Lo skilift dimenticato tra i campi

skilift

L’unica sciovia dell’alta Langa funzionò dal 1972 al 1991, ma l’impianto di risalita non è ancora stato smantellato

BOSSOLASCO – Se qualcuno, per scegliere un posto dove andare a sciare, si affidasse soltanto a Internet, rischierebbe di finire a Bossolasco, tra un prato e un noccioleto, ai piedi di skilift arrugginiti. Esistono infatti siti che indicano ancora la pista abbandonata di località Chiaretta tra gli impianti di risalita del Piemonte. Per la cronaca, Bossolasco in ordine alfabetico si trova in mezzo a località prestigiose come Bielmonte e Brusson.
Anche il sito Internet del Comune cita l’ex pista da sci, ma almeno precisa che è in disuso e ne parla in riferimento a un percorso escursionistico che da località Mellea porta alla vicina cappella dell’Angelo custode. In un certo senso, anche ciò che resta della sciovia abbandonata può essere un’attrazione poiché un turista che passi da quelle parti non può fare a meno di notare lungo la collina uno skilift che termina in un noccioleto. Va anche detto però che l’impatto visivo non è certo esaltante, con vetri rotti ed erbacce e ciò che resta del bar e della biglietteria.


Le stagioni d’oro dell’impianto (come spiega Debora Schellino sotto), furono le prime. La pista (235 metri di lunghezza, 75 di dislivello, capacità dello skilift: 650 persone all’ora) è stata la prima in provincia a essere illuminata, aspetto che permetteva, in settimana, di richiamare numerosi utenti dall’albese e dall’astigiano.
A metà degli anni ’70 l’impianto ospitò anche le fasi comunali albesi dei Giochi della gioventù di sci oltre ad alcune gare sociali del Gs Ferrero.


La pista è stata chiusa nel 1991. La società Sciovia di Bossolasco Srl che gestiva gli impianti è in liquidazione dall’aprile del 1996. Una parte del sito (l’area del bar e della biglietteria) appartiene alla società, mentre la pista vera e propria è su terreni privati.  Oggi, un riutilizzo della pista appare impensabile (anche in un inverno “duro” come l’ultimo, si sarebbe sciato per poche settimane) e sembra anche complicata un’eventuale rimozione dei pali dello skilift, mentre una bonifica dell’area sarebbe auspicabile viste le condizioni di degrado in cui si trova ormai da anni.

Corrado Olocco

I RICORDI DEGLI ANNI D’ORO – Quelle notti passate a preparare gli sci
Mina cantava “E penso a te” che, insieme alla neonata “Canzone del sole” era trasmessa da tutte le radio. Nell’Epifania del 1972, a Bossolasco veniva inaugurata un’attrezzatissima e moderna sciovia. Una pista semplice, con un muro al fondo, l’ideale per le prime discese sugli sci. Tra gli anni ’70 e ’80 la pista da sci dell’alta Langa visse alcune stagioni fortunate e sono tanti i bossolaschesi che hanno imparato a sciare proprio sotto casa, in regione Chiaretta. Bruno Tarditi, che aveva una cascina davanti alla sciovia, ricorda di aver mosso i primi passi sugli sci a Bossolasco a poco più di dieci anni e di quanto fosse innovativa per l’epoca una pista illuminata e aperta in notturna. Col passare degli anni la pista era diventata per lui un valido modo per trascorrere le serate in compagnia degli amici e della moglie Paola, anche perché, come ricorda, ogni sera i gestori della sciovia organizzavano momenti di ritrovo e serate a tema.
Anche il titolare del negozio di articoli sportivi Benassi, di Dogliani, racconta con fervore la prima stagione di sci e ricorda che si era sciato per 45 giorni di seguito. Allora, Lorenzo Benassi si occupava dell’affitto degli sci e ogni anno, a inizio stagione, trascorreva notti intere a sistemare gli attacchi sugli sci di legno dell’epoca. Ricorda con nostalgia quei momenti e dice: «Si trattava di un periodo in cui tutto era diverso, più semplice. Quando i ragazzi venivano ad affittare gli sci io chiedevo loro i documenti e se non li avevano accettavo anche le chiavi di casa. Anche mio figlio ha imparato a sciare lì, ma era molto piccolo e la prima volta che ha provato non era capace a prendere lo skilift; così, è rimasto ad aspettare qualcuno che andasse a riprenderlo al fondo della pista. È andato poi un mio collega. Era davvero un bell’ambiente». Alcuni anni di nevicate abbondanti hanno lasciato sperare in un futuro prospero per la pista, ma ben presto le aspettative sono state deluse. Una serie di inverni in cui, come ricorda ancora il signor Benassi, «i gestori guardavano il cielo stellato aspettando la neve che non arrivava» hanno decretato la fine della sciovia. La pista illuminata che per un ventennio il signor Tarditi aveva guardato dalla sua cascina ormai era spenta e si preparava a diventare una serie di pali arrugginiti in mezzo a un prato.

Debora Schellino

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