ABITARE IL PIEMONTESE / La parola della settimana è Taȓef

Significa: malaticcio, cagionevole, debole, debilitato, inadatto

Abitare il piemontese: la parola della settimana è Possacafé 28

di Paolo Tibaldi 

ABITARE IL PIEMONTESE – In piemontese, descrivere qualcuno come taȓef significa definirlo malaticcio, debole o di fragile costituzione. È un termine che porta con sé sfumature di compassione e di giudizio insieme: da un lato indica chi non gode di buona salute, diventando sinonimo di inadatto, quasi fuori posto rispetto alla vita quotidiana che richiede forza e resistenza. Qualcuno, stremato dall’infermità o dalla spossatezza lo dice anche di sé stesso, senza considerare eufemismi: ancheu son pȓòpi taȓèf. Qualcuno utilizza anche l’espressione tìsich: questa parola che descrive una condizione ancora peggiore, per ovvie ragioni, è riferita soprattutto alla tisi, la tubercolosi che colpì duramente la civiltà contadina delle campagne piemontesi, tra l’Ottocento e il Novecento.

Nonostante il piemontese sia considerata una lingua neolatina per luogo geografico e maggioranza di derivazioni lessicali, le radici di taȓef affondano lontano, geograficamente e temporalmente. Traslitterato anche come treyf o tref, nella tradizione ebraica significa non adatto, impuro. Si riferisce in particolare ai cibi non conformi alle regole alimentari della kashrut: animali non macellati secondo le prescrizioni, carni considerate sbranate e quindi non idonee. Da qui il passaggio semantico: da impuro a inadatto, fino a diventare, nel linguaggio colloquiale, sinonimo di corpo fragile, malandato, quasi bacato o tarlato.

L’origine della parola si lega dunque all’ebraico tareph, sbranato, poi cibo impuro e, infine, infetto. Alcuni studiosi ipotizzano un influsso arabo, ta’ aref, ma l’evoluzione più accreditata segue la via semantica ebraica che unisce impurità e debolezza. La declinazione al femminile, taȓefa, è attribuita a donne considerate di malaffare o di salute malferma: un doppio giudizio, fisico e morale, che riflette le ombre di un tempo in cui la fragilità era spesso stigmatizzata. Oggi taȓef sopravvive come una parola piemontese antica e suggestiva, nata da un incontro linguistico-culturale che ha lasciato traccia, poiché capace di esprimere esattamente certe condizioni psicofisiche di una persona, suo malgrado.

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