27,2 volte in più di quanto versano i giganti del web

Giorgio Felici presidente di Confartigianato imprese Piemonte
Pier Giorgio Felici,presidente di Confartigianato imprese Piemonte.

FISCO Le tasse e la pressione fiscale sono, da sempre, i peggiori nemici del “fare impresa”. Ma, a essere maggiormente colpite sono le pmi che in Italia vengono tassate 120 volte più dei giganti del web.

Infatti, se le aziende italiane prese in esame producono un fatturato annuo 90 volte superiore a quello riconducibile alle big tech, in termini di imposte ne pagano ben 120 volte in più.

Secondo i centri studi di Confartigianato Imprese che ha elaborato i dati forniti dalla CGIA di Mestre, le pmi in Italia pagano ogni anno oltre 24 miliardi di tasse (le imposte calcolate sono: Irpef, Ires e Irap), mentre le 25 multinazionali del web presenti in Italia pagherebbero solo 206 milioni di euro.

Nella classifica regionale il Piemonte si posiziona al quinto posto, in quanto le pmi piemontesi pagano all’erario ben 27,2 volte in più di quanto versano i giganti del web.

Al primo posto ci sono le imprese lombarde che pagano 125 volte in più, quelle laziali 56,7, quelle emiliano-romagnole 38 e quelle venete 36,8.

Solo le imprese presenti in Molise e in Valle d’Aosta pagherebbero in termini assoluti meno tasse delle principali big tech collocate in Italia (pagano rispettivamente 0,8 e 0,9 in più di quanto versano i 25 colossi digitali).

«Non si capisce perché ci sia questa disparità di tassazione –commenta Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Imprese Piemonte– e come, in Italia, ai giganti del web sia riservato un trattamento di favore con un prelievo fiscale così modesto. O meglio, si capisce benissimo: è il risultato dell’assoluta impreparazione della politica rispetto ai temi complessi e della totale mancanza di sovranità nazionale, indotta dal continuo scellerato declino verso il modello comunitario, rispetto alla predazione da parte di grandi player esterni. Confartigianato Imprese, da sempre, chiede di rendere il prelievo fiscale più equo e meno farraginoso anche per combattere l’economia irregolare che, in un contesto così strutturato, trova un habitat ideale per espandersi».

«Oltre all’eccessivo peso fiscale che penalizza i piccoli e favorisce i giganti –conclude Felici– sul mondo delle imprese insiste un eccessivo numero di adempimenti burocratici per lo più pidocchiosi che ostacola il lavoro di chi fa impresa. La burocrazia costa al sistema delle pmi italiane quasi 31 miliardi di euro all’anno. Anche qui è lampante la mancanza di autorevolezza della politica verso le satrapie del funzionariato statale che ben si guardano dall’intaccare un sistema che le fa proliferare e perpetuare. A causa di un sistema fiscale grottesco e predatorio sono necessari 30 giorni lavorativi per pagare le tasse. Voglio ricordare che le imprese italiane impiegano 240 ore all’anno per onorare gli impegni con il fisco».

 

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