Ultime notizie

Ad Alba la prima del documentario Il mestiere di vivere di Giovanna Gagliardo

 3

DOCUMENTARIO «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi». Sono le ultime parole scritte da Cesare Pavese il 27 agosto 1950 prima di togliersi la vita all’hotel Roma di Torino, durante un fine settimana in cui si muove per una città deserta, cercando amici che non trova.

È da qui che parte Il mestiere di vivere, il documentario scritto e diretto da Giovanna Gagliardo che sarà proiettato giovedì 23 gennaio, alle 20.30, al Cine4 Citiplex di Alba (alla presenza dell’autrice) e sarà ripetuto venerdì 24 gennaio alle 18.30. La voce di Cesare Pavese è di Emanuele Puppio, la fotografia di Roberta Allegrini e il montaggio di Emanuelle Cedrangolo.

Il film, prodotto da Luce Cinecittà in collaborazione con Rai e con il sostegno di Film commission Torino Piemonte e la partecipazione dell’ente turismo Langhe Monferrato Roero, comincia dall’epilogo dell’esistenza di Pavese per andare a ritroso, raccontando la storia di un intellettuale che in 42 anni di vita scriverà opere come Paesi tuoi, Il compagno, La casa in collina, La bella estate e La luna e i falò.

Non vengono però dimenticate le tante attività di una figura poliedrica, a cui fanno riferimento i capitoli della pellicola: poeta, scrittore, traduttore e collaboratore della casa editrice Einaudi che aveva contribuito a far nascere nel 1933. Girato nelle terre pavesiane, le Langhe in primis, il film è ricco del materiale dell’istituto Luce, di interviste e di citazioni tratte da romanzi, lettere, poesie e diari, oltre a quanto fornito dall’archivio della fondazione Cesare Pavese, come le riprese di Andrea Icardi a persone che lo conobbero o ai suoi familiari.

Assemblea Aca 2024: dal decennale Unesco al progetto Cultura, un territorio che guarda “oltre” 8
Pierluigi Vaccaneo

Sono presenti poi contributi di Laura Nay dell’Università di Torino, di Giulia Boringhieri (traduttrice e figlia dell’editore Paolo) e del direttore stesso della fondazione Pierluigi Vaccaneo. Quest’ultimo racconta: «Grazie a Bruno Murialdo ho incontrato Giovanna all’inizio della sua idea e ci siamo subito trovati sull’approccio libero dal solito pregiudizio legato al suicidio, che anche la fondazione sta portando avanti. Occorre distaccarsi da quel filtro di cui ormai troppo si è parlato e tornare alle opere che Pavese ha scritto e alle innovazioni che ha introdotto: l’aver guardato alla lingua e alla cultura americana in un periodo in cui questo non era allineato al regime, perciò illegale, è una delle eredità che ci rimane. Certo, il film parte dalla morte, un argomento ancora troppo grande per essere tralasciato, ma lo fa esclusivamente per prendere atto del fatto e poi farcene dimenticare».

Le riprese hanno colto i due luoghi dell’anima dello scrittore: «Santo Stefano Belbo rappresenta la giovinezza, quindi uno sguardo sull’età più importante per ognuno di noi che è l’adolescenza. La città è invece il posto della maturità, è il luogo della professione e della formazione intellettuale».

 Lorenzo Germano

Banner Gazzetta d'Alba