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Gazzetta@Collisioni: il festival di Barolo visto dai GIOVANI

7. Gli ospiti d’onore: i ragazzi dell’Emilia colpita dal terremoto del 2012

Modena (e l’Emilia) porta a Collisioni artisti, giocolieri e giornalisti, per tramandare la storia del terremoto e dei cambiamenti subiti dopo la catastrofe. Racconta il Progetto giovani dei ragazzi emiliani Laura Ginepri, coordinatrice delle associazioni Arci modenesi.

Quale sarà il vostro ruolo durante il festival? Quali sono le vostre previsioni?
«Come Arci Modena siamo stati chiamati dall’organizzazione di Collisioni per il Progetto giovani come rappresentanti dell’area colpita dal sisma del 2012. La nostra delegazione sarà composta da circa cinquanta persone tra artisti e accompagnatori. Porteremo 6 band musicali di Modena e provincia: Santebarre, Angus mc Og, Fakir thongs, Wolther goes stranger, Vanamusae, Ed. Due web radio organizzate da altrettanti circoli. I ragazzi di Cantierart Modena porteranno spettacoli di acrobatica e giocoleria. Arriveremo a Collisioni con la voglia di raccontare le nostre esperienze di partecipazione attiva alla vita culturale e sociale del nostro territorio. Questo prima e dopo il sisma che ha cambiato molte cose. L’Arci Modena ha avuto 26 circoli danneggiati su un totale di 180 con danni di diverso tipo e attività ferme per mesi. Ma con quell’esperienza abbiamo potuto testare con mano la solidarietà e l’attivismo della nostra rete. I comitati e i circoli di tutta Italia si sono mossi con velocità straordinaria per aiutarci».

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Nel terzo millennio, quale ruolo ricoprono le web radio? Come funzionano?
«La web radio è un modo di fare informazione partendo dal basso. Per noi di Arci Modena è uno dei modi migliori per raccontare il nostro mondo e le nostre attività. Le nostre due esperienze sono molto particolari: Radio 5.9 (protagonista di una trasmissione di Mtv) è nata dalla volontà dei giovanissimi ragazzi di Cavezzo che raccontano il terremoto e la ricostruzione; Radio liberamente (condotta da utenti e operatori del Servizio di salute mentale) affronta il tema della salute mentale in tutti i suoi aspetti dal pregiudizio, al modo di superarlo con la partecipazione attiva alla vita sociale. Le web radio comportano poca spesa per le attrezzature e i programmi si possono ascoltare in podcast, quello che conta sono i contenuti. E noi siamo convinti di avere molto da raccontare».

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La situazione culturale in Emilia Romagna è viva? Come si pongono enti e autorità nei vostri confronti?
«L’Emilia Romagna è una regione viva e piena di possibilità. Ovviamente la crisi ha inciso anche sui contributi, le convenzioni e i progetti, ma siamo consci di vivere su un territorio dove è possibile il dialogo e il confronto con le istituzioni. Come Arci Modena cerchiamo da più di cinquant’anni, ci siamo costituiti nel 1957, di portare un contributo attivo alla progettazione culturale con il coinvolgimento dei nostri soci e le proposte dei nostri circoli. Dopo il sisma il nostro obiettivo è stato anche quello di ricostruire partendo dalla cultura e dalla coesione sociale, elementi essenziali per ripartire dopo un evento del genere. Ci auguriamo che questo dialogo si mantenga vivo e costruttivo e, per quanto ci riguarda, il nostro impegno è quello di non cedere il passo alla logica dei “grandi eventi” che sembrerebbero la soluzione più logica in tempo di mancanza di risorse. Il nostro scopo è costruire raccogliendo le proposte che arrivano dal basso, dalla cittadinanza attiva, dalle persone che non vogliono solo assistere a uno spettacolo, ma magari vogliono impegnarsi anche per organizzarlo». Marco Viberti

6. I giovani giornalisti del Mag milanese

Giovani giornalisti, reporter e cronisti a Collisioni. Gli studenti del master in giornalismo dell’Università degli studi di Milano (abbreviato Mag, scuola dedicata a Walter Tobagi) approderanno a Barolo per congelare nel tempo gli attimi salienti del festival collinare. Federico Thoman, studente lombardo, ha raccontato le sue aspettative.

Come vive un giornalista italiano?
«Da quel che leggo e sento è una professione altamente stimolante ma altrettanto dura, specie a livello economico. La figura del free-lance che deve arrangiarsi a trovare collaborazioni sta ormai diventando paradigmatica: se da un lato hai grande libertà, dall’altro la prospettiva di progetti a medio-lungo termine (non solo in ambito giornalistico) è fortemente limitata. In Italia, a differenza di molti altri Paesi, l’immagine del giornalista e della sua professione è molto banalizzata e poco apprezzata (seconda solo, forse, a quella dell’insegnante). L’idea che qualcuno possa adeguatamente essere pagato per raccontare con serietà e competenza un fatto era già scarsamente diffusa prima, figuriamoci adesso nell’epoca dei social media».

In che cosa consiste l’importanza del giornalismo per la società moderna?
«Credo che la più grande funzione del giornalismo in un contesto democratico sia quella, per dirla all’anglosassone, di watchdog, di cane da guardia del potere. Potere di ogni tipo: politico, economico, finanziario ma anche religioso, culturale e persino sportivo. Il Giornalismo, con la “G” maiuscola, scava dove altri insabbiano e strilla quando molti tacciono. Restando il più possibile aderente ai fatti, per quanto tutto sia soggetto a interpretazione».

Come si diventa giornalista?
«Con cuore e ragione. Il cuore è l’immagine della passione per un mestiere che ogni giorno mette idealmente in discussione se stesso e il mondo, la ragione è il mezzo per elaborare e condensare queste emozioni e restituirle al lettore sotto forma di una narrazione il più possibile oggettiva. Formalmente, visto che in Italia quello giornalistico è un ordine professionale, occorre superare un esame di Stato dopo aver svolto 18 mesi di praticantato. Vista l’epoca di grave crisi finanziaria in cui versa l’editoria italiana, la migliore via è quella di entrare in una delle scuole di giornalismo presenti sul suolo nazionale. Magari riuscendo a coltivare parallelamente qualche piccola collaborazione fuori dalla scuola».

Che cosa proporrete durante Collisioni? Cosa vi aspettate?
«Collaboreremo con l’Ufficio stampa di Collisioni e faremo un live blogging ospitato sul sito Corriere.it. Ci aspettiamo due giorni di musica, cultura, bel clima (e buon vino…)». mar.vi.

5. Puglia, Terra del fuoco mediterranea 

Attraverseranno la Penisola, dalla Puglia a Barolo, per presentare il loro lavoro. Hanno indagato sul passato, dipingendo l’Italia del presente. Generazione Post, tredici storie dopo l’89 che non sapevano di diventare mito (Lupo editore) è il titolo della raccolta di racconti redatta nel 2012 dai ragazzi dell’associazione culturale Terra del fuoco mediterranea con sede a Lecce. Paolo Spiticchio, oltre a essere il presidente dell’associazione, è curatore e ideatore dell’opera corale che racconta i punti di riferimento perduti dalla generazione zero zero.

Paolo, cosa vi aspettate da Collisioni?
«Collisioni per noi rappresenta una grande possibilità: un festival di alta qualità, capace di concedere spazio ai giovani (o ai progetti indipendenti), è cosa rara in Italia. Per quanto ci riguarda, durante la rassegna avrà un ruolo centrale Generazione Post. Abbiamo cominciato a scriverlo nel dicembre 2012: dopo molti sforzi e impegno siamo riusciti a realizzare ciò che avevamo in mente».

Che ruolo hanno avuto i ragazzi?
«Il lavoro è stato interamente portato a termine da tredici ragazzi attivi nell’associazione. La presentazione del volume a Barolo non sarà del tutto classica: saranno recitati i racconti, una fusione tra musica e reading. Nel presente monopolizzato dai social media e dalla tecnologia abbiamo voluto mettere su carta le nostre idee in modo da dimostrare che solo facendo, solo impegnandosi nel concreto avvengono i cambiamenti. La copertina del libro è esplicativa: è un collage di personaggi e immagini, simbolo di manipolazione, di concretezza. È un libro fisico destinato ai cosiddetti nativi digitali».

Che atteggiamento assume la classe dirigente nei confronti delle associazioni culturali?
«Non esiste aiuto da parte della politica. Perciò ci è concesso l’allenamento: ci si deve districare tra burocrazia e difficoltà economiche; occorre essere determinati per riuscirci; in questo modo si innesca una sorta di selezione naturale: solo chi è realmente convinto del proprio impegno riesce a portare avanti un’associazione. Non si vede e non si respira un cambiamento: a partire dalla scuola, la formazione spesso non invita il giovane alla coscienza civile; in Scandinavia esistono materie e corsi che invitano i ragazzi a interessarsi di politica e dello Stato, l’Italia dovrebbe prenderne esempio». mar.vi.

4. Gazzetta@Collisioni: la Scuola internazionale di Comics

Il fumetto si evolve, nonostante l’avvento della tecnologia. Il disegno e l’illustrazione si adattano alle forme del cinema e delle altre arti: è in corso un cambiamento. A spiegarlo è Mario Checchia, direttore della Scuola internazionale di Comics di Torino. Studenti e professori dell’istituto torinese, a luglio, parteciperanno al Progetto Giovani di Collisioni.

Cosa proporrete durante il Festival?
«
Il nostro programma si svilupperà su due livelli. Il primo è dedicato ai bambini ai quali si proporrà di disegnare e colorare per dare forma al loro immaginario; in questo spazio potranno inventare storie fantastiche, colorarle, disegnare i personaggi preferiti di proprio pugno con l’aiuto dei nostri studenti e insegnanti. Il secondo, invece, consentirà ai più grandi di raccontare con il disegno i momenti salienti del Festival, gli incontri, le interviste, i concerti e di inventare strisce raffiguranti le “creature selvagge”, rifacendosi al tema di Collisioni».

Come vive un fumettista in Italia di questi tempi?
«
Il mercato editoriale soffre e si parla di “crisi del fumetto” da quasi trent’anni, ma nonostante ciò ci sono molti professionisti che vivono di comics. Disegnatori e sceneggiatori collaborano assiduamente con testate giornalistiche storiche o case editrici. Altri hanno trovato la loro via pubblicando in Francia o negli Stati Uniti. In Italia si sta affermando il mercato indipendente del graphic novel (romanzo a fumetti), ma è difficile che la pubblicazione di un singolo volume all’anno garantisca un intero stipendio: in questo caso, alcuni autori scelgono anche di insegnare o di dedicarsi alla pubblicità».

Esiste un movimento o uno stile che identifica il fumetto italiano del terzo millennio?
«
Il graphic novel, nel bene e nel male. Nel bene, perché ha ricordato a tutti che il fumetto è un linguaggio come un altro e che perciò può potenzialmente raccontare qualsiasi storia. L’equazione “fumetto” uguale “ragazzi” ha un po’ perso il suo valore, anche se per farlo capire al grande pubblico è stato necessario adottare la nuova etichetta anglofila. Nel male, perché si tende a identificare come fumetto “adulto” solo quello con determinati limiti stilistici (bianco e nero, segno stilizzato e povero, tematiche intimiste)».

Come si approcciano al fumetto i giovani di oggi, cosiddetti nativi digitali?
«
C’è un ritorno al colore, perché si è abituati al cinema e all’animazione. Resiste tra i più giovani la passione per il fumetto giapponese: ha sviluppato negli anni un modo unico per “agganciare” l’emotività del lettore, per tenerlo avvinghiato alla storia con una serie di espedienti. Ci sono piattaforme che vendono fumetti in formato ebook, per tablet, che conquistano sempre maggiore interesse. Grazie a Internet è aumentata l’interazione tra autori e lettori e ci sono sperimentazioni di fumetto animato che spingono alla naturale evoluzione il linguaggio stesso. Insomma, uno scenario pieno di opportunità e in continuo movimento».
mar.vi.

3. Holden, fucina d’autori a Torino

Se Collisioni nasce come festival letterario, la presenza a Barolo della scuola Holden è scontata. Scritture brevi, racconti, articoli di giornale e arte video: sono i colori che dipingono il mondo dell’istituto torinese creato e ideato nel 1994 da cinque scrittori piemontesi (tra cui Alessandro Baricco) e dedicato a J.D. Salinger. Ferdinando Morgana, assistente alla direzione didattica, spiega il ruolo degli studenti torinesi nel corso della rassegna.

Cosa proporrete a Collisioni? Quali sono le vostre aspettative?
«All’interno del Progetto giovani quindici studenti del biennio in scrittura e storytelling della scuola Holden proporranno interviste, book-trailer e performance dedicate agli scrittori ospiti di Collisioni. Un modo per presentarli a chi non ne avesse familiarità, o a chi desiderasse saperne di più prima di sentirli intervistare sul palco di Collisioni. È il terzo anno che la scuola partecipa con un proprio contributo all’interno di una realtà importante e coinvolgente come il festival. I nostri ragazzi ne sono sempre entusiasti».

Le nuove generazioni come si avvicinano alla scrittura?
«C’è un desiderio sempre crescente di esprimersi ed esplorare ilmondo attraverso la scrittura. Una ricerca di identità e movimento che passa attraverso la parola scritta. Vent’anni fa ci raccontavano che questa sarebbe stata la civiltà dell’immagine,ma l’umanità ha mai prodotto così tanti testi scritti come adesso. Certo, quantità non significa per questo qualità».

Socialmedia, Internet e tecnologia: quanto influiscono sul mondo del libro? «Il digitale ha offerto la rivoluzionaria possibilità di autopubblicarsi senza mediatori e presentarsi a un pubblico globale. Ma il concetto fondamentale della scrittura è scrivere. E nessuna tecnologia può agevolare o modificare questa verità di fondo. Può agire dopo che il gesto è compiuto, quindi sulla pubblicazione e distribuzione».

Esiste una corrente,un movimento letterario tipico del terzo millennio?
«Non credo. Anzi, il segno – o forse la ricchezza – dei nostri tempi sta nella frammentazione, nella polifonia di voci, nella contaminazione, nella ridondanza positiva tra stimoli molto distanti tra loro. È anzi questa la sfida: trovare la propria vocazione all’interno di questo panorama».

Come vive uno scrittore in Italia? «Se ha un secondo lavoro con il quale pagarsi l’affitto mentre scrive il suo romanzo, vive molto meglio».
mar.vi

2. Gazzetta@Collisioni: Polar, la web tv di Bergamo

Undici ragazzi per filmare e raccontare Collisioni. I volontari di PolarTv, la televisione web di Bergamo, a luglio animeranno il Progetto giovani del festival: documenteranno ciò che accadrà sui palchi, tra le vie e le piazze di Barolo e nel retroscena dei palchi. Parole d’ordine: informazione indipendente, libertà d’espressione tramite Internet. Lisa Gregis, elemento dell’associazione, spiega Polar.

Con che spirito nasce il vostro progetto?
«Da un’idea di Fabio Fassini e Roberta Marchesi, professionisti nel campo del video: cercavano di proporre nuovi format alle emittenti locali e nel 2009 ritennero che i tempi fossero maturi per la creazione di una web tv indipendente. Così aprirono un sito Internet. Al primo incontro c’era una decina di persone; oggi siamo circa trenta a fare parte dell’associazione di promozione sociale PolarTv. Quattro anni dopo lo spirito è lo stesso: vogliamo dare possibilità, offrire competenze e sostegno. Puntiamo ad accogliere idee per renderle possibili. Vogliamo essere il mezzo per la realizzazione di progetti personali legati all’universo del video».

A che cosa puntate? Quali temi trattate nei programmi?
«Abbiamo diverse rubriche all’interno di PolarTv, siamo l’unica stazione web generalista in Italia. Possiamo spaziare da rubriche umoristiche come a esempio Fifty/Fifty; poi c’è HeArt, il format dedicato all’arte contemporanea; Una giornata con incentrato sul sociale. L’ultimo progetto in ordine di tempo è la prima web serie, Morocco road trip».

Bergamo offre spazio ai giovani? E l’Italia?
«La nostra città offre opportunità, ma bisognerebbe fare una disamina sul modo in cui i giovani desiderano che sia dato loro spazio. Rispetto ad altre realtà italiane non possiamo lamentarci: per esempio PolarTv ha vinto un bando per uno spazio all’interno di una struttura giovanile polifunzionale. Per quanto riguarda l’Italia siamo tutti a conoscenza dello stato in cui imperversa la fascia giovanile. Occorre però valorizzare la cosiddetta formazione non convenzionale ed extrascolastica: le esperienze associative, individuali o di volontariato, sono parte fondamentale dell’educazione di un giovane adulto».

È l’era delle web tv? È complicato gestirne una?
«La televisione via Internet permette la libera espressione. Si tratta di dare voce alla propria personalità. È lo stesso discorso delle radio libere negli anni Settanta. Oggi basta una connessione Internet, un sito, un blog o uno smartphonePolar è un’associazione senza scopo di lucro, i cui membri sono tutti coinvolti solo tramite la logica del volontariato. La difficoltà consiste nel trovare i fondi per attrezzature video. Ogni progetto va in porto solo se esistono persone realmente interessate».

Che cosa vi aspettate da Collisioni?
«È il secondo anno che partecipiamo. L’anno scorso siamo partiti in quattro, quest’anno cercando di raccontare il festival in modo più dettagliato arriveremo a Barolo in undici. Sono certa che la nostra permanenza ci rinnoverà e ci darà la possibilità di metterci alla prova: non capita tutti i giorni a giovani di avere davanti alle nostre telecamere personalità del livello di quelle che arriveranno a Barolo».
mar.vi.

1. Gazzetta@Collisioni: Radio libera tutti di Roma

La collaborazione tra il Progetto giovani di Collisioni Gazzetta d’Alba è cominciata lo scorso 21 maggio. Ogni martedì sarà presentato uno dei gruppi che parteciperà all’edizione in programma dal 5 al 9 luglio. Si tratta dei ragazzi (sono centinaia) di ogni parte del Paese che contribuiranno a creare e far conoscere il festival come volontari, con il “loro” premio, allo stesso tempo artefici e beneficiari di quanto avverrà sui palchi – grandi od off che siano – nelle piazze e nelle strade di Barolo. Accanto e in contatto con persone che incarnano la letteratura e la musica (o entrambe, come nel caso di Bob Dylan) conosciute da chiunque oppure apprezzate (per ora) solo nelle Langhe.

Con il Progetto giovani, ospitando i ragazzi, Paola, Filippo e chi lavora a loro fianco hanno trovato il modo di portare Collisioni all’Italia, senza aspettare che l’Italia – soprattutto la parte che meriterebbe di più ma meno riceve – venisse a Collisioni. Il nostro giornale parteciperà con i giovani (c’era bisogno di dirlo?) collaboratori della redazione. Il primo passo sarà pubblicare una sorta di carta da visita, regione per regione, dei loro coetanei. E con l’apporto di questi ultimi produrre, nel corso del festival, articoli, foto, tweet, filmati, interviste che Gazzetta diffonderà sulle proprie pagine, sul sito Internet e su tutti i social a disposizione. Il materiale non mancherà e i ragazzi ne trarranno ottimo contenuto. Né mancherà loro l’occasione per contribuire al festival, sempre nell’ambito delle attività che vedranno i ragazzi in primo piano. Ma ora è tempo di conoscere le prime “Creature selvagge”: abitano Radio libera tutti di Roma.
p.r.

Questa è una storia che parla di coraggio ed emancipazione; è il racconto di persone che non vogliono uniformarsi, di chi rinuncia all’ottica del profitto e del mercato per essere indipendente. I ragazzi di Radio libera tutti vivono a Roma e il loro faro è Peppino Impastato. Ruggero Spataro è il responsabile del collettivo, presente da tre anni a Collisioni.

Ruggero, come, quando e perché è nato il vostro progetto?
«Radio libera tutti è nata quattro anni fa, il 15 maggio 2009. Un gruppo di amici decise di darsi da fare per creare qualcosa di utile. All’inizio eravamo una decina e abbiamo cominciato in una sede disastrata, priva di arredamento, con le finestre rotte. Avevamo solo un computer, una cuffia e un microfono. Le nostre trasmissioni sono cominciate ufficialmente con la messa in onda di vecchie registrazioni di Onda pazza, la trasmissione di Peppino Impastato su Radio aut. È a lui che ci ispiriamo. Adesso siamo in tanti alla radio, tra speaker, membri del Direttivo e amici: collaborano circa sessanta di persone. Grazie all’autofinanziamento, siamo riusciti a ottenere una bella sede e una regia tecnologicamente avanzata, insonorizzata, con microfoni e cuffie professionali. Ma continuiamo a essere un grande gruppo di amici».

Che cosa trasmette e propone la vostra radio?
«Cerchiamo di trasmettere musica che le altre radio non trasmettono. Il pop commerciale a Rlt non passa. Mandiamo in onda soprattutto rockindierock, cantautori. Tutta la musica italiana e straniera che di solito non viene trasmessa dalle emittenti commerciali. Il nostro palinsesto, tranne rare eccezioni mattutine, comincia nel primo pomeriggio e finisce circa alle 23. Nelle ore restanti va in onda la nostra playlist. Ci sono trasmissioni di ogni genere: musica, intrattenimento, sport, approfondimento culturale, attualità. Abbiamo anche parlato di Iran e Neda; due nostri speaker hanno vinto un premio su Peppino Impastato, abbiamo in cantiere un progetto sulla radio in carcere».

Cosa proporrete in occasione di Collisioni 2013? Quali sono le vostre aspettative?
«È il terzo anno che partecipiamo a Collisioni e collaboreremo, anche in questa edizione, con la radio ufficiale del festival. E poi faremo un blog, saremo attivi su Twitter: di sicuro ci vedrete in giro per Barolo a distribuire i nostri gadget. Collisioni (e Barolo) è un luogo magico, e ci aspettiamo in questa nuova edizione di vivere tre giorni splendidi, come li abbiamo sempre vissuti a Collisioni».

Esiste in Italia la libera informazione? In che misura controllo e censura influiscono sui mezzi di comunicazione?
«In Italia certamente esiste la libertà di informazione. Il web, per esempio, è ancora libero e noi ne siamo un esempio. Ovviamente nessuno ci censura. È chiaro però che tentativi della politica, come quello che c’è stato tempo fa, di imbavagliare i blog assimilandoli alle testate giornalistiche registrate, sono assolutamente da combattere. Il problema non è tanto se esiste un’informazione libera, ma quanto un certo tipo di informazione riesca a trovare spazio sui principali media, che spesso sono ossessionati solo dalla cronaca (meglio se nera), dal gossip e dalla politica nazionale».

Quali consigli suggerireste a chi vuole creare una web radio?
«Una web radio è semplicissima da creare. Ci vuole veramente solo un computer, la connessione a Internet, cuffie e microfono. In Italia purtroppo le “autostrade digitali” sono un miraggio, ma noi ci crediamo in questa modalità di trasmissione. E pensiamo che, come le radio libere degli anni ’70, siano un bel modo per parlare alla società e per attivarsi sul piano sociale e politico».
Marco Viberti

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