ABITARE IL PIEMONTESE – Il Piemonte settecentesco è la culla indiscussa del vèrmut per come lo conosciamo oggi. Già i Greci e i Romani in realtà aromatizzavano il vino per finalità medicinali o rituali. Si dice che il vèrmut sia un “vino ippocratico”, una preparazione nata già ai tempi del padre della medicina.
Deriva dal tedesco wermut e che significa assenzio o artemisia maggiore (Artemisia absinthium), l’ingrediente chiave che garantisce il suo caratteristico sapore. Nel 1786 a Torino, l’erborista Antonio Benedetto Carpano mescolò vino Moscato piemontese con un infuso segreto di erbe, spezie e zucchero. Servito di fronte a Palazzo Reale, conquistò l’aristocrazia sabauda e fece di Torino il centro del Vermouth, simbolo di eleganza e innovazione.
Il legame tra il Vermouth e la tradizione torinese si alimenta con il celebre episodio che portò alla nascita del Punt e Mes. Nel 1870, a Torino, un agente di borsa, esaltato da un guadagno di “un punto e mezzo”, ordinò il suo solito Carpano aggiungendo appunto un punt e mes. Da quell’espressione nacque un nuovo Vermouth rosso, arricchito con un tocco di china che ne accentuava l’amaro, mantenendo armonia e complessità. In breve tempo divenne un’icona piemontese.
Edmondo De Amicis si fece portavoce letterario del fenomeno sociale (in Speranze e glorie. Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma): «E come Parigi ha “l’ora dell’assenzio”, Torino ha l’ora del Vermut, l’ora in cui la sua faccia si colora e il suo sangue circola più rapido e più caldo. Allora le scuole riversano per le strade nuvoli di ragazzi, dagli opifici escono turbe di operai, i tranvai passano stipati di gente, gli equipaggi s’inseguono, le botteghe dei liquoristi s’affollano, un esercito d’ufficiali e di soldati d’ogni arma si spande in ogni parte e mette un soffio di gioventù per le vie, e nella mezza oscurità della sera par di vedere Torino come all’immaginazione piace di raffigurarsela in un avvenire lontano: una Torino di cinquecentomila abitanti, che riempia la sua cinta daziaria, con un nuovo centro e nuovi sobborghi, tutta sonante di lavoro e rigurgitante di vita».
Nel XIX secolo, con l’espansione ferroviaria e l’emergere della borghesia urbana, il Vermouth uscì dai salotti aristocratici per conquistare l’Europa e le Americhe, ma il cuore produttivo e creativo rimase sempre in Piemonte, dove la sapienza erboristica, la qualità dei vini locali e lo spirito imprenditoriale formarono un triangolo perfetto. Un dato su tutti: essere in Francia e ordinare un Tourin, significava ovviamente chiedere un Vèrmut.
Paolo Tibaldi
