Benedetto o maledetto euro?

“C’eravamo tanto amati”: noi e l’euro, noi e l’Europa. Poi è arrivata la crisi e l’Europa è diventata il nemico, o almeno la maestra cattiva che impone compiti sempre più difficili e non è mai soddisfatta dei risultati. Da queste considerazioni che rimbalzano ovunque, dalle prime pagine dei quotidiani alle conversazioni al bar, ha preso le mosse il relatore del secondo incontro del Corso di formazione sociale (tenuto in via Mandelli ad Alba), il prof. De Battistini, dell’Università di Torino.

Il suo intervento è stato a un tempo severo e rassicurante, nella “linea-Monti”, a cui ha riconosciuto il merito di aver salvato l’Italia dal tracollo, mostrando al mondo e ai mercati che anche nel nostro Paese era possibile impostare una politica economica seria. L’euro non è che uno strumento: come tutte le monete ha dietro di sé una economia reale e una politica finanziaria e ne riflette lo stato di salute.

Riusciremo mai a pagare il nostro debito?

Il problema più grave dell’Italia è il debito pubblico, cresciuto in maniera quasi incontrollata a partire dagli anni ’80 e costantemente finanziato con altri debiti! Oggi tutti gli Stati sono indebitati e l’entità del debito è tale da non essere rimborsabile a breve termine: l’Italia, ad esempio ha un debito pari al 130% del Pil. A tempi brevi non potrà mai pagarlo! L’obiettivo realistico delle politiche economiche è non fare altri debiti, arrivando al pareggio di bilancio e poi tendere al cosiddetto “avanzo primario”, ossia a un attivo di bilancio, esclusi gli interessi sul debito pregresso. Era quanto stava avvenendo nel breve periodo del secondo governo Prodi, ma tutti sappiamo come è finita questa parentesi virtuosa dell’economia italiana. In nome di un populistico “non mettere le mani nelle tasche degli italiani” si è portato un intero Paese sull’orlo del baratro, cioè del fallimento.

Colpa della crisi?

Su questa situazione, già di per sé difficile, si è abbattuta una crisi internazionale di enorme portata. Sappiamo che essa è nata negli Stati Uniti, con la famosa bolla speculativa edilizia – milioni di famiglie convinte a indebitarsi per comprare la casa – poi sfociata nella crisi bancaria culminata nel fallimento della Lehman Brothers. Sembrava una faccenda americana, ma poi è emerso che tutte le banche avevano nel loro portafoglio dei titoli-spazzatura e li avevano propinati ai propri clienti. Per salvare le banche, quindi i risparmi della popolazione, sono dovuti intervenire gli Stati, usando fondi pubblici, sottratti agli investimenti produttivi, con conseguente aggravio della crisi. Nel 2009, nella riunione del G20 si è deciso di fare ogni sforzo per non lasciare cadere l’economia nella depressione, usando la ricetta del “vecchio Keynes”: maggior spesa pubblica e tagli delle imposte. Così l’economia è ripartita in molti Paesi, non in Italia, che non poteva più né spendere né tagliare imposte.

Decidiamo di aiutare le famiglie

L’uscita da questo circolo vizioso, secondo il relatore non sarà né facile né veloce. Saranno necessari sacrifici, per tenere sotto controllo il debito senza deprimere l’economia. Serviranno soprattutto scelte coraggiose su dove concentrare le poche risorse – come una famiglia chiamata a scegliere tra una costosa vacanza e far studiare i figli! – e su chi aiutare primariamente. L’indicazione emersa in sede di conclusione è assolutamente condivisibile: privilegiare l’aiuto a famiglie e individui con redditi bassi. Così si salveranno l’economia e il Paese.

b.g.

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