Il direttore risponde (11 dicembre)

Perché il Papa ha aperto un account su Twitter

Questa settimana, in via eccezionale, non intervengo su una lettera mandata dai lettori, ma voglio condividere una riflessione. No, non ho intenzione di parlare delle crisi di governo aperta dalla nuova discesa in campo di Berlusconi (che anche molti dei suoi faticano a capire, forse lo stesso Alfano, che si è trovato di fatto esautorato), né ritornerò sui nostri politici, che sempre più sembrano dimenticarsi dell’Italia e dei problemi della gente per pensare solo a se stessi. Il recente rapporto del Censis ha evidenziato il crollo della spesa delle famiglie, da intendere però nel senso che gli italiani ce la stanno mettendo tutta per sopravvivere alla crisi, visto che nessuno li aiuta e la politica è sempre più distante: per questo vendono l’oro di famiglia, lasciano la macchina per la bicicletta, coltivano l’orto per ridurre la spesa al supermercato. Insomma, risparmiano, rinunciano, rinviano, facendo crollare la spesa. Vorrei invece soffermarmi su una notizia recente: il Papa è sceso su Twitter. In meno di una settimana il suo account @Pontifex, in sette lingue, ha quasi raggiunto il milione di followers. Per chi non conoscesse questo social network, cioè questo strumento di condivisione dei propri pensieri tramite Internet, Twitter significa “cinguettio” e permette di mettere in comune parole, pensieri, riflessioni ma solo attraverso frasi molto brevi, al massimo di 140 caratteri. Un semplice cinguettio, appunto. Questa scelta del Papa non è una novità in ambito religioso e cattolico. Un buon numero di cardinali e vescovi ha un suo account Twitter, ad esempio il cardinale Ravasi. Così come diversi leader religiosi. E molti semplici cristiani. Ma la decisione di Benedetto XVI non va intesa tanto come un mettersi al passo con i tempi. È piuttosto una scelta esemplare per indicare le vie nuove che l’annuncio del Vangelo deve percorrere. Perché, come diceva il nostro fondatore, il Beato don Giacomo Alberione, dobbiamo annunciare il Vangelo agli uomini di oggi con i mezzi di oggi. Come ha scritto padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà cattolica, nel suo volumetto Twitter Theology, «è naturale, cioè corretto, adeguato al modo in cui oggi l’uomo comunica, che il Papa abbia un account Twitter… In fondo, il 3 dicembre 2012 si connette idealmente al 12 febbraio 1931, quando Pio XI lanciava il suo primo messaggio via radio, attraverso la Radio Vaticana. Già Pio XI, appunto, parlava di una tecnologia messa al servizio delle relazioni e non della mera propaganda. E di fatto i social network vivono di una logica di condivisione, di una diffusione del messaggio all’interno di relazioni. Infatti sappiamo bene come un messaggio presente su Twitter possa essere, come si dice, “ritwittato”, cioè comunicato ad altri amici o possa essere anche commentato. Quindi direi che questo è il vantaggio della presenza di Benedetto XVI su Twitter: la possibilità di condividere, più a largo raggio, il messaggio evangelico». Twitter ha pure la caratteristica della brevità, che fa venire in mente l’essenzialità dei versetti evangelici, delle antifone dei salmi o delle giaculatorie. Il Papa stesso, nel messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2012, riferendosi a Internet e forse pensando proprio a Twitter, scriveva che «nella essenzialità di brevi messaggi, spesso non più lunghi di un versetto biblico, si possono esprimere pensieri profondi». È un invito per tutti noi, compresi i sacerdoti nelle loro omelie, a essere più essenziali, mantenendo la densità delle parole di Gesù. Un invito a lasciarci colpire, provocare dalle parole di salvezza della Scrittura e poi a riflettere, a “ruminare” con pazienza su di esse, fino a che diventino come una musica che ci gira in testa, fino a farle penetrare nella nostra vita. Un invito, infine, a condividere, anche tramite Internet, magari Twitter, tutte queste parole di vita. Per ridare speranza, per infondere nuova fiducia a tutti coloro che incontreranno il nostro messaggio.

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