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Giovanni Paolo II, il Papa del dialogo

Sono almeno tre le occasioni più significative nelle quali i giovani delle varie parrocchie della Diocesi di Alba si sono dati appuntamento in tre sedi diverse per incontrare Papa Karol Wojtyla. Convocati e accompagnati dai responsabili diocesani dell’Azione cattolica, si è sempre riusciti ogni volta a organizzare due pullman, con la presenza di un centinaio di giovani per volta.

Le tre tappe sono state: a Roma nel 1985, per la prima Giornata mondiale della gioventù; a Torino, allo stadio comunale, nel 1988, per il primo centenario della morte di San Giovanni Bosco; ad Asti nel 1993, in occasione della beatificazione del vescovo Giuseppe Marello, nel campo sportivo ove Giovanni Paolo II ha improvvisato un originale e accattivante dialogo con i giovani.

Per chi ha avuto la possibilità e il dono di essere presente nelle tre circostanze, è facile ricordare, pur nella varietà e fantasia che distingueva Karol Wojtyla, l’unico filo conduttore dei discorsi e dei dialoghi che il Papa aveva con i giovani, segno chiarissimo di un messaggio prezioso che lui si sentiva in dovere di consegnare, perché veramente i giovani non avessero paura a «spalancare le porte a Cristo » e avessero il coraggio di «puntare in alto» e «prendere il largo».

 

La visita ad Asti nel 1993

La visita ad Asti nel 1993

I giovani come il «giovane del Vangelo». Alcuni, oggi non più giovanissimi, custodiscono ancora come prezioso ricordo il dono che il Papa ha voluto fare a tutti i partecipanti alla prima Giornata mondiale della gioventù a Roma, la Domenica delle palme del 1985: la Lettera di Giovanni Paolo II ai giovani e alle giovani del mondo, tutta impostata sulla lettura e commento all’incontro di Gesù con il giovane ricco, con l’unica finalità «catechistica» perché ogni giovane, anche oggi, sappia fare la domanda centrale, porre l’interrogativo più importante della vita: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?».

Con un’attualizzazione, oggi impressionante, Giovanni Paolo II traduce e amplia l’interrogativo in diverse formulazioni: «Che cosa dobbiamo fare, affinché la vita – la vita fiorente dell’umanità – non si trasformi nel cimitero della morte nucleare? Che cosa dobbiamo fare, affinché non domini su di noi il peccato dell’universale ingiustizia? Il peccato del disprezzo dell’uomo e il vilipendio della sua dignità, pur con tante dichiarazioni che confermano tutti i suoi diritti? Che cosa dobbiamo fare? E ancora: Sapremo noi farlo?».

Il Papa filosofo e scrittore, il Papa poeta e attore, il Papa teologo ed evangelizzatore, il Papa pastore e mistico… non si limita a porre domande e a suscitare problemi; conosce a fondo la psicologia umana e soprattutto la fragilità ma anche la generosità dei giovani e sempre si è fatto avanti con proposte precise e impegnative: «Cari giovani amici, non inscrivete nel progetto della vostra vita un contenuto deformato, impoverito e falsato: l’amore si compiace della verità. Cercatela questa verità là dove essa si trova realmente! Se c’è bisogno, siate decisi ad andare contro la corrente delle opinioni che circolano e degli slogans propagandistici! Non abbiate paura dell’amore, che pone precise esigenze all’uomo. Queste esigenze – così come le trovate nel costante insegnamento della Chiesa – sono appunto capaci di rendere il vostro un vero amore!».

È quell’amore che ha condotto Karol Wojtyla sui sentieri della santità; è quell’amore che oggi, grazie alla sua intercessione, potrà chiamare tanti giovani a lasciarsi guardare e interrogare dallo sguardo di Gesù.

Giovanni Ciravegna

 

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