Anna Meldolesi, l’alimentazione di domani passa dallo studio odierno

Anna Meldolesi, l’alimentazione di domani passa dallo studio odierno

PROFONDO UMANO Anna Meldolesi si è laureata in biologia all’Università di Bologna e ha conseguito un master in comunicazione della scienza a Trieste. Scrive sul Corriere della sera e su Le scienze, insegna giornalismo allo Iulm di Milano. È stata cofondatrice della rivista Darwin e collaboratrice di Nature Biotechnology. Tra i suoi libri ricordiamo E l’uomo creò l’uomo (2021, Bollati), Organismi geneticamente modificati. Storia di un dibattito truccato (2001, Einaudi), Mai nate. Perché il mondo ha perso 100 milioni di donne (2011, Mondadori) ed Elogio della nudità (2015, Bompiani).

Come sarà il cibo del futuro, Meldolesi?

«Conoscere l’identikit genetico delle varietà più apprezzate contribuirà a trovare soluzioni efficaci per i problemi relativi alla loro coltivazione (parassiti, malattie, condizioni climatiche estreme) e quindi a garantire alimenti buoni e sani. Ne ha bisogno anche il Made in Italy per restare competitivo al cambiare degli stress ambientali, della diffusione delle malattie vegetali e delle richieste del mercato. L’innovazione è necessaria proprio per portare le nostre tradizioni nel futuro. Per i consumatori l’auspicio è che possano scegliere liberamente cosa mettere in tavola, e che chi lo desidera possa godere anche dei vantaggi offerti dalle tecniche più avanzate, come le Tea (tecniche di evoluzione assistita: nuove biotecnologie sviluppate allo scopo di rendere le piante coltivate più resistenti ai parassiti e alla siccità, ndr). La tendenza in questa fase della ricerca è privilegiare anche caratteristiche utili in cucina, per piatti più gustosi e più belli. Qualche esempio che arriva dagli Stati Uniti sono le nuove misticanze per rendere meno noiose le insalate e gli avocado, che conservano il naturale colore anche quando la loro polpa è esposta all’aria, magari in una ciotola di guacamole».

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Perché oggi è importante parlare di sostenibilità?

«Perché la sfida per un mondo pulito e abitabile, da lasciare alle prossime generazioni, passa anche per le pratiche agrarie che pratichiamo. L’agricoltura contribuisce alle emissioni di gas serra e al tempo stesso risente dei cambiamenti climatici. Dobbiamo imparare a produrre usando meno prodotti inquinanti e risorse naturali, soddisfacendo la domanda alimentare globale senza ampliare le aree coltivate a discapito degli ecosistemi selvatici. Per riuscirci occorre coniugare i saperi dell’agroecologia e le moderne conoscenze genetiche. Per esempio, brindare con un bicchiere di vino ottenuto da vitigni che non hanno bisogno di fungicidi per difendersi da oidio e peronospora farà bene a noi e alla natura. Per coltivare la sostenibilità e difendere il prezioso patrimonio genetico delle coltivazioni tipiche del Made in Italy è importante sostenere la ricerca scientifica italiana, che sta sviluppando una varietà di prodotti promettenti».

Può fare un esempio?

«Piante che non contengono geni estranei e sono indistinguibili da quelle che consumiamo abitualmente. I cambiamenti minimi e mirati apportati dalle ricercatrici e dai ricercatori potrebbero verificarsi anche naturalmente, proprio per questo si parla di tecniche di evoluzione assistita (Tea). Per verificarne l’utilità e la qualità è necessario osservare la crescita delle piante in campo, in condizioni controllate, in accordo con i requisiti stabiliti dal Ministero dell’agricoltura. La ricerca scientifica è un bene pubblico e un investimento per il nostro futuro, se le verrà consentito di fare il suo lavoro ci fornirà i dati e le informazioni necessarie per fare scelte sagge e consapevoli».

Stefano Mo

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