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Medici e famiglie in ascolto

Nonostante i decenni di ricerca, di accapigliamento e ostinazione, le cause rimangono ignote. Clinici e ricercatori restano con un pugno di sintomi che vanno dal ritiro sociale alle bizzarrie o stereotipie comportamentali, dalle difficoltà comunicative a (non sempre) ritardi cognitivi, conoscenze o abilità iperspecifiche, sporadiche paure di tipo fobico e crisi di aggressività verso gli oggetti o se stessi. L’elenco è tecnico e non rende conto della verità: l’individuo autistico appare chiuso in un mondo proprio, governato da regole diverse e incompatibili con quelle d’ordinario accettate. Un fiore solitario, che obbliga a decostruire certezze e schemi di interpretazione del mondo. Per una famiglia la frustrazione di scoprire, assistere, accettare e convivere con un figlio autistico può essere schiacciante nelle fasi precoci. Eppure, il lavoro congiunto di clinici e genitori può raggiungere – sebbene la guarigione completa sia da escludere – risultati straordinari.

L’incidenza dell’autismo varia da 5 a 50 persone su 10.000: la patologia colpisce prevalentemente i maschi con un tasso dalle due alle quattro volte (anche sei-otto volte) superiore rispetto al sesso femminile. Ad Alba il solo centro di riabilitazione Ferrero ha in carico circa 60 casi di autismo. Come ci ha spiegato Giovanni Chiavazza, psicologo e coordinatore dell’ambulatorio del Centro, «il lavoro terapeutico è sovente effettuato tramite interfacce visive ed è un lavoro di équipe, realizzato da squadre composte da specialisti: neuropsichiatri, psicoterapeuti, logopedisti». Secondo Chiavazza, le possibilità di guarigione aumentano in misura inversamente proporzionale all’età di riconoscimento della malattia. Prima ci si accorge che il bambino presenta indici di autismo, prima è possibile intervenire e dunque curare. Chiavazza: «Spesso la madre o il padre si accorgono del problema quando il figlio entra nella scuola materna, su segnalazione delle insegnanti che notano problemi di apprendimento. La causa di un simile ritardo? La mancanza d’informazione da parte della famiglia, ma soprattutto da parte dei pediatri, che dovrebbero essere i primi a individuare i sintomi. Poco tempo fa abbiamo organizzato un convegno divulgativo, presenti pochissimi medici».

Madri e padri possono intuire l’insorgenza di problematiche autistiche attraverso i ritardi nella comparsa del linguaggio, la mancata organizzazione della gestualità, le difficoltà comunicative generali. Conclude Chiavazza: «Purtroppo c’è sovente l’idea, da parte dei genitori, che queste problematiche siano provvisorie e possano essere superate col tempo». Dunque, salvare il salvabile: attraverso informazione, elasticità mentale, capacità di riconoscere l’evidenza di un problema. Attenzione però a non cadere in una trappola antica: i genitori non devono essere colpevolizzati. L’autismo non ha causa relazionale o emotiva, ma presumibilmente organica. Le radici profonde sono ancora da esplorare: un ignoto vasto ed enigmatico, che costringe la comunità terapeutica a continui tentativi di colmarlo.

m.v.

foto Corbis

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