
ALBA Gabriele Novo è il primo ragazzo del liceo Cocito ad aver vissuto sul campo il metodo Rondine. Ha trascorso un intero anno scolastico, quello della quarta superiore, nel piccolo borgo medievale di Rondine, a pochi chilometri da Arezzo, immerso nel luogo d’origine del modello di insegnamento.
«Ho conosciuto Rondine tramite la presentazione del progetto da parte di una professoressa di Mondovì, ma ero già interessato a fare un’esperienza di quarto anno che fosse fuori dalla scuola. La scoperta di questa possibilità ha fatto proprio al caso mio», ammette il ragazzo.
L’insegnamento seguito da Gabriele si è sviluppato in un percorso articolato e diversificato, che combinava formazione didattica tradizionale, per questo riconosciuto dal MIUR, con esperienze che stimolavano la crescita personale e la consapevolezza delle proprie capacità.
Un percorso di crescita, oltre la didattica
Durante la mattina, dalle 8 fino alle 13, Gabriele seguiva il programma di scuola tradizionale, con lezioni didattiche classiche. Nel pomeriggio, invece, partecipava al programma Ulisse, che si svolgeva dalle 15 alle 18. Questo percorso complementare era composto da incontri con vari relatori e trattava diversi temi. Il primo modulo era focalizzato sull’interiorità e sulla gestione dei conflitti personali: «Permetteva agli studenti di esplorare se stessi e di comprendere meglio le dinamiche delle relazioni interpersonali, sia a livello di gruppo che individuale», spiega. Il secondo modulo, “Abitare al terzo millennio”, si concentrava più sugli aspetti esterni, come la geopolitica, l’economia e la giurisprudenza, offrendo agli studenti una visione più ampia del mondo e delle sue dinamiche.
La dirigente Anna Viarengo presenta la sezione Rondine
Il terzo modulo riguardava l’orientamento professionale: «Aiutava gli studenti a scoprire i propri punti di forza, le proprie passioni e a riflettere su come portarli nel mondo», aggiunge il ragazzo. Gabriele spiega che l’obiettivo di Rondine è quello di “risolvere creativamente il conflitto”, non inteso come guerra o violenza, ma come un incontro-scontro tra le parti.
«Ho capito il valore della pace, anche nei rapporti interpersonali»
Il borgo toscano ospita da oltre trent’anni giovani provenienti da zone di guerra e da fazioni opposte, cercando di trasformare questi scontri in opportunità di comprensione e crescita reciproca. Come sottolinea Gabriele, “la comunità con il nemico” è una delle basi del progetto. Per esempio, la presenza di gruppi di ucraini e russi, così come di israeliani e palestinesi, gli ha permesso di vivere un’esperienza completamente immersiva: «È stato molto formativo per me vedere come queste persone avessero tanti motivi apparenti per odiarsi, perché erano veramente nemici, con i loro eserciti che si sono feriti a vicenda per anni. Questo mi ha segnato profondamente, facendomi capire quanto sia importante portare un messaggio di pace e di consapevolezza. Mi sono reso conto di quanto in realtà noi siamo fortunati a vivere in un mondo di pace, e credo sia fondamentale ricordare sempre questo valore».
Questa esperienza ha fatto crescere Gabriele non solo a livello didattico, ma soprattutto umano, permettendogli di riflettere sulla differenza tra la storia studiata sui libri e quella vissuta dalle persone: «La prima è spesso influenzata da documenti e propaganda, mentre la memoria individuale può raccontare versioni completamente diverse degli stessi eventi», conclude Gabriele.
In collaborazione con il liceo scientifico Cocito
