Nonostante tutto è Natale

Inostri giorni paiono dare poco credito al desiderio di festa che pure ci abita. Sembrano prevalere motivi e sentimenti di incertezza, preoccupazione, delusione. La pesante coltre della crisi impedisce al nostro respiro di distendersi in serenità e benessere. Ci sentiamo stanchi, affaticati, spenti. Anche i nostri rapporti interpersonali patiscono questi limiti e persino li amplificano: siamo chiusi in noi stessi, impermeabili ai problemi altrui, incapaci di sollevare lo sguardo e aprire il cuore.

L’amore di Dio superiore a ogni piccolezza umana

Proprio per simili motivi il Natale quest’anno è più che mai il benvenuto. A condizione che per qualche istante ci lasciamo raggiungere dal suo messaggio, ci lasciamo sorprendere dal suo significato. Il messaggio è la “buona notizia”, la “grande gioia” annunciata ai pastori in quella fredda notte palestinese; il significato è che l’amore di Dio è superiore a ogni piccolezza umana. A Natale si apre il capitolo definitivo della lunga storia dei rapporti che Dio ha cercato di instaurare con gli uomini, spesso indifferenti quando non ostili. In molte occasioni lungo tutto l’Antico Testamento Dio ha avuto modo di dimostrare la pervicacia del suo proposito, oltre ogni imprudente e spropositata aspettativa umana. Il Dio che a Natale condivide con ogni uomo la comune esperienza terrestre raggiunge il limite della sua accondiscendenza: d’ora in poi non potrà “inventare” nulla di altrettanto sconvolgente e smisurato, si è spogliato di ogni sua prerogativa per nascere come la più fragile delle creature. Da allora ogni uomo che nasce porta il sigillo della fratellanza con il Figlio di Dio: non c’è povertà umana che egli si sia preclusa. Il risultato è che ogni esistenza – anche nelle sue pieghe più oscure, anche nei suoi limiti più dolorosi – non è definitivamente e del tutto votata all’insignificanza e allo scacco. Se Dio ha scelto di essere come noi, uno di noi, vuol dire che la nostra vita, per quanto piccola e minacciata, ha senso e valore ai suoi occhi. E tale siamo chiamati a considerarla anche noi.

La nascita del Figlio di Dio culmine di ogni vera gioia

Dunque anche il presente Natale “di crisi” è una “buona notizia” che chiede di raggiungerci, di penetrarci, di salvarci. Se già umanamente consideriamo ogni nascita come messaggio di speranza e di vita e, con fede, come segno del p e r m a n e n t e amore di Dio, la nascita tra di noi del Figlio di Dio racchiude la meritata pretesa di essere il culmine di ogni vera letizia. Sì, in questo Natale difficile siamo anche più consapevolmente lieti del fatto che Dio continua ad amarci, che non si è dimenticato di noi, che non ci ha abbandonati in preda a minacce insormontabili. La fede, che è il dono più straordinario e prezioso di cui siamo stati fatti immeritevoli destinatari, è in grado di fare lievitare letizia nei nostri cuori anche in questa stagione della storia, certo difficile, ma non del tutto spoglia di motivi di speranza, solidarietà e impegno: essa «è compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per noi» (Benedetto XVI, Porta fidei).

Famiglia e carità

Non senza significato anche attuale, il Natale è tradizionalmente associato non solo alla gioia dei bambini, ma anche alla fruizione più distesa degli affetti familiari e pure a qualche gesto speciale di vicinanza e carità, tutti tratti, a ben guardare, che affondano profondamente nell’evento della notte di Betlemme: Dio si è fatto bambino come i nostri figli, Dio ci apre il suo cuore di Padre, Dio si fa vicino per insegnarci la prossimità. Le letture liturgiche di questo tempo di Natale sono tutte incentrate sul mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio, «del suo farsi uomo, del condividere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della sua risurrezione » (Porta fidei).

Messa della notte (Luca 9,1-14)

Luca con tratto tipico si premura di collocare il culmine dell’iniziativa di Dio nel contesto non solo della grande storia del tempo (l’imperatore Cesare Augusto, il governatore Quirinio, la discendenza di Davide), ma anche nella modestia di luoghi (la mangiatoia) e di persone (i pastori) cui è affidato l’incarico di segnalare il massimo di abbassamento e condivisione cui Dio si è assoggettato per amore.

Messa dell’aurora (Luca 2,15-20)

I poveri, i pastori, sono i primi destinatari privilegiati dell’evento che ha impresso la svolta decisiva alla storia dell’umanità e sono i protagonisti del primo omaggio a Gesù Bambino.

Festa della Santa Famiglia (Luca 2,41-52)

La domenica successiva, il Vangelo si premura di mettere sull’avviso del “mistero” che abita il ragazzino di Betlemme. Egli, che pure cresce nel calore di una famiglia come ogni bambino, racchiude e coltiva, quasi a segnalare la trascendenza di ogni vita nuova rispetto alla culla d’origine, una destinazione che supera gli ambiti domestici per raggiungere l’umanità di tutti i tempi: egli «deve interessarsi delle cose del Padre suo». Ciò che non gli impedisce di continuare a crescere «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini».

Festa di Maria Ss. Madre di Dio (Luca 2,16-21)

Il primo gennaio, il Vangelo, coincidente quasi per intero con quello della Messa dell’aurora di Natale, ci invita a concentrarci sia sulla figura di Maria, presso cui i pastori trovano Gesù e che è presentata nell’ardua consapevolezza del mistero in cui è coinvolta («serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore», 19), sia su quella di Gesù che da buon ebreo si assoggetta alla norma della circoncisione e dell’imposizione del nome. Epifania del Signore (Matteo 2,1-12

Il Vangelo della domenica successiva presenta due categorie di persone, che per motivazioni diverse sono alla ricerca di notizie su Gesù: il re Erode, il sommo sacerdote e gli scribi, incapaci di scorgere i segni della vicinanza del Signore, e i Magi che si sono assoggettati a un lungo viaggio per «prostrarsi e adorare» Gesù Bambino. Anche noi, cristiani d’oggi, possiamo essere come Erode, ciechi e sordi ai richiami del Signore, o come i Magi, desiderosi di compiere il tragitto che ci separa da Lui.

Battesimo del Signore (Luca 3,15-16.21-22)

L’ultima domenica del tempo di Natale rievoca il Battesimo del Signore, durante il quale il Battista cede la scena alla prima teofania che proclama la realtà salvifica e messianica del Cristo, Figlio di Dio. L’incontro con lui nel Battesimo squarcia il cielo anche per le nostre vite e le nostre persone e ci fa figli di Dio e fratelli di Gesù e tra di noi. In quella domenica, come avrò modo di dire più diffusamente, promulgherò il decreto di indizione della visita pastorale che verrà letto in tutte le parrocchie e mi porterà nel giro di due anni a incontrare, come pastore e padre, tutte le comunità cristiane della Diocesi, per confermarle nella fede e nel vincolo della carità che, nello Spirito del Risorto, ci affratella. Mi piace concludere con le semplici e profonde parole pronunciate dal Papa la sera dell’11 ottobre scorso,commemorando i 50 anni dall’inizio del Concilio e dando inizio all’Anno della fede: «Anche oggi, a suo modo, umile, il Signore è presente e dà calore ai cuori, mostra vita, crea carismi di bontà e di carità che illuminano il mondo e sono per noi garanzia della bontà di Dio. Sì, Cristo vive; è con noi anche oggi, e possiamo essere felici anche oggi perché la sua bontà non si spegne; è forte anche oggi!». Questi sono i sentimenti con cui di gran cuore auguro a tutti Buon Natale.

+ Giacomo Lanzetti, vescovo di Alba

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